Smettila, altrimenti chiamo l'uomo nero
L'importanza dell'integrazione e i detti di una volta
di Amedeo Forastiere
“Se non fai il bravo, chiamo l’uomo nero che ti viene a prendere”. Quante volte lo abbiamo sentito dire dai nostri genitori quando facevamo qualche marachella? Anche noi, diventati genitori, spesso abbiamo minacciato i nostri bambini nell’invocare l’uomo nero, il cattivo che porta via per sempre il bambino disubbidiente. Confesso, da piccolo, quando incontravo per strada una persona di colore, scappavo, nascondendomi dietro al primo muro. Il riparo più sicuro era l’androne di qualche palazzo, lì mi sentivo protetto, in particolare dove c’era il vecchio portiere con baffi austeri. Nel mio immaginario di bambino, pensavo: “Se fosse venuto l’uomo nero, il portiere mi avrebbe difeso, cacciandolo via”. Per tutta la strada che portava a casa le gambe mi tremavano e la testa girava continuamente all’indietro per vedere se l’uomo nero mi seguisse. Siamo stati cresciuti nel terrore che l’uomo nero fosse il peggior di tutti mali.
Fa paura tutto quello che è nero: l’uomo, il buio, il diavolo, il gatto. Il buono è sempre bianco, se è biondo con gli occhi azzurri, è celestiale. La Madonna e Gesù, sono stati rappresentati nei tanti affreschi nelle chiese, sempre così, biondi con occhi chiari, anche se sono nati in un paese lontano dove la popolazione e di carnagione scura con capelli neri, ma noi rispettiamo le sacre scritture anche se con qualche dubbio. Di certo, non ho mai visto in una chiesa una madonna mora con gli occhi scuri, lo stesso anche per suo figlio. Da una ricerca di paleoantropologia è risultato che i primi uomini, cioè l’Homo Sapiens, si siano sviluppati proprio in Africa, il continente dell’uomo nero, circa 200.000 anni fa.
In poche parole, noi bianchi siamo arrivati dopo. I primi uomini sapiens andavano nudi, vivevano nelle grotte. Quando è arrivato l’uomo bianco, gli ha fatto capire che era necessario coprirsi, anche con una semplice pelle di animale, ma bisognava farlo: la nudità era un fatto intimo. Occorreva uno spazio proprio, che potesse essere una grotta, una capanna, una tenda nella quale vivere con la propria donna e i figli, senza dividerlo con estranei. Tutte queste conquiste di “civiltà” l’uomo nero le deve all’uomo bianco, il buono. Ha girato il mondo, l’uomo bianco, scoprendo continenti sconosciuti, dove occorreva la manodopera a costo zero, ha preso l’uomo nero dalla sua terra e l’ha portato nei nuovi continenti, dando inizio al traffico di schiavi. Popolazioni definite inferiori, tribali, povere, ma per una strana ironia, della sorte, proprio in quelle terre, dove gli abitanti dormivano nelle grotte, o campane fatte di paglia, l’uomo bianco ha scoperto nel sottosuolo le più grandi ricchezze della terra: oro, pietre preziose, petrolio gas, e tante altre ancora. L’elenco è lungo. Natura distratta o giocherellona?
Ricordo una canzone del 1968 che parlava di un ragazzo negro, che chiedeva a un pittore che stava dipingendo un altare, di fargli un angelo nero: «Pittore ti voglio parlare mentre dipingi un altare, io sono un povero negro e di una cosa ti prego. Pur se la Vergine è bianca, fammi un angelo nero». Questa bellissima canzone fu lanciata da Fausto Leali, con la sua inconfondibile voce molto afro. Ci fu anche un altro cantante che la rese ancor più emozionante per il coloro della sua pelle. Marino Barreto Rubio, conosciuto nel nostro paese come Don Marino Barreto Jr. Nato a Matanzas Cuba, era un povero negro, ma nonostante il colore della sua pelle conquistò i bianchi, grandi e piccoli. Così grazie al cantante cubano, i bambini bianchi ebbero meno paura dell’uomo nero. Le violenze che l’uomo bianco ha usato verso tutti quelli con la pelle scura, le pagine di storia, scritte da studiosi onesti, sono piene, ma nelle scuole se ne parla poco.
Oggi non si sente più dire, minacciando il figlioletto disubbidiente: “Smettila che chiamo l’uomo nero”. Forse perché oggi vederne uno in giro non è più cosa rara come anni fa. Quanto è importante l'integrazione. In questo momento immagino una donna di colore e l’uomo nero, che vivono ancora nella capanna fatta di paglia, hanno vissuto le violenze dell’uomo pallido, e il terrore è ancora vivo. E se il figlio piccolo (Cicciobello nero) fa qualche marachella, la madre per mettergli paura come lo minaccia? “Smettila, se non fai il bravo chiamo l’uomo bianco”.