Oasis, storia supersonica di un mito

Perche' la leggenda rock dei fratelli Liam e Noel Gallangher resiste al tempo

    di Mario Vittorio D'Aquino

“Noi facciamo rock ‘n’ roll parlando delle cose di ogni giorno e del niente; del sentirsi vivi e dell’avere un periodo positivo; del sentirsi felici con sé stessi ma anche dell’essere tristi. Insomma, raccontiamo di vita. Osserviamo quello che succede intorno a noi, lo scriviamo e infine diciamo: tutto quello di cui si ha bisogno è di sigarette e alcool”. Seduti a un tavolo, in un’intervista del 1994 avvenuta nella romantica Parigi, i due fratelli più famosi del rock, Liam e Noel Gallagher – stranamente – si trovano completamente d’accordo sulla filosofia della band inglese più in voga degli anni ’90, gli Oasis, capaci di impattare nel supersonico mondo musicale anglosassone, stracciando record su record. Undici album pubblicati per 70 milioni di dischi venduti fanno un prodotto dal risultato straordinario. Se a questo poi si aggiungono i 22 singoli consecutivi entrati nella top 10 inglese (un vero guinness) e che negli anni hanno raccolto 15 NME Awards, 6 Brit Awards, 9 Q Awards e 4 MTV Europe Music Awards, significa che stiamo parlando di un gruppo entrato nel Pantheon delle leggende.

Ma questo successo planetario arriva da molto lontano, precisamente dalla umida e lavoratrice Manchester che puzza di industrie e di whiskey. Una city sporca ma tentatrice, pericolosa ma immensamente british. Un’infanzia travagliata accomuna i fratelli Gallagher, cresciuti in una famiglia di immigrati irlandesi, con un padre alcolizzato e violento. Il loro tifo per il City, al tempo in cui lo United era padrone del mondo a livello calcistico, rappresenta una testimonianza chiara, una scelta di vita di chi preferisce conquistare la salvezza di un riscatto riuscito con sudore e fatica rispetto alla gloria eterna del successo, che comunque non tarderà ad arrivare.

Se i Beatles sono stati i fondatori di tutta una “wave”, “nonni” dell’incredibile filone della britpop ovvero il genere pop, nelle sue molteplici sfumature, proveniente dal Regno Unito, allora la “stirpe” è stata ben conservata dagli Oasis, “padri” di molti gruppi che vanno oggi fortissimi, tra tutti Coldplay e Arctic Monkeys. Con le loro riff famosissime, come quella di “Wonderwall”, la sigla evergreen dei falò di Ferragosto, e i loro ritornelli caratterizzati da una ritmicità e ripetitività quasi da tormentone, gli Oasis hanno completamente stravolto “quell’equilibrio sopra la follia” come canta Vasco Rossi in “Sally” che, non a caso, è la protagonista di un motivo di un’altra canzone storica dei Gallagher “Don’t look back in anger”. Le influenze più marcate sono ovviamente quelle con la band di Liverpool, sfidando talvolta il filo sottile tra l’omaggio e il copy vero e proprio. Non solo agli “scarafaggi” più famosi del globo ma la band si è ispirata anche ai Who e ai Sex Pistols, specialmente nel loro primo lavoro Definitely Maybe. A seguire di altissimo profilo furono gli album (What’s the story) Morning glory? - che consacrò i Gallagher come il top dell’indie-rock, il rock indipendente, anche a discapito dei rivali artistici Blur che minacciavano la loro supremazia sui migliori palcoscenici – e Be Here Now la cui copertina è entrata negli annali della musica in cui la band si faceva raffigurare vicino una piscina in cui era immersa una Cadillac. Nell'agosto del 1996 tennero a Knebworth Park uno dei più grandi concerti all'aperto mai realizzati in Inghilterra. L'evento fu seguito complessivamente da 250mila spettatori (i biglietti andarono esauriti in 2 giorni), con una richiesta di tagliandi superiore a 2,6 milioni di persone, pari al 5% della popolazione britannica di allora.

I Gallagher non hanno fatto parlare di sé solo per le iconiche melodie ma anche per un rapporto odi et amo a dir poco esplosivo. Non di rado, in preda all’alcool e alla droga, erano protagonisti di alterchi furibondi seguiti da minacce di fuoriuscita dalla band. Uno scenario da tutti sempre mal digerito ma che tristemente si è fatto realtà nel 2009 in cui venne annullato un concerto, previsto proprio a Parigi, dopo l’ennesima violenta litigata tra i due. Noel, il chitarrista, compositore e seconda voce del gruppo, decide di abbandonare definitivamente tra lo sconcerto dei fan.

Ad oggi Liam ha proseguito la sua strada da rocker mutando di tanto in tanto lo stile musicale e l’opinione sul fratello, prontamente comunicata a colpi di tweet. Di gran successo è stato il suo Knebworth 2.0 a 26 anni dalla prima volta lanciando il suo nuovo album C’Mon You Know. Noel, invece, ha fondato la band “High flying birds” intraprendendo una nuova filosofia di musica ma perdendosi sempre più in un intellettualismo artistico che ha fatto sbiadire quell’aura da star ribelle, frizzantina e irriverente che caratterizzava il gruppo britannico.

Gli Oasis da quel maledetto 28 agosto di tredici anni fa non esistono più ma il loro lascito è e sarà eterno. Non solo per l’epilogo del rapporto dei due fratelli, per i brani immortali come “Stand by me”, “Don’t go away”, “Champagne Supernova”, “Slide away”, “Some might say”, “Supersonic”, “Whatever” ma anche perché fanno parte di quella generazione che è immediatamente antecedente alla digitalizzazione e all’internet, in cui il live valeva più di un’uscita di un singolo su Youtube o Spotify. Un tempo in cui si correva a comprare i dischi per riprodurli negli stereo e cantare come e con i propri idoli. Un momento ormai completamente andato ma segnato per sempre con la loro firma.





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