Un tifo senza tempo

Da Napoli agli Usa, chi ha il Napoli nel cuore segue la squadra sempre e dovunque

    di Amedeo Forastiere

Il campionato di seria A quest’anno è iniziato bene, il Napoli non ha perso una partita. Ha giocato con una media di tre gol a partita, poi un sei, un quattro. La cosa che fa eccitare più di tutte il vero tifoso napoletano è quando in classifica c’è primo il Napoli e secondo la Juventus, meglio quando il distacco e più di un punto…una vera goduria? Confermo!

Il sostantivo ”tifo” viene dal greco “typhos” (letteralmente: fumo vapore, metaforicamente offuscamento dei sensi). Nasce nell’antica Grecia, ai tempi delle Olimpiadi. In occasione dei giochi tutte le pòleis (città), anche quelle scosse da conflitti, si fermavano per permettere agli atleti di partecipare ai giochi ed essere assistiti dai propri allenatori. Lo sport presso i greci metteva in risalto l’armonia del gesto atletico abbinato a una pace sia fisica che mentale in un’atmosfera sacra e innocente. Alle gesta dei campioni di eventi sportivi fu dedicata una parte cospicua della lirica greca. Pindaro scrisse: Quando ci si cimenta in una gara, solo la vittoria libera dalla tensione della prova.

Il vero tifo da stadio che oggi conosciamo non arriva però dall’antica Grecia, ma dalla nostra Roma caput mundi. In principio, nelle arene dei circhi e degli anfiteatri romani il popolo andava a svagarsi e sfogarsi assistendo a battaglie di gladiatori negli anfiteatri e corse di bighe (due cavalli) e quadrighe (quattro cavalli) nei circhi (Circo massimo). La gente seguiva queste manifestazioni con lo stesso fanatismo calcistico attuale. Infatti, spesso nascevano risse e tafferugli tra le varie tifoserie che già erano organizzate in veri e propri gruppi.

Torniamo a noi e al grande Napoli. Come dicevo, il tifo per la propria squadra risale a tempi remoti, e non è cambiato molto, le tifoserie avversarie si sono scontrate da sempre. Non voglio parlarvi degli scontri tra tifosi, ma raccontarvi una storiella di tifoseria prettamente partenopea. Un mio carissimo amico, Armando, padre due figli, Alessandro e Gianluca, mi raccontava, ai tempi di Maradona, che il primo figlio, Alessandro, era un tifoso accanitissimo della sua squadra, in particolar modo quando il grande Diego portò il Napoli a vette mai nemmeno sognate. Mentre l’altro figlio Gianluca non si fece troppo contagiare dalla febbre, certo quando la squadra vinceva era felice, ma non più di tanto.

Il figlio del mio amico, Alessandro, seguiva tutte le partite, sia quelle in casa, sia quelle in trasferta, anche quando la distanza era di molti kilometri. Armando prestava la sua auto, e Alessandro con altri amici andava allo stadio. Una volta mi raccontò, che il figlio Alessandro gli chiese in prestito l’auto per andare a Firenze. Ai soliti amici si aggiunse il fratello Gianluca, per la partita: Fiorentina - Napoli. Il Napoli vinse per 1 a 0. Al ritorno, Alessandro disse al padre: papà sai cosa ha fatto Gianluca? Il mio amico a quelle parole si allarmò.

- Cosa ha fatto dimmi?

- Papà, Gianluca non è venuto con noi allo stadio!

Il padre preoccupato domandò al figlio Gianluca dove fosse andato tutto il tempo della partita, e quello rispose: Papà ma secondo te, io vado a Firenze e mi chiudo nello stadio? Firenze è una bella città, sono andato in giro a vedere tutte le sue bellezze.

Sono passati tanti anni da quei tempi beati, fatti di scudetti e coppe, di tanti riconoscimenti. Adesso il Napoli non riesce più a vincere uno scudetto, quei giovani ragazzi tifoni sono diventati uomini di cinquant’anni, qualcuno non c’è più. Alessandro è volato in cielo portando con sé tutto il tifo partenopeo, stabilendosi in quella parte del cielo azzurro, tifando da lassù vicino a San Gennaro, per la sua squadra. Qualcun altro è diventato padre, trasmettendo ai figli il tifo partenopeo.

Oggi vedendo i risultati del Napoli in campionato, mi sono tornati alla mente i ragazzi degli anni ottanta, del mitico Maradona e dei fratelli Alessandro e Gianluca. Quello meno tifoso, Gianluca, oggi vive negli Stati Uniti, ormai è un uomo, non ha perso le radici per la sua terra, e stranamente neppure quelle calcistiche; sì perché Gianluca, il ragazzo che a Firenze non andò allo stadio a vedere la partita con le acrobazie di Maradona, preferendo andare in giro per la città di Dante, Donatello, Boccaccio, Cimabue, Da Vinci, i grandi maestri dell’arte, oggi, grazie ai potenti mezzi di ricezione, segue dall’altra parte del mondo tutto quello che accade nella sua città. Sarà la nostalgia, sarà la lontananza; come diceva Modugno, che spegne i fuochi piccoli e accende quelli grandi. Sta di fatto che Gianluca, il ragazzo che andava su di giri per le vittorie del Napoli, che preferiva l’arte a goal, rigori, calcio d’angolo, cori da stadio, oggi segue tutte le partite da vero tifoso. Il vento della lontananza ha acceso quella piccolissima fiamma facendola diventare un grande fuoco. Posta perfino commenti sulla sua pagina Fb: a ogni vittoria del Napoli, esulta da tifoso sfegatato, e da buon napoletano l’ha ribattezzato… "a nennella mia"!

Alla prossima ragazzi.





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