La Mortella fiorisce ancora

Laboratorio Teatrale Skenè porta in scena uno dei cunti di Basile

    di Maria Regina De Luca

Non sembra declinare a Napoli, in ogni stagione, l’attività teatrale che trova nei più inconsueti spazi la maniera di esprimersi  nelle sue più svariate e intriganti forme. Non poteva mancare il grande Gianbattista Basile, padre di tutte le fiabe, antesignano di tutte le fantasie che s’intrecciano in conti e racconti apparentemente dedicati ai bambini, sostanzialmente veri e propri monumenti a efferatezze e crudeltà d’ogni genere che non hanno nulla da invidiare alle torture inflitte per estorcere la verità a delinquenti colpevoli e a martiri innocenti. Eppure, queste fiabe ci coinvolgono da circa mezzo millennio e hanno ispirato e contagiato la favolistica del mondo occidentale non diversamente da quell’onda d’urto che, con Le Mille e una notte, portò in Occidente le fantasie e gl’incantesimi di un Oriente ancora immerso nel suo favoloso mistero.

Ne La Mortella, uno dei cunti meno rappresentati della grande raccolta, concepimenti disperatamente voluti e miracolosamente avvenuti, parti erborei, neonati che, lungi dall’attaccarsi al seno materno per sopravvivere, affondano le loro tenere membra verdi nel terreno sono l’ordito sul quale scorre tutta una storia d’amore e d’inganni, di seduzioni e di misteri. Messa in scena allo Spazio Arcas della bella e ancora agreste via Veterinaria dal Laboratorio Teatrale Skenè per la regia di Margherita Romeo, Antonio Parascandolo, Luca Di Tommaso, con Gianluca Grandoni, Fiorella D’Ajello, Imma Flauto, Anna Siena, la favola del nostro Basile ha trovato nella regia e nell’interpretazione la giusta coloritura di quell’’ironia sapida e divertita che viene ulteriormente esaltata dalla sensosa lingua del nostro lontano Seicento, secolo d’oro di Napoli nonostante i suoi terremoti, il suo puntuale colera, i suoi morti ammazzati e la sua povertà. Ma basta sfogliare le sue pagine di musica, di poesia e di favole per trovarvi quella linfa che, in modo misterioso ben più della nascita di una fatata e affatturata Mortella, ancora consente ai nostri giovani talenti di mettersi alla prova e di rendere possibile a una favola di scivolare con tutta la sua intrigante, leggera irrealtà lungo mezzo millennio, fino a noi che avvertiamo l’onore e l’onere di un’eredità che va ogni volta riproposta e rinverdita. 

Sempre in parte, con divertita sfrontatezza il duo D’Ajello-Flauto ha sostenuto alla grande le scene più rischiose e accattivanti del lavoro, in perfetta padronanza dei tempi e della scena. Particolarmente apprezzabile e apprezzata, la parte affidata ai due giovani innamorati, una verde e smagliante Mortella e un agile Principe in borghese, Anna Siena e Gianluca Grandoni, si è svolta come sospesa in un incantesimo che, purtroppo, veniva ogni tanto interrotto da un brusco, quanto ingombrante, richiamo alla realtà più becera del nostro presente, del quale il problema del parcheggio è uno degli aspetti più triti.

Un bravo lo meritano comunque tutti i membri della Skenè, anche per le scelte dei loro lavori mai scontate e, soprattutto, sempre emblematiche di un mondo del quale è d’obbligo per tutti noi eredi salvare la memoria.  





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