Quando il cinema scommette sul gioco

Da Jumanji a Escape Room: il filone dei film per 'gamer' coraggiosi e fantastici

    di Mario Vittorio D'Aquino

“Nella giungla dovrai stare finché un 5 e un 8 non compare” è la famosissima frase del film Jumanji (1995) diretto da Joe Johnston con l’immenso Robin Williams, protagonista sfortunato, nel lungometraggio, di un gioco da tavolo apparentemente innocente, scoperto in età adolescenziale. La sceneggiatura che, ispirandosi a quella del testo illustrato per bambini dal titolo omonimo, illuminerà la strada di una nuova via cinematografica sul grande schermo del genere fantastico. Jumanji in Zulu significa “molti effetti” e nessun appellativo può rappresentare meglio il cataclisma unico di questa pellicola. Il dodicenne Alan Parrish fa la scoperta del gioco da tavolo e ne resta subito ammaliato. Una sera, Sarah, una ragazza molto ambita del quartiere, prova tenerezza e compassione per il ragazzino vittima di un episodio di bullismo. Decidono di iniziare Jumanji e mai si sarebbero aspettati che quest’ultimo avesse potuto, tramite una sciagurata combinazione di dadi, inghiottire Alan nella giungla del gioco. Ventisei anni dopo, nel 1995, una coppia di fratelli Judy e Peter Shepherd, rinvengono Jumanji e iniziano a giocare o meglio a completare, a loro totale insaputa, la gara interrotta dagli altri loro coetanei nel 1969.

Dal film, diventato un cult per gli amanti del genere, si sono poi costruiti due lungometraggi omonimi, di cui uno è il sequel dell’altro, rivisitati e aggiornati nei modi e nelle modalità odierne, conferendo al filone “Jumanji” una chiave ancora più arcade e survival. Queste due nuove versioni hanno riscosso un grandissimo successo al botteghino, forti anche della presenza statuaria e imponente dell’attore Dwanye Johnson, il quale si cala sempre perfettamente nelle vesti di personaggi di film fantasy.
Il livello qualitativo della saga Hunger Games, come testimonia l’ottimo responso provenuto dagli spettatori, la posiziona vicina ai pilastri del genere, tuttora comunque irraggiungibili, Harry Potter e Il signore degli anelli/Lo Hobbit. Suddivisa in quattro capitoli, vedono come protagonista Katniss Everdeen, impersonata dall’affascinante Jennifer Lawrence. Ispirata dalla saga di romanzi omonima, la storia è ambientata in un’America post-apocalittica, nella quale emerge la città di Capitol City, costituita da 12 distretti più uno distrutto in una ribellione, avvenuta in tempi passati. Per punizione, ogni anno, devono sottoporsi un ragazzo e una ragazza ad una pericolosa competizione chiamata – appunto – “Hunger Games”, al cui termine deve rimanere un solo sopravvissuto e le insidie sono artificiosamente controllate dai creatori del gioco. Gli imprevisti ad Hunger Games sono dietro l’angolo. La quadrilogia è disponibile solo a noleggio sulle varie applicazioni streaming.

Nella sua smisurata carriera cinematografica, Micheal Douglas, ha interpretato anche le vesti di un uomo d’affari freddo e diffidente nel film The Game – Nessuna regola (1997), diretto da uno dei maestri del thriller, David Fincher, lo stesso di Se7en e Fight Club. Il protagonista, Nicholas van Orton, vive col macigno del suicidio del padre quando era ancora un ragazzino (dettaglio da non sottovalutare ai fini della cronistoria del film), quando un giorno, dal fratello, gli viene regalata al compleanno una lettera di invito ad una compagnia di ricreazione, la CRS. Non resta del tutto convinto di aggregarsi a questo circolo ed è visibilmente annoiato dai laboriosi test che si è dovuto sottoporre in sede della compagnia, ma ancora non può comprendere realmente in che situazione si è cacciato. Almeno fino a quando non si interfaccia, in maniera del tutto assurda, con un giornalista che, mentre sta illustrando il tg locale, gli spiega la situazione – ahìlui – irreparabile dallo schermo di una tv, intuisce di essere diventato una marionetta della CRS che lo controlla e lo dirige in spericolate avventure. Farà la conoscenza della misteriosa Christine (Deborah Kara Unger), che lo aiuterà nel suo astioso percorso di fuga. Il prodotto è disponibile su Netflix.

Su Amazon Prime, invece, è possibile godersi una serie tv, Panic (2021) improntata su un gruppo di giovani americani che, mossi in parte dalla noia dovuta alle poche opportunità che la cittadina Carp offre e in parte per ambire al prestigioso premio di 50 mila dollari, decidono di competere per il gioco che porta il nome della serie. Le sfide che si accingono ad affrontare sono tra le più disparate: esse vengono decise da giudici prescelti che diffondono indizi per tutta la cittadina e molto spesso sconfinano nell’illecito. Non è previsto l’abbandono da parte di nessun membro, il rischio è di incorrere in seri guai personali. A cercare di arginare il pericoloso fenomeno, è lo sceriffo del posto che ha perso i suoi due figli per colpa di una sventurata sfida che i suoi ragazzi avevano dovuto affrontare. Inizia, così, Panic.

Rientrano in questa categoria anche i vari film a sfondo escape room che si sono susseguiti nel tempo: Cube - Il cubo (1997) è uno di questi, diretto dal regista italiano Vincenzo Natali, la cui storia è ambientata in una struttura fatta di stanze cubiche che presentano insidie mortali. I sei malcapitati, ignari di tutto, saranno costretti a decifrare gli astrusi segnali e indizi che il gioco demoniaco propone, se intendono salvarsi. Di Cube si sono realizzati sia un sequel che un prequel molto meno acclamati.
Cube - Il cubo dà il là ad altre pellicole, in cui sono presenti coppie di fidanzati o perfetti sconosciuti che si ritrovano a dover fuggire da una stanza, una casa, una struttura intrisa di trappole, torture e tranelli. In merito c’è appunto proprio il film Escape Room (2019) diretto da Adam Robitel in cui sei sconosciuti, proprio come successo nel lungometraggio di Natali, “presto capiranno di essere delle pedine di un gioco sadico di morte”, si legge nella trama. Del film esiste anche un sequel, Escape Room 2: Gioco mortale, che ha ritardato l’uscita causa pandemia da Covid-19. I cineasti, quindi, hanno dato una sufficiente prova che per incutere suspance e terrore allo spettatore non occorre uno schema fisso, chiuso. Ma può diventare un thriller una storia apparentemente innocua, con lo psicopatico manipolatore che sposta le pedine e fa soffrire le vittime a suo piacimento, anche senza mai comparire davanti alla cinepresa.





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