Mezzo limone, acqua calda e bicarbonato

Consigliato per reunion tra vecchi colleghi, abbuffate serali e dolci sogni

    di Amedeo Forastiere

È capitato a tutti, almeno una volta nella vita, di organizzare una rimpatriata con vecchi compagni di scuola o colleghi di lavoro. Di solito la prima è quella con i compagni di liceo con i quali si sono vissuti cinque anni da ricordare, i migliori di ogni vita, quelli che ci hanno visto crescere, diventare uomini o donne. C’è chi al prolungamento dello studio preferisce lavorare per la fretta d’essere indipendente e guadagnare, chi invece continua con l’università puntando ad altri obiettivi. Comunque, in quelle reunion si parla poco della goliardia liceale, un pochino in più delle fidanzatine: qualche storia ancora continua. Si parla invece molto del futuro, dei progetti da realizzare. Io vorrei fare questo, io invece ho deciso che il mio futuro sarà quest’altro. Futuro, futuro. Per i giovani è giusto che sia così, progettare il proprio futuro.

La settimana scorsa mi chiama Ciro, un vecchio collega. Trentacinque anni spesi nella stessa azienda, lavorando, come si usa dire, gomito a gomito. Ciao, ho pensato di passare una serata con gli ex colleghi, facciamo una rimpatriata, ho raggruppato molti amici, ci stai? La cosa non mi eccita più di tanto, quando si fanno le rimpatriate tra vecchi amici o colleghi c’è sempre qualche sedia vuota, non perché il collega o l’amico non abbia aderito all’invito, ma perché non è più tra noi.

Naturalmente accetto, anche perché Ciro è sempre un simpaticone, e nonostante gli anni che passano conserva intatta la stessa solarità dei vent’anni. Confesso che l’ultima rimpatriata manco me la ricordo, per quanti anni sono passati. Rispondo all’invito con una delle mie solite battute: Certo che vengo, se l’INPS mi concede il permesso…

All'incontro tra vecchi colleghi, dove l’età media si aggira intorno ai settant'anni, parlare del futuro può sembrare ironico, quasi una barzelletta. Ma quale futuro! Si rievoca invece il passato o si chiacchiera del presente, tipo: Ho comprato una bella nicchia, spaziosa, asciutta, tutta esposta al sole. Come se fosse la casa per le vacanze. Oppure: Ho deciso di lasciare quel quadro antico a mio nipote che ama tanto la pittura. Cose del genere.    

Del futuro non si parla perché non ce n'è più. Il passato è nostalgico e il presente va via, si consuma lentamente come una candela, ci terrorizza, ci lascerà al buio. Allora l’unica cosa buona e giusta da fare durante una rimpatriata è mangiare di tutto e di più. Al diavolo il colesterolo, la glicemia, la pressione alta, per una volta cosa vuoi che mi accada, dice Ciro, il più casinaro di tutti, mentre mangia e beve a sazietà a dispetto dei malanni.

Qualcuno si esibisce con le solite barzellette, sempre le stesse che ripete da trent’anni. Quelle da salotto raccontate ad alta voce, nella speranza che qualcuno dal tavolo accanto venga coinvolto nella risata. Mentre per quelle spinte, che noi napoletani chiamiamo 'e barzellette sporche, ci mettiamo tutti curvi sul tavolo come fanno i giocatori di rugby in una mischia chiusa, perché ci vergogniamo se a qualcuno intorno capiti di origliare…cosa penseranno di noi, che siamo dei vecchi sporcaccioni?

Quelli della mia generazione sono stati educati al rapporto con l’alimentazione in modo sano ed equilibrato, in poche parole senza eccedere. Mia madre, mamma Maria, diceva sempre che la sera non si deve esagerare nel mangiare, in particolar modo sono da evitare i cibi pesanti. La notte, spiegava, la digestione è più lenta, quando si mangia molto diventa pesante, faticosa, spesso si fanno brutti sogni.

In verità oggi, a distanza di anni, non so se mia madre avesse ragione o meno. Io ho sempre dormito bene, forse perché mangiavo poco e sano? Non lo so! Le mie notti sono state tranquille anche quando mi era concesso di esagerare un po’. Ma quando si è adolescenti si digeriscono anche i sassi. 

Torniamo alla rimpatriata dei settantenni arzilli. Il ristorante scelto da Ciro - buongustaio - era un localino molto spartano, su Bacoli alta, un vecchio giardino che affaccia sul mare, dove si possono mangiare sia prodotti di campagna sia di mare…ottima scelta. Non sto a elencare tutto quello che abbiamo ordinato, dico solo che sembravamo dei veri affamati, e per di più abbiamo innaffiato la cena con fiumi di vino rosso locale di 14°. Alla fine della serata per qualcuno si è presentato il problema di come tornare a casa, dato che mettersi alla giuda della propria auto sarebbe stato pericoloso. Così Ciro, tanto sobrio da camminare su una sola gamba, trova la soluzione per Franco, che avendo esagerato col nettare degli dèi, nemmeno a quattro “zampe” riusciva a camminare. Gli consiglia di lasciare l’auto al ristorante, poi il giorno dopo, a sbornia smaltita lo avrebbe accompagnato a riprenderla. Tutti d’accordo per la soluzione. Così si parte in corteo, qualcuno a zig-zag, braccio fuori dal finestrino cantando allegramente, ma con andatura moderata. Poi il gruppo si riduce, ognuno prende la strada di casa, resto solo.

Confesso di non aver esagerato col bere, ma sul cibo certo non mi sono risparmiato: tra campagna e mare ho mangiato di tutto. Torno a casa, dove nessuno mi aspetta, quindi non mi tocca sentire la classica constatazione della moglie al rientro dalla rimpatriata: amò comm’ puzzi di vino!  Mi metto a letto, non riesco a prendere sonno, la digestione è un po’ pesante. Sento tutto quello che ho mangiato salirmi alla gola come un ascensore spinto da una forza che brucia… Quanto aveva ragione mia madre sulle abbuffate serali, soprattutto a una certa età!

Ricordo che per evitare la cattiva digestione durante la notte consigliava a mio padre, quelle poche volte che abusava con il cibo,  di bere una spremuta di mezzo limone, in acqua calda con un pizzico di bicarbonato. La vecchia ricetta era infallibile. E così, ricordandomi dell’antico e saggio consiglio, l’ho messo in pratica. Ha funzionato alla perfezione, tutto a un tratto la digestione si calma, il sonno diventa tranquillo, sereno, rilassante, regalandomi pure un gran bel sogno, mo ve lo racconto.

Mi son ritrovato più giovane, sarà stato l’effetto ricordi dei primi anni di lavoro… Ero uno sbarbatello. Nel sogno sono a passeggio nei viali del bosco di Capodimonte con una bella ragazza bionda. Mano nella mano, senza parlare, guardandoci negli occhi come innamorati d’altri tempi. A un tratto la biondina si ferma e mi dice: Amore vorrei andare vicino a lago. Io ero imbarazzato, non avendo l’auto non sapevo come realizzare il suo desiderio. Lei mi guarda, comprende il mio disagio, e cosa fa? Alza una mano verso il cielo, la apre, afferra una nuvola grande tutta bianca, la poggia a terra. Con il sorriso dei sogni, monta su e m’invita a seguirla. Salgo una bella sensazione di soffice. La nuvola decolla con noi a bordo e lenta si alza, sorvolando la città. È talmente fiabesco che perfino nel sogno mi sembra di sognare. Arriviamo vicino un lago, non so quale fosse, forse quello D’Averno, tutto circondato dal verde. La nuvola atterra, noi scendiamo e ci dirigiamo verso la riva. Proprio come facevo da ragazzo, prendo piccoli sassi sottili e li lancio facendoli rimbalzare sull’acqua, la ragazza ride divertita.

Un sogno meraviglioso, merito del mezzo limone in acqua calda con il pizzico di bicarbonato. La nuvola intanto è sempre lì, al bordo della strada parcheggiata, come se fosse un’auto, ma non sa che lì c'è divieto, non si può sostare. Poi mi ricordo che viene dal cielo, dove non esistono divieti. Dopo abbraccio la ragazza, mi giro e cosa vedo? Un vigile che sta multando la nostra nuvola in sosta vietata. Il sogno è finito, ritorno alla realtà, e ritorna anche la digestione pesante…ci vuole un altro mezzo limone con bicarbonato!

Alla prossima ragazzi.





Back to Top