Le farfalle di Anacapri

Nei versi della poetessa Anna Maria Vico Gatta, riflessioni su stelle, mare, fiori

    di Maria Regina De Luca

E’ con questo alato titolo che ci accomiatiamo dalla nostra piccola panoramica sull’Anacapri dell’agosto 2015. Dopo aver assistito a una serie di presentazioni di libri o di cosiddetti eventi dove i relatori palesemente ignoravano il contenuto di quanto andavano presentando o si limitavano a interloquire tra loro senza degnare il pubblico nemmeno di uno sguardo, l’invito alla lettura del libro della poetessa Anna Maria Vivo Gatta è stato come un colpo di vento nella soffocante afa estiva. Anacaprese di seconda generazione della dinastia dei Cuomo che, come quelle dei Cerio, dei Patrizi, dei Weber e di molte altre famiglie naturalizzatesi anacapresi, venne impiantata sull’isola da un visitatore  divenuto isolano per vie di affinità elettive, Anna Maria ha sempre coltivato, accanto alla sua attività di docente, la profonda vena poetica lungo la quale scorre il suo rapporto col mondo e con la vita.

In questa Farfalle isolane, dietro l’apparente leggerezza dei versi, è tutto un mondo che l’autrice chiama a raccolta e, osservandone le componenti, ne narra con la cura di chi si ponga dinanzi un compito di difficile soluzione. Perché, dietro l’apparente vagare dello sguardo sugli inconsueti miracoli che un giardino, un pezzo di cielo e un’onda di mare compiono quotidianamente, c’è la ricerca degli infiniti significati che si palesano solo a chi sappia cercarli ben oltre quelli limitanti del nostro distratto interloquire con quanto ci circonda. La scrittura scorrevole serba, per chi sappia leggervi a fondo, l’intento dell’autrice di rappresentare il mondo, dalla natura agli atteggiamenti umani e perfino ai pensieri, mediante un’osservazione approfondita in ogni particolare, come attraverso un telescopio. Riflessioni su stelle, mare, fiori e farfalle, altrettanti scatti d’autore, ci richiamano alla mente le intriganti ricerche di Palomar, l’uomo-osservatorio che nello splendido libro di Italo Calvino legge l’universo meditando su infiniti interrogativi in attesa d’ improbabili risposte. Le farfalle con la loro forza che il sole non riesce a vincere e le robuste braccia degli alberi contro il cielo rosato della sera che proteggono quanto vive alla loro ombra sono per l’uomo esempi di voglia di durare e di vivere. Così gli affetti familiari risalgono fino ai vertici del pino centenario di villa Cuomo piantato dal nonno, scienziato, medico e studioso del cielo e dei suoi misteri. Sulla sua pelle, Anna Maria avverte insieme il freddo umido dell’inverno isolano e il suo fascino e chiede alla modernità una pausa per immergersi nell’’anacapresità’, stato d’animo ineludibile per chi abbia respirato dalla nascita il profumo delle ginestre sulle colline, del mare blu di una grotta da favola, dei petali rovesciati dalle guantiere su Sant’Antonio durante la processione del giorno onomastico del patrono. Dalla meditazione su un paesaggio da giardino dell’Eden, la ricerca dell’autrice si sposta sull’ infinita via del dolore, sulle strade del mondo lungo le quali ogni porta è segnata da una croce ‘da noi misconosciuta’. Il suo armonioso scambio con la bellezza non le evita di sentire, come un dolore non meno acuto, la solitudine, quella della nascita e della morte, quella delle battaglie perdute di ogni vita. E’ nell’analisi profonda e appassionata sul Sole che il lirismo dell’autrice tocca le sue vette più alte. Nell’aurea sezione: ‘Diario del Sole’, Anna Maria Vivo dipinge con tocco deciso e senza sbavature né artifici cromatici il ciclo solare dalla nascita al tramonto e la luce, la luce benedetta che l’astro diffonde a piene mani sul mondo. La tavolozza del cielo si arricchisce di tutte le sfumature dell’arcobaleno, diventa  burlescamente ‘arlecchino’, ma il rosa, l’ocra pallida e dorata, il giallo, l’arancio la  vincono sulle nuvole illuse, ben presto messe in fuga dai raggi. Il sole al tramonto suggerisce all’autrice non idee di tristezza, ma di speranza. Che al crepuscolo il canto delle cicale si affievolisca, ma prosegua come il canto di ogni vita al suo tramonto è la struggente speranza dell’autrice e così i raggi ormai orizzontali sul mare (e qui torna ancora uno dei racconti di Calvino: ‘La spada del sole’), è quanto l’autrice augura a noi e a se stessa. Per chi, come Anna Maria, è propensa a ottimistiche allegorie, ci sembra di poter affermare che stia vivendo uno di quei tramonti lunghissimi e dorati quasi come un’aurora, ancora ricchi di riverberi e di raggi, ancora in grado di diffondere intorno calore e luce. Non a caso, il nipote Alessandro l’ha aiutata nel lavoro informatico e la pronipotina Alessia, appena dodicenne, le ha disegnato la magica copertina del libro dove, su cespugli rigogliosi e sullo sfondo di un antico maniero, volano in primo piano le farfalle candide, più lievi men lievi, ma vivide e ariose come le memorie e le speranze dell’autrice.  





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