Proteo, l'oracolo sfuggente e cangiante

Nuovo appuntamento con la rubrica «La persistenza del mito»

    di Sveva Della Volpe Mirabelli

È l'ora della canicola. Il momento in cui il languore della natura chiama al riposo. Un dio dorme, sdraiato all'ombra delle rocce. Il suo nome è Proteo, vecchio genio dei mari, dei fiumi e delle distese d'acqua. Figlio di Poseidone e abitante degli abissi. Secondo altri figlio di Oceano e servo di Poseidone. Il calmo meriggiare è interrotto solo dallo sciabordio delle onde e dal libero pascolare di un gruppo di foche, che il dio ha il compito di sorvegliare. Solitamente verso mezzogiorno Proteo emerge dalle profondità marine per badare agli armenti affidatigli dall'Enosigeo. Ma il sole è rovente, c'è bisogno di riparo. Una grotta, sull'isola di Faro, non lontana dal delta del Nilo, diventa il luogo eletto, dove trovare ombra e riposo. Qui e in questo istante solo, quello dell'abbandono, si può realizzare nel mito il gesto del greifen, dell'afferrare. Perché afferrare, immobilizzare il dio è l'unica condizione possibile per interrogarlo. 

Il nume ha il dono del vaticinio e la capacità di mutar forma in qualsiasi elemento o animale gli piaccia. Ed è questa facoltà metamorfica che egli sfrutta nel tentativo di sottrarsi all'invisa incombenza di svelare il destino a chi desideri interpellarlo. Nel Libro IV dell'Odissea è Menelao a voler incontrarlo per conoscere il futuro sul suo rientro in patria. Eidotea, allora, suggerisce al re di Sparta e ai suoi compagni di attendere, nascosti tra le foche, l'ora del sonno meridiano del nume, per ghermirlo. Le istruzioni della ninfa sono chiare:

"E lui, che molto si dibatte, e tenta

Guizzarvi delle man, fermo tenete.

Ei d’ogni belva, che la terra pasce,

Vestirà le sembianze, e in acqua, e in foco

Si cangerà di portentoso ardore;

E voi gli fate delle braccia nodi

Sempre più indissolubili e tenaci".

Così accade. Menelao vede il dio trasformarsi in "chiomato leone, e poi serpente e pantera e immane cinghiale; liquida acqua si fece poi, albero d'alto fogliame". Stremato, il Vecchio si arrende alla forza e alla costanza del greco, riassumendo le sue sembianze reali. L'oracolo pronuncia infine con schiettezza ogni verità sulla sorte che avrebbe accompagnato Menelao.

Proteo è la materia primordiale, è divinità primigenia secondo alcune cosmogonie, come attesterebbe l'etimo stesso del suo nome. Contiene tutte le forme, è in potenza tutte le forme. Afferrarle significa riunificarle, determinarle e scoprire una verità. E questo non può avvenire che disturbando il sonno nella grotta, quando fuori il sole inonda di luce ogni cosa.





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