Desideri all'alba di un nuovo anno
I fuochi del 1 gennaio e il Paradiso perduto
di Maria Regina De Luca
Eppure dovrebbe dovrebbe germinare dalle coscienze di quanti vivono questi anni e questi tempi il rigetto non solo della prassi, ma della stessa idea che un evento gioioso possa festeggiarsi, oggi, con gli stessi mezzi che un tempo, con gioiosi guizzi lucenti e scoppi di tric-trac, andavano a consonarsi con l’evento, consacrandone la gioiosità. Ma allora il mondo era mondo e l’uomo era uomo. Ed è inutile far buonismo ideologico su tale ineccepibile realtà. Nell’inferno del nostro scontento, un insieme di interessi del tutto ‘particulari’ decide di ogni iniziativa politica in qualsiasi Paese, e sotto qualsiasi bandiera. Sono interessi vari e diversi, dalla sete dell’oro a quella del potere, dal puro istinto di distruzione a quello di continuare a vendere ideologie rinnegate e smentite dai loro stessi ideatori, oltre che dalla realtà quotidiana che ne porta gli effetti come ferite. Fermiamoci a esaminarli, con solo apparente deviazione dal nostro tema.
Sono desideri da appagare a tutti i costi e con qualsiasi mezzo, dallo scambio alla sopraffazione o alla ‘persuasività’ un tempo chiamata tortura, poi abolita e oggi praticata su vasta scala da chiunque abbia il potere di farlo, purchè porti l’egida di un ente pubblico e politico che, impunemente, soddisfa sui più deboli il proprio istinto di sopraffazione. L’effetto assume diversi nomi: si può chiamare attesa di anni per ottenere una licenza che metta l’uomo di buona volontà in grado di vivere, assenza di concorsi, tagli casuali con conseguente emorragia di occupazione, imposta assassina su case prive di reddito, su lavoratori privi di salario, su pensionati alla fame. Questo disomogeneo miscuglio di azioni e di idee prive di qualsiasi coerenza logica e morale ha invaso come una muffa, o come un ciclone, a seconda delle latitudine, i diversi continenti di un sistema geografico, sociale, politico, amministrativo, culturale per brevità chiamato mondo… e ha privato i tric-trac della loro valenza festosa. Perché questi desideri si appagano con gli strumenti che mercanti di morte vendono con lauti profitti e con la benedizione degli Stati di appartenenza. Essi disseminano scoppi e fuochi e invadono piazze e strade e colpiscono a caso, esattamente come quelli che solo un popolo dissennato e un’amministrazione assente possono usare (e concedere con solito silenzio-assenso) per festeggiare l’anno che avanza a rapidi passi. Che un organo di stampa lanci una campagna che, con consigli appropriati e precisi, tende ad evitare che stragi domestiche e cittadine si aggiungano a quelle che dilaniano parte dell’umanità è encomiabile, ma è la scelta perversa di un comportamento rivolto a soddisfare un desiderio malato che andrebbe contestata.
Accanto alla lista dei consigli rivolti a evitare troppi danni, a preservare i bambini dall’incoscienza degli adulti, a spiegare le insidie nascoste anche nel più semplice dei botti o fuochi di capodanno, ci sentiamo di esprimere un giudizio su quanti, potendo ancora festeggiare in apparente e precaria normalità l’inizio di un anno migliore, usi gli stessi mezzi – perché le componenti di base e gli effetti non sono poi così diversi – che stanno maciullando i propri simili in luoghi vicini e sfortunati, in città che fanno parte del nostro patrimonio culturale, senza pensare che chi colpisce è pronto dietro l’angolo a palesarsi col suo messaggio di morte e di follia. Quest’anno, accontentiamoci di accendere un lumino a San Gennaro, che non ha fatto il suo ultimo miracolo, e chiediamogli di fermare i fuochi della distruzione, come faceva il nostro popolo durante le eruzioni del Vesuvio. Chiediamogli anche di fermare quanto sta rendendo l’uomo ‘altro’ da sé, e il mondo ‘altro’ da quello che, attraverso ere e epoche storiche e geologiche, stava cercando faticosamente di imitare, talvolta riuscendovi in parte, quello perduto, il nostro giardino dell’Eden del quale portiamo, senza saperlo, l’inappagabile nostalgia.