'O quatto 'e maggio del Mattino

Abbandona la storica sede di via Chiatamone del giornale fondato da Scarfoglio e Serao

    di Amedeo Forastiere

Edoardo Scarfoglio nacque a Paganica, in provincia de L’Aquila, il 26 settembre 1860. Matilde Serao a Patrasso (Grecia) il 7 marzo 1856 e si trasferì a Napoli dopo la caduta dei Borbone. Lavoravano entrambi alla redazione romana del Capitan Fracassa. Dopo vari bisticci, si capirono e s’innamorarono. Decisero, nel 1884, di fondare un giornale tutto loro, Il Corriere di Roma, sempre nella capitale. L’amore tra i due giovani intrepidi giornalisti era forte, condividevano la stessa passione, scrivere sul giornale. Nonostante fossero due squattrinati, si sposarono. Per il matrimonio inviarono agli amici e parenti con le partecipazioni scritte a mano: «Avvisiamo gli amici che ci sposiamo». Le due firme, la data. 28 febbraio 1885.

I tempi erano duri, il giornalismo non rendeva molto, anzi poco. C’è una lettera della Serao a un amico napoletano che non si può leggere senza emozione. È datata 23 settembre 1887. "È ammalato il mio unico bimbo, devo allontanarmi subito da qui, se voglio farlo guarire. Roma è malsana…e da cinque o sei giorni mi dibatto invano per trovare la somma necessaria – duecento lire. La professione? Lavori forzati del pensiero e fave cotte per minestra…ecco cos’è il giornalismo di Roma".

La vita a volte si commuove, andò incontro ai due giovani giornalisti facendogli incontrare il banchiere livornese Matteo Schilizzi. Uomo di favolosa ricchezza, al quale i medici avevano consigliato di lasciare Roma malsana, per il clima di Napoli.

Il banchiere finanziava a Napoli il Corriere del Mattino, diretto da Martino Cafiero, giornalista spavaldo e fascinoso, ma Schilizzi fu attratto subito da quei due geniali scapestrati giovani sposini, così propose ai due di chiudere il loro giornale di Roma e lavorare per il Corriere del Mattino a Napoli.

Dopo un anno appena di attività, il Corriere di Roma chiuse, con un passivo di quindicimila lire, cifra enorme per quei tempi, specialmente per i giovani giornalisti Scarfoglio-Serao. Fu un periodo eroico, il giornale piaceva, i suoi giovani fondatori erano sempre più noti, seguiti e discussi, ma la situazione economica fu quasi da subito disastrosa, una coda interminabile di creditori all’uscio.

Così i due accettarono la proposta del banchiere: purché fossero pagati tutti i debiti, sarebbero andati a Napoli. In pochi mesi Cafiero fu liquidato, le due testate, Corriere di Roma e il Corriere del Mattino, si fusero. Così il primo gennaio 1888 usciva il Corriere di Napoli. Il giovane Scarfoglio fu messo alla direzione di questo nuovo giornale; avendo alle spalle il banchiere Schilizzi, ne approfittò per accaparrarsi le più notevoli collaborazioni.

A causa dell’aria malsana di Roma, arrivò a Napoli anche D'Annunzio. E giacché l’editore Treves gli rifiutò la pubblicazione del suo romanzo "L’innocente", ritenuto scandaloso, Scarfoglio, amico d’infanzia di D’Annunzio, glielo pubblica a puntate sul Corriere di Napoli. Ebbe un grande successo di lettori, consensi e critiche che si possono immaginare, facendo subito la fortuna del nuovo giornale.

L’accordo con Schilizzi durò poco. Nel febbraio del 1892 Scarfoglio e la Serao lasciarono il Corriere di Napoli, con ottantasei mila lire di liquidazione. Appena il tempo di organizzarsi e crearono un nuovo giornale.

Il 16 Marzo dello stesso anno, un mercoledì come tanti, i napoletani trovarono nelle edicole, tra le storiche testate, una nuova: Il Mattino. Spuntava tra una decina di quotidiani: Il Roma, Il Pungolo, Il Piccolo, Il Corriere di Napoli. Erano i giornali con maggior tiratura, che variava dalle quattromila copie alle tredicimila. 

Incredibile, una storia di pochi anni che vede cambi di testate, due giovani che conquistano una città, un giornale che nasce dal nulla in poche settimane e ha come collaboratori nientemeno che: Carducci, Croce, Nitti, D’Annunzio.Come sede Scarfoglio non badò a spese, scelse il posto più prestigioso di tutta la città, la Galleria Umberto I, simbolo della Napoli che si rinnovava. Alle ringhiere dei balconi della redazione la tabella Il Mattino da sola era un richiamo pubblicitario, visibile da tutti napoletani nel loro passare lungo l’allora via Toledo.

L’ingresso era dal lato del Vico Rotto San Carlo, sempre chiamato così dall’antica denominazione dell’intrico di stradine che lambivano la facciata del San Carlo, diventato poi Angiporto Galleria.

La composizione tipografica avveniva con caratteri a mano: la Linotype era stata inventata pochi anni prima, nel 1886, ma costava molto, solo nel 1903 quando fu possibile sostenere la spesa, Scarfoglio ammodernò la tipografia del suo giornale. Le ottantaseimila lire di liquidazione ricevute da Schilizzi non erano bastate per gli acconti delle macchine e l’impianto del giornale. Edoardo e Matilde vendono i pochi gioielli, qualcuno lo danno in pegno, vendono anche alcuni quadri di valore; ma principalmente vendono quello che ancora non possiedono, cioè ipotecano la pubblicità che verrà e i romanzi che la Serao scriverà. L’intrepida donna firma contratti, con editori e con giornali anche stranieri, che la occuperanno per anni.

Le continue divergenze tra marito e moglie li portavano spesso allo scontro, come accadeva alla redazione del Capitan Fracassa dove si conobbero. Edoardo era un libertino. I tradimenti con giovani soubrette non si contavano. In particolare ci fu quello con la cantante francese Gabrielle Bessard. Dopo due anni di relazione, la bella e giovane Gabrielle rimase incinta. Scarfoglio non volle lasciare la moglie per andare con lei, decise di interrompere la relazione. Il 29 agosto del 1894 la Bressard si sparò sulla porta di casa Scarfoglio, dopo aver lasciato lì la piccola figlioletta, Paolina, nata dalla loro relazione. Gabrielle bussò alla porta e nel momento in cui la cameriera aprì, si sparò senza dire una parola, rimanendo gravemente ferita. Lasciò cadere per terra un biglietto: «Perdonami se vengo a uccidermi sulla tua porta come un cane fedele. Ti amo sempre». Morì all’Ospedale degli Incurabili, il 5 settembre a mezzogiorno.

Il fatto suscitò grande clamore in tutta Napoli. La piccola Paolina fu affidata da Scarfoglio a Matilde, che la accolse crescendola come una figlia. Ma gli scontri sul lavoro e nella vita privata portarono Matilde a una sofferta decisone, lasciare il marito e il giornale. Il 13 novembre 1903 con poche righe ufficiali Il Mattino pubblica: «La signora Matilde Serao ha presentato al direttore del Mattino, che le ha accettato, le dimissioni da redattrice del giornale».

Intanto Il Mattino si affermava sempre di più, diventando il primo quotidiano della città. Tutto consentiva a Edoardo una vita elegante, agiata. Al rientro dei quattro figli dall’estero, dove furono mandati a fare esperienza dopo essersi laureati a Pisa, Scarfoglio affidò tutto a loro, restando sempre direttore del giornale, ma muovendosi sempre di meno, chiuso in un volontario esilio al Parco Grifeo o sul suo panfilo ormeggiato a Santa Lucia, spesso sua dimora notturna.

Si assentava per settimane dal giornale, mandava il suo fondo alla redazione a mezzo fattorino. Si firmava Tartarin, come il nome della sua barca. Non seguiva le vicende politiche, che in quegli anni erano molto accese. Mentre in Europa si combatteva la prima guerra mondiale, l’otto gennaio del 1917 l’ultimo articolo breve, sul Pescatore di Gemito che entra nel museo del Bargello, onore mai concesso agli artisti viventi. Era in pieno svolgimento la Grande guerra e lui dedicava lo spazio del suo fondo allo scultore. Morì senza ammalarsi, d’uno schianto cardiaco, il 6 ottobre del 1917, a soli cinquantasette anni.

Il 7 ottobre 1917 il figlio Paolo, gemello di Carlo, assume la direzione del Mattino. In un’Italia sempre più incandescente furono anni agitati per la vita del Mattino, sia sul piano politico sia su quello amministrativo, ma nonostante tutto il giornale fondato dalla coppia Scarfoglio-Serao diventava sempre più una grande azienda editoriale.

Paolo Scarfoglio, per tener testa alla concorrenza spietata inventò un rotocalco "Il Mattino Illustrato". L’11 febbraio 1924 lo presentò così al pubblico: «Questo nuovo giornale vuol essere un grande mezzo di diffusione della cultura attraverso l’immagine». Per la sua tipicità di stampa a colori, fu il primo nel mondo, con una tiratura (pare) di 615 mila copie. Un successo che durò circa vent’anni, fin quando nel 1943 arrivarono a Napoli gli americani, occuparono gli stabilimenti tipografici e "Il Mattino Illustrato" cessò le pubblicazioni.

Come accadeva alle grandi società editoriali, anche per il Mattino arrivò un socio dalle spalle robuste: il Banco di Napoli nel 1928 che acquistò la testata del giornale diventando proprietario. Nella nuova società era socio al 51%. Passata l’era fascista, con l’occupazione degli americani, Il Mattino interruppe le pubblicazioni il 15 settembre 1943. Dal 4 ottobre apparve una nuova testata “Risorgimento”, quotidiano edito - come si leggeva nel sottotitolo - da “Il Mattino”, il “Roma”, il “Corriere di Napoli”.

Il Mattino, con la sua sola testata, ritornò nelle edicole con la firma di Giovanni Ansaldo come direttore responsabile il 9 aprile del 1950, era Pasqua. Ansaldo era una firma notevole, con un lungo passato da giornalista, che aveva girato il mondo, Il Mattino ritornava dai suoi lettori a testa alta. Dopo settanta anni dalla nascita Il Mattino il primo maggio 1962 lascia la storica sede piccola e angusta alla Galleria Umberto I per trasferirsi nel palazzone di via Chiatamone 65. Occorreva più spazio per nuovi macchinari, più personale, il giornale di Scarfoglio e Serao era un grande quotidiano, con un’altrettanto grossa società editrice.

Era il novembre del 1963, quando entrai al giornale. Orgoglioso mostravo a tutti il tesserino del Mattino, la mia foto con nome e cognome. Ricordo ancora mio padre che si vantava con amici e colleghi che il figlio lavorava al Mattino. Era tra i posti di lavoro più ambiti e prestigiosi a Napoli.

Ho visto passare tanti direttori, firme notevoli che gareggiavano per la direzione. Le prime innovazioni tecnologiche, la scomparsa della tipografia sostituita dal computer, e tanti altri uffici spariti grazie al progresso, era questo il cuore del giornale. Qualcuno inneggiava alle innovazioni.

Negli anni Novanta il centro stampa fu trasferito in una località che di cui io manco sapevo l’esistenza: Pascarola, Marcianise (Caserta). Era un rito, quando la notte, al ritorno da qualche cena con amici, passavo per il giornale nel vico Ugo Foscolo, lato carico dei furgoni per la distribuzione, mi fermavo a prendere una copia del Mattino ancora fresca di stampa. Dopo il trasferimento delle rotative e spedizione nella provincia di Caserta, il vecchio vicoletto Ugo Foscolo diventò buio, silenzioso, triste, come un cimitero; cominciava la lenta agonia del mio giornale.

Oggi Il Mattino attraversa un periodo che non ha mai conosciuto, con una tiratura di copie che nemmeno quando nacque in quel lontano 16 marzo del 1892 stampava. Certamente la crisi della carta stampata ha contribuito molto, è il progresso che avanza, non si può fermare. Le tecnologie ci permettono di seguire le notizie in tempo reale, comodamente da casa, senza uscire per andare dal giornalaio.

Ho letto che sarà al centro direzionale la nuova sede del Mattino. Un agglomerato di grattacieli vuoti che sembra la città dei fantasmi, tutto intorno è anonimo, lo diventerà anche il giornale di Scrafoglio e Serao? Rinchiuso un una delle tante anonime torre, come un prigioniero. Non sarà più chiamato il giornale di Via Chiatamone ma del centro direzionale?

Il trasloco, a Napoli, si è sempre chiamato “O quatto ‘e maggio”, e sicuramente farà rivoltare nella tomba don Edoardo Scarfoglio e donna Matilde Serao. Con quella tristezza nel cuore che avrò anche io quando, uscendo dal tunnel della Vittoria, non vedrò più sul palazzone rosso di via Chiatamone la scritta “Il Mattino".

Dedico questi pochi versi: Core fatte curaggio, ’a vita è nu passaggio, facimmece chist’atu quatto ‘e maggio, che ne parlamma a ffà sì o munno accussì va.

Alla prossima ragazzi.





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