LIBRI Libreria bella estate

Lâ??esordio letterario dI Sergio Califano finalista al premio Rea

    di Sara Giuseppina D'Ambrosio

È con una citazione di Cesare Pavese che s’inizia la lettura di Libreria bella estate, prima prova letteraria per il giornalista napoletano Sergio Califano. Il romanzo, presentato alla libreria Loffredo il 10 luglio scorso, è fra i cinque finalisti per il premio Domenico Rea nella sezione narrativa. Un risultato che dimostra il valore dell’opera prima di un uomo che lavora con le parole e ne conosce le grandi possibilità.

La storia è un viaggio nei battiti di transizione di un ragazzo, Marcello, e dei suoi coetanei, dalla spensierata e libera gioventù verso l’esistenza matura. Califano si sofferma su quelle scelte, decisioni e coincidenze che appaiono prive di sostanziale peso ed importanza nel mentre del loro essere, ma che, invece, incidono in modo profondo sulla vita futura.

Tutto inizia su una piccola isola italiana, dove Marcello e i suoi 3 compagni hanno gestito un ristorante improvvisato, La bella estate, nel profondo di una grotta. La genuinità e l’amore del loro impegno ricorda sapori e sentimenti antichi, in cui il valore dell’uomo era rispettato accordando il tempo alla sua vita, e non il contrario. Ma è l’amore il vero protagonista della vicenda, divinità ai cui piedi Marcello si prostra senza alcuna remora. Giulia, Eleonora, Cecilia: nomi diversi sotto le cui spoglie l’amore sempre seduce e conduce questo giovane eroe della vita.

E se, ad un certo punto, si può credere di essere riusciti ad impossessarsi della chiave esatta di comprensione e sviluppo dell’intera vicenda, ecco che Califano, cogliendo il lettore più che mai di sorpresa, ne capovolge le aspettative anche, e soprattutto, nel finale. Questo, infatti, arriva inatteso, non solo dal punto di vista narrativo, ma anche stilistico, con una trovata degna dei più scaltri e navigati romanzieri.

Libreria bella estate è un inno alla gioventù, di chi, col passare degli anni, ne ha colto l’imprescindibile importanza e l’ha eretta a valore. Un’idea che si riflette anche nella scelta di affidare quest’approccio maturo alla letteratura ad una giovane casa editrice, la Iuppiter Edizioni. Effettivamente lo stesso autore ricorda, in un’intervista, che per un libro sono necessari «un folle che lo scrive» ed anche «un folle che lo pubblica». Questa follia, benaccetta, è, però, delle più razionali, visto lo stile piano e chiaro utilizzato dal narratore. Malgrado, infatti, i molti riferimenti letterari non c’è mai abbandono a virtuosismi verbali, la cui presenza potrebbe portare ad un’inutile frattura fra scrittore e lettore.

Califano confessa che in queste pagine si parla «essenzialmente di emozioni», una vera e propria «autoanalisi del passato» fatto di «milioni di volti» dei quali «pochi si concretizzano in ricordi pochissimi in rimpianti». Al termine della lettura vorremmo che l’autore avesse seguito tutte le numerose piste narrative aperte, vorremmo più delle 123 pagine, ma ci accontentiamo della malinconia dolce che dà tempo a ricordi e rimpianti, non più di Marcello, ma più direttamente nostri.





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