I tragici amori e le vendette del dio Sole

Nuova puntata della rubrica «La persistenza del mito»: le storie di Leucotoe e Clizia

    di Sveva Della Volpe Mirabelli

Climene, Rodo, la bellissima madre di Circe nell'isola di Eea e la ninfa Clizia, i caldi amori del Sole: tutti impallidiscono di fronte alla passione per la vergine Leucòtoe. La mortale figlia di Eurinome ed Orcamo, re degli Achemenidi, scatena nel dio un desiderio che si rivelerà fatale.
 Ma qual è il retroscena di questo sventurato innamoramento? 

È Venere ad accendere la scintilla. Il dio della luce astrale, il dio che sa tutto per primo, scopre l'adulterio della Cipride con Marte e, preso da indignazione, ne informa Vulcano. Il Signore di Lemno immediatamente tende una trappola agli amanti: i due vengono colti nell'atto dell'amplesso ed esposti allo scherno degli dei. La smania di vendetta per la delazione è implacabile. Venere esige una pari umiliazione. Il dio, che brucia dovunque la terra col suo fuoco, da amore sarà bruciato. Sole si invaghisce perdutamente di Leucòtoe e, prendendo le sembianze della madre, si introduce nel suo talamo per sedurla. Clizia, ormai abbandonata, si infiamma di gelosia. Non esita a riferire dell'incontro a Orcamo. L'ira paterna è tale che, per punizione, la fanciulla viene sepolta viva. Invano il figlio di Iperione tenta con i suoi raggi di perforare il tumulo di macigni e aprire una via di salvezza. Visto sconfitto ogni suo sforzo dal fato, Sole cosparge il terreno di sepoltura di un'essenza profumata: "E improvvisamente il corpo impregnato di quel nettare divino/si sciolse e del proprio aroma intrise la terra;/a poco a poco allora un virgulto d'incenso, allungando nel suolo/le radici, si erse e ruppe il tumulo con la cima". "Almeno salirai al cielo", mormora l'inconsolabile amante tra i lamenti.

Il complesso di sciagure non si arresta. Clizia, ripudiata dal dio, viene travolta dalla follia della sua passione. Smette di nutrirsi e, dissetata solo dal suo stesso pianto, non fa null'altro che seguire costantemente con lo sguardo il carro del Sole nel cielo. L'infelice ninfa si consuma a tal punto che il corpo piantato a terra mette radici, l'incarnato si stinge e il volto si ricopre dei petali di un fiore simile alla viola. Ma "sempre si volge/lei verso il suo Sole e pur così mutata gli serba amore".

L'eliotropio e successivamente il girasole diventano, a partire dal mito narrato da Ovidio, simbolo di dedizione assoluta, di costanza e fedeltà. In Montale, l'amore ostinato del poeta de Le Metamorfosi si fa forza e preghiera di salvezza:

Guarda ancora

in alto, Clizia, è la tua sorte, tu

che il non mutato amor mutata serbi

fino a che il cieco sole in te porti

si abbacini nell’Altro e si distrugga

in Lui, per tutti.





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