La parola al San Carlo
Polemiche per lo spettacolo Maradona Live: sentiamo cosa ne pensa il Teatro in persona
di Luigi Lamberti
L'intervista che siamo riusciti a strappare farà scalpore. Risponde alle domande nientemeno che il Teatro San Carlo. Tempio del dramma napoletano, palcoscenico d'alte opere.
Buongiorno, illustrissimo Teatro.
«Giuvino' buongiorno, ma chiamatemi Carlo».
Ma come illustrissimo Teatro San Carlo, uno come lei che parla dialetto napoletano?
«E che volete giuvino', la sera del 16 gennaio si è sentito parlare solo così, erano anni ormai che mi ero abituato a parlare con la "evve" moscia, chi lo avrebbe mai detto che sarebbe stato un argentino a ricordarmi le mie origini... Comunque vi ho già detto chiammat'm Carlo».
Signor Carlo, di sicuro avrà sentito le polemiche che ci sono state negli ultimi giorni sulla sua profanazione per uno spettacolo da molti considerato non degno di calcare un palco così importante, e soprattutto di un pubblico non all'altezza, mettendo a serio rischio la sua salute...
«Ho sentito molte chiacchiere. Vede, noi teatri quando non abbiamo spettacoli amiamo ascoltare le chiacchiere in strada perché, si ricordi giuvino', questa è la vera arte. Non conoscevo personalmente il signore che il 16 gennaio ha fatto piangere tante persone, ma sono anni che sento parlare di lui da un mio lontano cugino, molto più grande di me, ma molto più giovane, che si chiama Paolo ed abita a Fuorigrotta, anche lui con il vezzo di farsi chiamare San come me... Per quanto riguarda il pericolo che avrei dovuto correre io, le posso assicurare che le emozioni che ho provato quel giorno sono irripetibili, erano anni che non assistevo a una sinergia così forte tra artista e spettatore (e si fidi ne ho ospitati tanti di spettacoli)... In questi anni ho visto spettatori addormentarsi, molti altri guardarsi intorno per riconoscere qualche maestranza, o altri ancora, addirittura, guardarsi attorno per farsi riconoscere dagli altri presenti. In quella serata non c'è stato nulla di tutto questo. Al contrario il pubblico, vivo e partecipativo, non ha staccato gli occhi dal palco, con un entusiasmo che avevo quasi dimenticato.
Qual era l'altra domanda? Ah sì, la qualità del pubblico... Deve sapere che quando sono stato inaugurato, 280 anni fa - come passa il tempo! - ero chiamato anche "Teatro del popolo". Quindi le dico, in tutta onestà, che per me è stato un ritorno alle origini e le posso assicurare che questa serata non la dimenticherò mai».
Ma come... Il serio pericolo per la sua bella struttura.
«Non si preoccupi, sto benissimo, quella sera mi sono sentito vivo e le ripeto, il signore meritava, il signore ha avuto una vita da opera teatrale... Ieri sono tutti impazziti per lui, pensi che il mio vicino di casa Augusteo mi ha raccontato che gli applausi erano talmente forti che li sentiva anche dentro di lui. E noi teatri viviamo per gli applausi».
Mi fa piacere sentirglielo dire, eravamo tutti preoccupatissimi.
«Giuvino' giuvino'... L'entusiasmo e la magia non hanno mai ucciso nessuno. Io, poi, vivo di queste cose, sono un vostro simbolo e quindi devo rappresentarvi tutti e poi, le devo confessare, la "evve" moscia non mi piace tanto... E ora mi scusi, ma vado a dormire, perché è vero che sono stato bene ma che fatica... Ciao giuvino'».
Buonanotte Carlo.