Gentilissimi e ignoti signori del dopoguerra, non conoscendo ancora né i vostri nomi né le vostre referenze, vi scrivo dopo venti giorni di giusta detenzione domestica, responsabilmente consumati nel carcere Napoli, padiglione Chiaia, quinto piano, cella 19, con un occhio vigile sull’anima spaesata e un altro alla finestra tra un toppa di cielo che cambia colore e altre finestre scucite dalla nostalgia...