C'era una volta il Parco della Rimembranza

Gli amori di una Napoli che non c'è più. Salvatore, il ragazzo che curava la privacy

    di Amedeo Forastiere

Fu realizzato a cavallo tra gli anni Venti e gli anni Trenta su disposizione dell’alto commissario per la Provincia di Napoli. Fu inaugurato nel 1931, come parco della Vittoria o della Bellezza, dedicato ai caduti della prima guerra mondiale. In seguito fu definito parco della Rimembranza per il suo spettacolare panorama. In un solo colpo d’occhio, infatti, è possibile osservare le isole di Procida, Ischia, Capri, l’isolotto di Nisida, l’isolotto della Gaiola, il golfo di Pozzuoli, il Vesuvio, e tutta la Penisola sorrentina. Si estende su un’area di 92.000 mq. 150 m sul livello del mare. 

Grazie all’iniziativa del filosofo Guido Della Valle, grande studioso di Virgilio, assunse il nome di parco Virgiliano. Il filosofo vedeva il parco come la terrazza degli Dei, e quindi lo dedicò al grande poeta romano (anche se era nato ad Andes il 15 ottobre del 70 a.C. ma romano d’adozione per la sua forte amicizia con l’Imperatore Augusto). Inchinandoci con immenso rispetto al poeta Virgilio - che ci ha lasciato il fascino e il mistero dell’Eneide, scritta proprio durante il suo soggiorno a Napoli - per tutti noi degli anni sessanta il parco è della Rimembranza. Certo per i ragazzi d’oggi che vanno a fare il weekend con la fidanzatina, appartarsi nell’auto per un po’ d’intimità, può sembrare leggenda d’altri tempi, L’Eneide. Mentre per chi ha vissuto quegli anni, sa bene che certi racconti non sono fantasie di scrittori, sceneggiatori, ma realtà, come quella raccontata da Luciano De Crescenzo nel suo insuperabile Così parlo Bellavista. Vedi l'episodio dove la figlia del professore, Patrizia (Lorella Moriotti), si apparta con il fidanzato Giorgio (Geppy Gleijeses) nella 500 al parco della Rimembranza e appare il ragazzo che vende alla coppietta i giornali per tappezzare i vetri dell’auto e creare così un po’ di privacy. Non è un personaggio nato dalla penna di Luciano De Crescenzo, ma un soggetto reale.

Guardando il film, i ricordi mi portano indietro negli anni. Anch’io  come tanti diciottenni, frequentavo il parco della Rimembranza, la grande garconniere per gli innamorati squattrinati. Il ragazzo che curava la privacy lo ricordo bene. Si chiamava Salvatore, aveva pressappoco tredici anni, forse qualcuno in più ma svelto e astuto come un vecchio mestierante. Proprio quando ero lì sul più bello, capisc’ ‘a me, bussava al vetro, domandando se volessimo il caffè; si caffè, na’ ciofeca. Aprivo lo sportello dell’auto e prendevo il bicchierino, sennò Salvatore avrebbe bussato di sicuro altre volte. D’estate l’auto tutta rigorosamente chiusa e tappezzata di giornali, diventava una sauna, ma l’amore, il desiderio di stare un po’ da soli ci faceva sopportare anche il caldo dell’alto forno della sottostante Italsider. Erano gli anni di Io mammata e tu, la canzone di Domenico Modugno. Il testo fu scritto da Riccardo Pazzaglia. Parlava di due innamorati che non riuscivano mai a stare da soli, ma sempre accompagnati dalla mammà di lei o dalla sorella. Realtà che portava spesso i giovani innamorati, appena riuscivano a stare insieme, a consumare tutto molto in fretta. Quella maledetta fretta, che spesso dopo nove mesi, faceva nasceva ‘o creaturo… che invece di piangere sembrava dire: Sorpresa!  

L’utilitaria che si comprava in quegli anni, chi aveva la possibilità doveva avere un solo indispensabile optional: lo schienale ribaltabile. Tutto il resto, stereo, musicassetta o mangiadischi non erano importanti. Era un meccanismo molto semplice, una levetta sotto i sedioli anteriori, bastava alzarla e lo schienale si abbassava. Di solito la ragazza non si concedeva facilmente, qualcuna appena vedeva la strada che portava al parco della Rimembranza diceva al suo ragazzo: Addo’ vai, gira ‘a capa ‘o cavallo. In poche parole cambia strada. Lo spazio interno delle utilitarie era sufficiente per i nani del Circo Equestre. Quando la ragazza era un po’ alta, sorgeva il problema. Bisognava prima spingere il sediolino tutto in dietro, per allungare le gambe. I modelli delle utilitarie più frequenti erano la Fiat 500 o la 600. Avevano tra i due sediolini anteriori la leva del cambio e del freno a mano. Quella delle marce era sempre lunga. Quando si doveva passare "all’arrembaggio" - perché la ragazza non domandava più che me’ portato a’ffa’ n’coppa Posillipo - era un’impresa difficile, lo spazio era veramente millesimale. Il giovane innamorato doveva passare sul sedile di lato. L’assalto doveva essere rapido e preciso, qualcuno, nella fretta dell’eccitazione, con gli ormoni che nitrivano, è caduto sulla leva del cambio, rischiando la “verginité”.

Poi accadevano anche altre cose, come la notizia impressionante in prima pagina, che mandava a monte il programma della mezzoretta d’amore. Accadde al mio amico Filippo, innamorato di una simpatica ragazza mora di nome Filippa. Erano entrambi piccolini di statura e noi tutti, li chiamavamo ‘e filippini. Mi raccontò del suo primo giorno con Filippa al parco della Rimembranza. Lui aveva una cinquecento fiammante, rosso Ferrari, con gli stemmi del cavallino sul cofano e marmitta truccata. Faceva tanto rumore che tutti al suo passare si giravano. Naturalmente la petite Ferrari aveva il ribaltabile. Un giorno d’inverno, Filippo, riuscì a portare la sua bella Filippa al parco della Rimembranza. Appena parcheggiato, Salvatore subito gli portò i giornali per la privacy. Non era il solito quotidiano, ma il settimanale sportivo napoletano Sport Sud. Il giornale sportivo napoletano dava sempre molto risalto alle partite della squadra partenopea con titoli a nove colonne. Filippo era un tifoso accanitissimo, sempre presente a tutte le partite, spesso anche quelle fuori casa: quando il Napoli perdeva per tre giorni si metteva a lutto. Era gennaio del 1968, Filippo, precisino precisino, tappezzò i vetri della sua cinquecento rossa, che nemmeno un impiccione microscopico raggio di sole riusciva a entrare. Beh, la faccio breve. Quando Filippo passò "all’arrembaggio”, i suoi occhi andarono sulla prima pagina di Sport Sud, dove a caratteri cubitali si parlava della sconfitta del Napoli con l’Atalanta. Perdere con la squadra ultima in classifica era in dramma shakespeariano. Filippo cominciò a piangere, tremava, ripetendo: Non ce la faccio, non ce la faccio, nun tengo ‘o curaggio. La povera Filippa pensò che lui non avesse il coraggio di fare l’amore con lei, era la prima volta che si appartavano, la prima volta, di una volta, era la vera prima volta. Filippo piangeva per quell' uno a zero subito dal ciuccio a Bergamo con gol di Roberto Rigotti: quel 21 gennaio del 1968 si bloccò e mentre piangeva la sua Filippa lo stringeva forte dicendogli: Amore ti amo, se non ce la fai fa niente, io ti amo sempre di più.

Con gli anni, il parco degli innamorati fu abbandonato a se stesso. L’incuria divampò fino al 1997 quando, con l’amministrazione Bassolino, si decise di riqualificarlo. Fu riaperto nel luglio del 2002 dalla sindaca Rosa Russo Iervolino, con una grossa novità, che sorprese tutti gli innamorati squattrinati: Il divieto di transito alle auto. Probabilmente, la sindaca, da giovane non si era mai appartata nell'’auto tappezzata di giornali al parco della Rimembranza. Salvatore, il venditore di giornali per la privacy degli innamorati, dovette cambiare mestiere. Era bravissimo, sempre con il sorriso che metteva in mostra i denti bianchissimi che risaltavano nel viso abbronzato, come lo scugnizzo di Gemito. Ricordo che una volta, andai con la mia cinquecento blu, lui subito venne vicino l’auto con i giornali. Bussa al finestrino e mi dice: Buongiorno dotto’, vulijte ‘o Mattino come solito, o preferite a Gazzetta dello Sport? Una domanda che non mi aveva mai fatto, di solito prendevo Il Mattino o il Roma, i nostri quotidiani, ma la domanda, se avessi preferito il giornale sportivo m’incuriosì da domandargli: Salvato’ perché mi domandi se preferisco la Gazzetta, secondo te mi metto a leggere le notizie sportive, nun tengo che ffa’?

Lui subito: ‘O saccio c’a tenite che ffa’ dotto’, ma sentite a me, ‘a Gazzetta è meglio, è rosa, crea n’atmosfera romantica.





Back to Top