Con Il ladro gentiluomo, Alice ci saluta

La scrittrice Alessia Gazzola presenta l'ultimo libro della saga "L'allieva"

    di Vanna Morra

Ci risiamo, come al solito alle cose ci arrivo sempre dopo, molto dopo. Stavolta, però, ho decisamente esagerato perché il mio “molto dopo” corrisponde a un periodo di dieci anni. L’estate scorsa mi imbatto per caso ne L’allieva, fiction di Rai 1. Lei è Alice Allevi, specializzanda in medicina legale, interpretata da Alessandra Mastronardi. Lui è Claudio Conforti, professore dell’istituto e diretto superiore di Alice. Ad interpretarlo, Lino Guanciale, un altro di cui ignoravo l’esistenza. Ma si può?! Ma l’avete visto?

Affascinante e inarrivabile quanto basta per perdere la testa. Comunque, riuscendo a staccare l’attenzione da C.C., così come lo chiama Alice, la storia è di quelle che piacciono a me. Si indaga sul delitto, in modo mai violento, mentre lei, maldestra ma determinata, si divide tra due belli e stronzi e un po’ di personaggi strambi. Mi mette allegria quest’allieva e trovo strano che stiano dando una fiction nuova durante l’estate. Così strano che il dubbio finalmente mi viene, corro su Google e “SBAM!”! Serie tv (in replica!) del 2016 tratta dai libri di Alessia Gazzola, il primo scritto “solo” dieci anni fa. Dunque divoro la serie, pensate che intanto ho scoperto anche Raiplay, divoro tutte le info sull’autrice e vado a comprare il libro.

Non mi basta, proprio come Alice, voglio andare fino in fondo così scrivo alla Gazzola che mi mette in contatto con l’ufficio stampa della Longanesi, sua casa editrice. Chiedo se per un’intervista preferisce una telefonica o via mail. Beh, se posso aspettare il 19 ottobre sarà a La Feltrinelli di Napoli per presentare “Il ladro gentiluomo”, suo ultimo libro. Certo che posso aspettare. Ed eccoci qui, nel nostro incontro che ricorderò tra quelli belli.

Alessia, come nasce “Il ladro gentiluomo”?

Nasce dal desiderio di scrivere un romanzo nella tradizione del giallo classico inglese e di mettere al centro della storia una pietra preziosa. Una storia molto travagliata di maledizioni un po’ come “La pietra di luna” di Wilkie Collins. Ecco, mi piaceva rivisitare a modo mio una storia di questo tipo. L’idea mi è stata data anche dalla maggiore delle mie due bimbe, che ha scoperto dell’esistenza del diamante rosa da un cartone animato con due maghette appassionate di pietre preziose. Mi chiedeva di raccontarle una storia sul diamante rosa e così mi sono sentita quasi in obbligo. Certo, alla fine non è venuta fuori una storia per lei però la sua idea ha fatto germogliare qualcosa dentro di me che unita al mio desiderio di giallo inglese è stata una combinazione fortunata.

Il diamante rosa è al centro del romanzo, cos’altro puoi anticipare a chi ancora non ha letto il libro?

Per quanto riguarda l’aspetto giallo, al centro della storia ci sono questo diamante rosa e questo ladro che nella miglior tradizione del ladro gentiluomo è un trasformista che, facendo leva sull’imbranataggine di Alice, riesce a sottrarle questa pietra preziosa che lei ha rilevato durante un’autopsia. Quindi tutto il romanzo è incentrato su come Alice, a modo suo, si mette sulle tracce del diamante. Poi nei miei libri, c’è questa formula di mescolare un po’ di giallo con la venatura medico legale con l’aspetto rosa sentimentale. Sul versante della sua vita privata, invece, ho ripreso la storia dal libro scorso in cui, Alice, in un momento d’impulsività aveva chiesto di fare un’esperienza in un altro istituto e quindi di essere trasferita. Siccome ha “una capa” che non la sopporta, prima che potesse cambiare idea, ha pensato bene di spedirla a Domodossola. È da qui, appunto, che comincia questa nuova avventura anche se, in realtà, lì non c’è un istituto di medicina legale. È una licenza che mi sono concessa giusto per dare l’opportunità ad Alice di andare in una cittadina fredda di provincia, difficile da raggiungere con tutta una serie di requisiti che mi sembravano adatti alla situazione.

Secondo te ai lettori piace di più l’aspetto rosa o quello giallo dei tuoi romanzi?

Sicuramente ai lettori uomini la parte gialla ma il mio pubblico è costituito prevalentemente da donne e ritengo che loro siano più interessate alla parte rosa. Pertanto anche se io mi scervello per mettere in piedi delle storie quanto più divertenti possibili, da un punto di vista proprio del meccanismo della ricerca del colpevole, poi alla fine quello che interessa ai lettori è “ma cosa combina Alice con C.C.?” Credo che sin dal primo libro quelle che sono le sue vicende personali, sia di vita privata in genere che sentimentale sia quello che interessa di più.

Perché Alice ci piace tanto?

Secondo me perché è molto imperfetta. Alice è una che sbaglia e va incontro ai suoi errori, oserei dire, trionfalmente e incurante delle conseguenze. Questo naturalmente è di conforto per chi ha un percorso di vita sempre un po’ precario, sempre alla ricerca di se e del proprio posto nel mondo. Credo che vada a raccogliere un po’ quello stato d’animo di molte ragazze che si riconoscono in lei o si ispirano e quello di molte donne che ricordano magari con un sorriso com’erano.

E infatti, guardando la serie, mi ci sono riconosciuta. Invece quanto di Alessia c’è in Alice?

Inizialmente un po’ di più di quanta ce ne sia oggi. Io e lei condividevamo la stessa professione, entrambe eravamo specializzande in medicina legale e ho voluto creare proprio questo, una ragazza che avesse i miei stessi problemi e il mio stesso lavoro. Scrivevo comunque solo per me stessa, per divertirmi, per appagare una mia esigenza interiore, non è che avessi un progetto editoriale. Per cui inventavo storie in cui a questa specializzanda dovevano succedere pasticci peggiori di quelli che succedevano a me nella vita reale. Quindi come punto di partenza c’era questo, la sensazione di inadeguatezza, lo sbagliare tutti i giorni qualcosa però poi dal punto di vista della sua vita e delle sue scelte si è distanziata completamente da me, quindi non potrei dire che sia un alter ego né che siano vicende autobiografiche.

Ormai però scrivi a tempo pieno, com’è avvenuto il passaggio da medico legale a scrittrice?

In verità io ho sempre scritto, era proprio il mio hobby. Scrivevo delle storie semplicemente perché mi facevano stare bene, mi rilassavano, evadevo la mia realtà e non erano storie che avessero a che vedere per forza con la mia vita o che avessero attinenza col mio percorso. Non avevo mai provato o pensato di pubblicare fino a quando poi non ho scritto L’allieva. Con questa storia ci ho voluto provare perché dopo averla letta ho detto “beh, eppure io una cosa così non la conosco, non l’ho mai letta, non sarà niente di che ma almeno è nuova”. Per molti anni la scrittura e la medicina legale le ho percorse contemporaneamente. Poi ho smesso di fare il medico legale da un anno circa perché, alla fine, nello sforzo di fare tutto finisce che fai tutto male. Meglio fare una cosa sola ma farla al meglio che si può!

Il libro come è diventato una serie tv?

Allora, il percorso per la serie tv è cominciato subito dopo la pubblicazione. Endemol i diritti li ha opzionati immediatamente, quindi parliamo addirittura dei primi mesi del 2011 però per arrivare in tv ci è voluto tanto tempo. Nella vita è una questione d’incontri, ci voleva la persona giusta all’interno della Rai che s’innamorasse del progetto e questo per fortuna è successo nel 2014. Poi c’è voluto tempo per scriverla, per girarla e siamo arrivati in tv nel 2016.

E ora è appena cominciata la seconda serie. È stato complicato adattare i libri alla fiction?

Sì, perché ci sono esigenze diverse di messa in scena. Nel libro si hanno a disposizione tanti strumenti di narrazione mentre il linguaggio visivo passa attraverso il ritmo, c’è una diversa coerenza dei personaggi tra lo scritto e quello che poi diventa immagine. Ecco perché è necessario un riadattamento.

La sensazione di rivedere le tue storie in tv?

Ah che bello! Quando mi fanno questa domanda divento molto stucchevole perché comincio a dire che è bellissimo, che è una grandissima emozione, sembra banale ma è la realtà, non riuscirei nemmeno a spiegarlo meglio perché è una cosa talmente forte, è gioia pura che… come la descrivi?!

Nei ringraziamenti ci annunci che Alice ci saluta e non ritornerà molto presto. Sono già in disperata astinenza visto che l’ho appena scoperta, anche se di libri da recuperare ne ho.

Eh sì, ce ne sono otto! Beh, ho scritto L’allieva, il primo libro, nel 2008 quando ero in specializzazione e quindi sono 10 anni e, appunto, otto libri che sono nel mondo di Alice. In più ho collaborato alla stesura della sceneggiatura di ben due serie televisive, quindi penso sinceramente di aver detto, al momento, tutto su di lei. Se continuassi, la mia sensazione sarebbe quella di voler allungare il brodo. Preferisco piuttosto darmi l’opportunità di provare nuovi personaggi e nuove storie da raccontare. Ovviamente se e quando mi tornerà una storia che vale la pena raccontare su Alice ne sarò ben contenta.

Le nuove storie sono già in frulla frulla?

Abbondantemente! Sono già a buon punto, anzi, non vedo l’ora di farle conoscere e sono molto curiosa di vedere se entreranno nel cuore del pubblico come ha fatto Alice Allevi.





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