Sulla via dei Mille con mio padre

Il documentario di Marco Rossano per recuperare la memoria storica e personale

    di Liberato Russo

Un documentario road movie che racconta le contraddizioni del Sud d’Italia tra passato e presente, tra antiche e nuove speranze, alla riscoperta della propria difficile identità. Ma anche un viaggio nei ricordi familiari e nella fama di un padre "appassito". Verrà presentato in anteprima nazionale oggi, alle ore 20:30, al cinema Modernissimo di Napoli (via Cisterna dell'olio 49/59), il documentario "Sulla via dei Mille con mio padre", diretto da Marco Rossano, regista e sociologo visuale. Seguirà poi un dibattito con il pubblico insieme a Gigi Di Fiore, giornalista de Il Mattino, Gennaro De Crescenzo, presidente del Movimento Neoborbonico, Angelo Forgione, scrittore e blogger, Giovanni Villone, docente di Bioetica e Storia della Medicina dell’Università del Molise e Emilio Lupo, psichiatra. 

In "Sulla via dei Mille con mio padre", Rossano ripercorre l’itinerario compiuto da Giuseppe Garibaldi nel 1861, in un viaggio insieme al padre, lo psichiatra Fausto Rossano (nella foto), malato di Alzheimer, scomparso nel 2012, per recuperare memorie personali e collettive. È l’occasione per raccontare la storia personale e professionale di un uomo e di un medico, Fausto Rossano, già direttore del Dipartimento di Salute Mentale Asl Napoli 1 e ultimo direttore sanitario dell'ex Ospedale Psichiatrico Leonardo Bianchi di Napoli. Al tempo stesso, il viaggio tenta di approfondire gli avvenimenti che hanno portato alla costituzione di una nazione, l’Italia, che non si è mai veramente formata raccontando le sopraffazioni e le violenze commesse nel Sud dai piemontesi, in quella che fu una vera e propria conquista con le armi. Racconti personali e storici si mescolano, per dare forma all’identità di un individuo e di un popolo, articolata su due livelli, uno generale e collettivo, l’altro familiare e personale. Il viaggio del padre e del figlio, diventa così, l’occasione per raccontare parte della propria storia familiare, dell’importante opera di dismissione del Bianchi e del lavoro di un medico.

Il progetto nasce nel 2011 in occasione dei 150 anni dell’Unità d’Italia. L’Italia è un paese socialmente, economicamente e culturalmente diviso e frammentato, che non si è mai sentito veramente unito e in cui il Sud non riesce a colmare il divario con la parte settentrionale del paese. Ma è sempre stato così? Antonio Gramsci affermava che l’unità avvenne non su una base di uguaglianza, ma come egemonia del Nord che si arricchiva a spese del Mezzogiorno e il cui incremento economico-industriale era in rapporto diretto con l'impoverimento meridionale. Una disuguaglianza che durante 154 anni è cresciuta a dismisura, relegando la città di Napoli, per secoli considerata una delle più importanti capitali d’Europa, a un ruolo marginale. Attraverso interviste e incontri con giornalisti, storici, scrittori, attivisti riscopriamo la forza industriale del Regno delle Due Sicilie che si esprimeva con realtà come l’opificio di Pietrarsa, dove vennero costruite le prime locomotive d’Italia e che dava lavoro a 1050 operai – contro i 450 dell’Ansaldo di Genova, in quegli stessi anni – e le acciaierie di Mongiana in Calabria che portavano sviluppo e ricchezza, in terre oggi abbandonate. Da Napoli a Gaeta, da Pietrarsa a Pontelandolfo fino in Sicilia, l’itinerario si snoda attraverso luoghi in cui i “fratelli” piemontesi hanno perpertrato eccidi e violenze.

Il film diventa anche occasione per recuperare la memoria familiare e personale. Le immagini della casa di famiglia, dove il padre del regista è nato, una villa vesuviana in rovina e il resoconto degli avvenimenti che hanno portato al suo abbandono tra frammentazioni, litigi, mancati accordi, invidie e gelosie fino alle macerie dell’attualità, sono metafora di ciò che è successo al Sud. del rapporto padre/figlio e dell’eredità culturale e intellettuale di Fausto Rossano.

Il documentario inizia con la presentazione del volume Folia/Follia curato dal professore Giovanni Villone con il sostegno dello stesso Fausto Rossano. La testimonianza del lavoro di recupero dell’archivio del Leonardo Bianchi di Napoli durato oltre dieci anni, che ha pemesso di riscoprire documenti di oltre 150 anni fa e che permettono di ricostruire la vita delle persone rinchiuse nel manicomio napoletano e la loro graduale, inesorabile perdita di identità. Una metafora sulla necessità di recuperare la memoria collettiva. In questo senso la storia professionale di Fausto Rossano si sposa con gli avvenimenti narrati nel documentario.





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