La teoria dell'asticella

Un confronto tra il Napoli di Mazzarri e la gestione di Benitez

    di Roberto Bratti

Ve la ricordate l’ asticella di Mazzarri? Quel concetto secondo cui ogni anno bisogna fare meglio del precedente? E’ Il motivo principale che ha convinto il tecnico toscano a cambiare aria. Secondo la teoria dell’asticella, il Napoli, arrivato alle spalle della Juve lo scorso campionato, quest’anno avrebbe dovuto vincere lo scudetto. Walter Mazzarri, buon allenatore ma uomo facile alla lacrima e al lamento, per avvalorare la sua teoria ha deciso di andare via.  All’Inter, finita nona. Ogni posizione dall’ottava a salire sarebbe stata buona, seconda la teoria dell’asticella.

Non vi tedierò parlandovi di Walter Mazzarri. Gli auguro di poter piangere per ancora tanti anni sulle panchine di serie A. Mi preme invece insistere sulla teoria dell’asticella. Questo concetto, non avvalorato da alcuna prova concreta, si è insediato prepotentemente nella testa di molti tifosi partenopei. Sono quegli stessi tifosi che considerano fallimentare l’attuale stagione del Napoli di Benitez. A nulla serve controbattere che gli attuali 61 punti costituiscono il miglior cammino mai realizzato in 88 anni di storia partenopea, superiore perfino agli anni in cui in campo c’era Lui. Non serve a niente ricordare i dodici punti in Champions League, le vittorie contro Arsenal e Borussia Dortmund, il gioco offensivo espresso, il cambio di mentalità, l’adozione di un nuovo modulo uguale a quello adottato dalle migliori compagini europee.

Inutile anche ricordare la sfortuna con cui si è usciti dall’Europa League e la finale di Coppa Italia ancora da giocare. Quella stessa Coppa Italia, vinta appena due anni fa e festeggiata come una Champions, che adesso non conta più niente per il tifoso annebbiato dalla teoria dell’asticella. E cosa dire degli  81 punti di una straordinaria Juventus? Una squadra in grado di vincere 26 delle 30 partite disputate,  che gioca insieme da tre anni, con lo stesso allenatore, lo stesso modulo e che si è rinforzata con il buon Llorente e l’ottimo Tevez? E di una Roma che viaggia a ritmi altissimi e che ha avuto la capacità di cambiare allenatore e interpreti? Una Roma avvantaggiata dal fatto di non giocare le coppe  e con giocatori (soprattutto a centrocampo) qualitativamente superiori al Napoli?

Ecco, il tifoso confuso dalla teoria dell’asticella, non si ferma a riflettere su questi dati. Pensa solo che Benitez è un allenatore di prestigio e fama internazionale e, visto il secondo posto dell’anno scorso, quest’anno si doveva vincere lo scudetto.

Si poteva fare meglio? Certamente. Si può fare sempre meglio.

Nonostante ottimi acquisti (Higuain, Albiol, Mertens, Callejon, Reina) il Napoli appariva già ad agosto una squadra incompleta. Aggiungiamoci una buona dose di sfortuna sulle fasce (il mistero Zuniga, gli infortuni di Mesto e Maggio) e un mercato di gennaio in cui si doveva fare sicuramente meglio, ed ecco che una più che buona stagione non diventa ottima.

Ma da più che buona a fallimentare ce ne passa! E allora, caro tifoso confuso dalla teoria dell’asticella, che adesso guardi con disprezzo a un terzo posto e ad una finale di Coppa Italia e che ti senti in diritto di vincere, vorrei ricordarti per un attimo per quale squadra hai deciso di fare il tifo.

Una squadra che in tutta la sua storia ha vinto solo quando ha avuto tra le sue fila il giocatore più forte di tutti i tempi, e l’ha pagata (per incapacità di gestione) con anni bui e tormentati nelle serie inferiori.

Una squadra karmicamente inadatta alla vittoria, che ci fa soffrire, imprecare, disperare, ma proprio per questo che amiamo più di qualsiasi tifoso possa amare qualsiasi altra squadra. Non dimenticare chi sei e da dove vieni, caro tifoso che adesso storci il naso di fronte ad un terzo posto. Ricordati che nel calcio moderno per vincere ci vuole competenza e progettualità.

Ci vuole calma. Ci vuole pazienza. E fiducia in un allenatore che sa bene come vincere.

Gli antichi dicevano che Roma non fu costruita in un giorno.

Figuriamoci Napoli.





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