Il gioco della luna e del sole

La regina del buio e la palla di luce e vita

    di Maria Regina De Luca

Pur ringraziando sorella Luna del suo gentile avvicinarsi a noi terrestri, va precisato che la sua fulgida luminosità le viene da un altro pianeta senza il quale la vita si spegnerebbe. E’ il pianeta della luce e del calore e la nostra città è il suo paese, come tutto il mondo sa e canta da quando, nel Duecento, insieme all’Università di Federico II nasce l’Inno al sole delle lavandaie del Vomero, sorto dal millenario culto di Mitra: Iesce Sole.

Parliamo quindi di Sole, primo strumento per misurare il tempo attraverso gli orologi solari dei quali parla la Bibbia e usati da Egizi e Caldei. Il modello più semplice, la Meridiana, serviva a indicare solo il mezzogiorno, ma il termine si estese poi a tutti gli orologi solari.

Nell’antica Roma le Meridiane erano in ogni piazza. Non davano mai l’ora sbagliata, dispensavano consigli morali, parlavano in prima persona, esortando a non sprecare il tempo. Spesso le scritte erano di poeti o di persone colte del paese.

Gli orologi idraulici dei romani e dei greci non erano conosciuti da noi nel medioevo e le clessidre misuravano solo il tempo trascorso. Si continuarono a usare perciò le Meridiane, scelte successivamente per solennizzare alcuni momenti storici. Il comandante  D’Albertis, dopo la vittoria del 1918, pose sulla torre del castello di Montegalletto a Genova  la Meridiana della pace:

con la seguente scritta:

 M.CM.XVIII. Gentius conflictus quinto et ultimo e, nel  centro: Hora Iustitiae, verso  la quale convergevano le punte delle aste delle bandiere dei popoli alleati, formando le linee orarie della meridiana con un’altra scritta.

VIRIBUS, UNITIS. Nel lato inferiore, il verso di Virgilio:

Novus ab integro saecolorum nascitur ordo: Un nuovo ordine di cose sorge nella pienezza dei tempi.

D’Albertis fece molte meridiane di guerra: per una caserma degli Alpini, in Val d’Aosta:

Di qui volate all’itala vittoria/ invitti figli delle balze alpine./ Io segno l’ora della vostra storia.

Non proprio profetiche, queste orgogliose scritte che s’immortalavano nelle splendide opere dell’ingegno umano. Passiamo a quelle più divertenti e addirittura ingenue come quelle che, in prima persona, vantavano la propria fedeltà alle ore del giorno:

Sulla meridiana di casa Sforza-Fogliani a Vicobarone:

Ben può sbagliar della campana il ferro/ ma quando splende il sole io non erro.

oppure la supponente:

Ombra fugace dalla luce uscita/ misuro al mondo il sole, all’uom la vita.

Nel Jardin des Plantes a Parigi

Horas non numero nisi serenas

Indico solo le ore serene

Meridiana del 1688 in una villa presso Forlì:

Qui tutto l’arte in suo trionfo adduce:/ il tempo, il moto, il sol, l’ombra, la luce..

Appartiene al Settecento questo esercizio di grammatica latina

Soli, soli, soli

Nel sole, col sole, per chi è solo

Ed ecco la più bella.

Sine sole sileo

Senza sole taccio, abbreviazione di:

Sole lucente loquor, sileo silente sole

Il cardinale Bembo fece fare un’ iscrizione satirica sulla meridiana  di un ignorante che aveva  tracciato senza le dovute competenze una meridiana su un muro della sua casa:

Nescitis diem, neque horam

Non sapete né il giorno né l’ora

La frase alludeva alla meridiana sbagliata, ma l’inesperto presuntuoso ne vide solo il monito morale.

Le clessidre recavano anch’esse scritte importanti: confrontando gli orologi ad acqua antichi con le clessidre a sabbia cadente, un poeta medievale scrisse questa finissima massima:

Tempus aqua Veteres, sed nos metimur arena; vestra fluunt, Veteres, tempora; nostra cadunt!

alludendo alle ore degli antichi che fluivano e a quelle attuali che cadono.

In Provincia di Parma, sul piedistallo di una meridiana a globo:

Qui tra ridenti petali/ mi  volle il mio signore/ perché segnassi agli ospiti/ liete e gioconde l’ore.

Casa contadina presso Belluno:

Se la campana suona e non si senta/ l’ora ti segno io della polenta.

Appartengono al genere popolare anche queste che seguono:

L’ora certa dei dì saper chi vuole/ venga da me quando risplende il sole

Chi mi guarda e non lavora/ molto presto va in malora.

Il tempo è come l’uso che ne fai/ fabbricator di gioie oppur di guai

.Al comparir del sol prendo respiro/ Al tramontar del sol finisco e spiro.

Passeggero, abbi pazienza/ senza il sole non do udienza.

Sfido il sol, sfido il gelo e la tempesta/ ma una nube del ciel, tosto m’arresta.

Queste iscrizioni popolari erano talmente insignificanti, rispetto alle antiche iscrizioni, che ogni tanto qualcuno provvedeva a criticarle:

Nei dintorni di Arezzo:

Molti t’hanno elogiata con un verso/ per te, per loro rimpiango il tempo perso!.

Sul muro di una villa a Strona (Novara):

Oriòr oriente sole/ sole cadente cado

Sorgo col sole sorgente, cado col sole cadente.

Sulla Torre del Faro di Liverpool:

Time and tide wait for no men

Il tempo e la marea non aspettano nessuno.

Collegio di Béthune in Francia

Tarda fluit pigris, velox operantibus hora

L’ora scorre lenta per gli oziosi, rapida per chi  lavora.

Eccone altre, di varia importanza:

O leggi, o prega, o con fervor lavora/ ti fia lieve il lavoro e breve l’ora.

Vulnerant omnes, ultima necat

Tutte le ore feriscono, l’ultima uccide

Questa scritta fu parafrasata da Victor Hugo per l’orologio pubblico di Guernesey:

Toutes laissent leur trace au corps comme à l’esprit/ tuotes blèssent, helas, la dernière guèrit

Alcune scritte sono dichiarazioni in prima persona dalle meridiane:

Vivo nella luce, muoio nell’ombra

Norma a me vien dal sole, a te dall’ombra

Son pur figlia del sol sebben son’ombra

Di Lamartine:

L’ombre seule  marque èn silence/ sur le cadran .les pas muets du tèmps

In una delle regioni più intellettuali della Francia, il Nivernese, sul palazzo dei duchi di Nevers:

Ce cadràn a eté fait  Nevers

Su una meridiana di una casa campestre trra Brà e Cuneo:

Inaequalia aequat

Eguaglia le cose diseguali

Esortazione ai futuri sacerdoti di un convento a Sarzana:

Di luce è mia parola/ se affanna e se consola/ parlo del savio al core/ seguendo il vol dell’ore

Un’iscrizione di Arrigo Boito:

Ecco la vita, l’ebete/ vita che c’innamora. Lenta che pare un secolo/ breve che pare un’ora.

Torna, tornando il sol, l’ombra smarrita/ ma non ritorna più l’età fuggita!

Passa l’ombra e ripassa/ ma senza ripassar l’uomo trapassa!

Sulla via che va da Pietrasanta a Ponte Rosso, in Versilia:

Sol chi ben coltiva l’ore/ lieto vive e in pace muore

O leggi o prega e con fervor lavora/ ti fia lieve il lavoro e breve l’ora

Sull’albergo del Monte Bianco a Courmayeur
Bianco gigante, non celarmi il sole/ se al corso della Dora tu dai linfa/ a quello della vita io dò parole

Ce ne sarebbero ancora e bellissime, scritte decorate su affreschi policromi molti dei quali, specialmente all’estero, vengono curati come opere d’arte. Segnavano il Tempo di altri tempi, nei quali veniva considerato un bene prezioso, da non sprecare e, soprattutto, da vivere secondo principi morali che le scritte esponevano ingenuamente, come mementi di vita. Ci viene da chiederci che cosa scriverebbe su una Meridiana una delle municipalità dei nostri giorni…





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