Filemone e Bauci, il cuore dell'accoglienza

Viaggio tra i mortali di Zeus ed Hermes. II puntata della rubrica «La persistenza del mito»

    di Sveva Della Volpe Mirabelli

 “Si presentarono a mille case e, cercando un posto per riposarsi, mille spranghe sbarrarono le porte. Una sola infine li accolse, piccola davvero, coperta di paglia e di canne palustri, ma lì, uniti sin dalla loro giovinezza, vivevano Bauci, una pia vecchietta, e Filemone, della stessa età, che in quella capanna erano invecchiati, alleviando la povertà con l'animo sereno di chi non si vergogna di sopportarla”. Così Ovidio nel libro VIII delle Metamorfosi.
Ma chi erano i due mendicanti alla ricerca di cibo e ristoro? Dei in visita tra gli umani per le terre della Frigia, curiosi di vedere come vivessero gli uomini. Gli anziani coniugi avevano accolto nella loro umile dimora, senza poterli riconoscere, Zeus, sotto spoglie mortali, e Hermes, figlio di Zeus e messaggero degli dei. Ai celesti fu fornito riparo e preziose premure. Un pasto modesto, ma ricco: legumi, maiale, olive, corniole, indivia, radicchio, uova, vino, “noci, fichi secchi della Caria misti a datteri grinzosi, prugne, in ampi canestri mele odorose e uva spiccata da tralci vermigli”. “Ma soprattutto s’aggiunsero le facce buone e una disposizione d’animo pronta e cordiale”.
Facce buone che si riempirono di paura allorché videro il boccale, svuotato, riempirsi spontaneamente di vino dal fondo. Realizzando di trovarsi al cospetto di ospiti divini, per scusarsi della povertà della mensa, Filemone e Bauci decisero subito di sacrificare in loro onore quell’unica oca, cara guardiana della capanna. La creatura, starnazzando e fuggendo, trovò però salvezza accanto agli dei, che, proibendo di ucciderla, invitarono i gentili vecchietti a seguirli, fuori la casa, in cima al monte. Giunti in vetta, voltandosi, videro la città sommersa dalle acque, punizione celeste dell’inospitalità dei suoi abitanti. Allo stesso tempo notarono la loro piccola dimora di paglia e canne palustri, salva, trasformarsi in un tempio dal tetto d’oro e il pavimento in marmo.
Zeus allora, in segno di gratitudine per la generosa accoglienza ricevuta, chiese all’anziana coppia che desiderio avesse. Filemone e Bauci, consultatisi rapidamente, risposero di voler custodire il tempio e di voler in futuro morire nello stesso istante, per non dover mai l’uno seppellire l’altra.
Così fu. Gli anni passarono, vissero insieme ancora molte stagioni, sacerdoti di quel tempio, fino al giorno in cui “mentre stavano davanti alla sacra gradinata, narrando la storia del luogo, Bauci vide Filemone coprirsi di fronde, e il vecchio Filemone vide Bauci fare la stessa cosa. E mentre sui due volti cresceva la cima, si rivolgevano scambievoli parole, finché fu loro possibile: Addio, amore mio, dissero insieme e insieme la corteccia come un velo coprì i loro volti facendoli scomparire. Ancor oggi gli abitanti della Frigia mostrano l'uno accanto all'altro quei tronchi nati dai loro corpi”.
Una quercia e un tiglio, a eterna memoria delle qualità divine di generosità, altruismo e solidarietà: "cura deum di sint et qui coluere colantur" (divino sia chi fu caro agli dèi e abbia onore chi li onorò).





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