Quell'atto potente della finzione
La rivoluzione del gusto parte da una creatività capace di saper simulare
di Gianluca J.L. Giadima
Lasciam perdere? Suvvia, che sarà mai?! E no invece no, Signor mio non si può! Rubar, defraudar, impoverir per avvizzire, ed in breve trucidar la nostra amata lingua, questo no, non si può. Qui c'è bisogno di una rivoluzione. Una rivoluzione del gusto, per tornare a sentirne il sapore. Bisogna riprendere a “fingere”. Tutti dovremmo fingere di più, maggiormente e con più gusto. Ma che dice? Mi dà del pazzo? Caro Signore deve sapere che fingere in onor del vero non ci significa solo quel che Lei intende. Una lirica latina, sognate, dimagrita in quel greve simulare qualcosa per farlo credere ad altri. E no capisce, non ci sto.
Fingere è molto più di questo. Significa plasmare, modellare e dar forma. L'atto del conformare la creta, mi sono spiegato. Quel gesto che ben presto ampliò il proprio corpo dal rappresentare all'abbellire. Ma sa dei flutti e dei rigagnoli? Dei nonnulla che rimbalzano un qualcosa per farlo diventar altro?! Il passo fra la rappresentazione, l'invenzione e l'immaginazione è breve - e quello fra l'invenzione e la mera simulazione -, lo è ancora di più. Si può quindi parlare dell'airone cenerino che finge il suo nido estivo più al Nord di qualunque altro suo simile, dello scultore che finge le morbide curve della sua Venere callipigia, o del moderno Kubrick che finge la bellezza di una nuova Odissea. Tanto lo sceneggiatore, che finge una trama complessa per intessere il fil rouge di una storia semplice, quanto, tornando all'uso consueto, il lestofante, che finge l'ardita scusa per scansar la pena della verità, sono genesi di qualcosa di grande. Pur sempre la “finzione” è un atto potente. Di creazione per l'appunto.
E allora perchè non fingere, se quel fare contiene l'origine di qualcosa che è completamente o anche solo parzialmente nuovo. In un mondo in cui da troppo tempo oramai di storie nuove non ce ne sono più, bisognerebbe fingere di più. Un dedalo di sentieri, tortuosi e intricati, come quelli del famoso labirinto di Cnosso, in cui agli uomini capitano sempre storie vecchie, ma talmente vecchie che poi, smarriti nel rumore del tempo, finiscono per sembrare un’altra volta nuove, si rompe solo plasmando, modellando, e dando forma a cose nuove. Evviva il “fingere” dunque. Ogni Stato dovrebbe concedere finanziamenti a chi è a tal scopo dedicato. Demolitori di labirinti fatevi avanti. Una parola che perde la sua storia è una montagna spogliata e tagliuzzata che muore; uno Stato (delle cose) che ce l'ha ben presente e viva, ancora a lungo crescerà e prolificherà in barba a qualsiasi crisi. Fingere: un ufficio delegato, l'ente nuovo da me stanotte sognato.