Che teatro a San Giorgio

Tra le proposte culturali, la rassegna Drago d'oro di Salvatore Gramaglia

    di Maria Regina De Luca

Da Venezia a San Giorgio a Cremano, paese della provincia di Napoli, il passo è più breve di quanto non appaia a prima vista. Perché, nel salutare l’estate, la piccola cittadina vesuviana apre la sua bottiglia di Champagne e ne diffonde le stuzzicanti bollicine con generosa lungimiranza, tenendo fede ad una lunga tradizione di cultura che la sua storia le ha consentito di far durare.

Il suo calendario di spettacoli non pesca solo nel passato, pur illustre, della tradizione di Napoli, alla quale attinge con accorta criticità, ma propone rassegne di classici quali Condannato a morte, di V. Hugo, si avvale di patrocini del Giffoni Film Festival e dell’Amnesty International, organizza Galà di premiazione della rassegna di cortometraggi, poesie e cabaret sotto l’egida dell’Accademia nazionale teatrale diretta da Mariano Rigillo, spazia tra la commemorazione di Mario Scarpetta e le serate su E. A. Mario e Raffaele Viviani, presenta anteprime di Bruno Garofalo.

Un cartellone per ogni gusto e per ogni esigenza, allestito da una delle più importanti istituzioni culturali della città: il Circolomassimo, intitolato all’unico possibile erede dei grandissimi comici del passato: Massimo Troisi.

Tra le rassegne, il Drago d’oro della quale è direttore artistico Salvatore Gramaglia, che sente sulla sua pelle il bisogno di valorizzare l’elemento portante del futuro della sua cittadina: la cultura. E’ lui che organizza serate e convegni, dedica una costante attenzione a che niente turbi o interrompa l’accurato susseguirsi degli eventi che scandiscono il calendario di San Giorgio intensificandosi in estate e in buona parte dell’autunno con spettacoli teatrali e performance di musica, poesia e letteratura alternati con oculata continuità. Nello spettacolo sul poeta, musicista e scrittore E. A. Mario, ricordato in questo centenario della Grande Guerra in tutta Italia, i Fatebenefratelli, anch’essi attivamente partecipi del Circolomassimo, hanno commemorato il grande artista che, con la sua Leggenda del Piave, venne definito ‘l’altro napoletano che, con Diaz, fece vincere la guerra’. Tramato di una comicità tenuta a freno da sagace leggerezza e da opportuni interventi metateatrali, i due fratelli hanno fatto un’accurata scelta delle canzoni, altrettante tappe nella vita del musicista e della storia d’Italia.

Il teatro all’aperto di Villa Bruno ha sede nello spazio dedicato a Franco Autiero, collaboratore di Annibale Ruccello, di Bertolucci, di Regina Bianchi, di Renato Carpentieri, anch’egli presente nella rassegna 2015. Quando sulle strutture settecentesche che ne delimitano il palcoscenico spunta la luna, non si ha niente da invidiare al altri spazi culturali che possono reclamizzare meglio le loro merci. Ma qui, da noi, nel nostro Sud, insieme alla cultura dell’autoreferenzialità manca anche quella della consapevolezza di sé e della propria storia.

Nella nostra esperienza a San Giorgio dopo le diverse tappe cosiddette culturali ci è sembrato di calarci in una realtà diversa dove, senza supponenza e con pochissimi appoggi, l’impegno intellettuale, professionale e fisico di persone come Salvatore Gramaglia è riuscito a dare consistenti frutti e a dilatare la visibilità di una realtà territoriale e paesaggistica unica al mondo. Perchè la storia di San Giorgio, antichissima, appartiene a quel territorio vesuviano più volte invaso dalla lava del Vesuvio e alla storia di un regno che visse tempi di grande splendore.

Geograficamente separato da Napoli dal Sebeto, il fiume divinizzato della Napoli greca, San Giorgio prese  forma sotto il Ducato e solo nel 993 vi venne eretta la cappella votiva a San Giorgio, il Santo guerriero contro le forze avverse della natura. Alla fine del secolo XI viene costruita sulla cappella una chiesa e intorno si forma via via il primo nucleo abitativo che si svilupperà verso il mare. L’eruzione del 1631 spopola il paese che solo nel 1670 ricomincia lentamente a riprendere vita. Conoscerà lo sviluppo sotto i Borbone e con Carlo III, che edifica a Portici la sua splendida reggia, riceverà lo slancio che rende tutto il Miglio d’Oro un tesoro di un’architettura e di paesaggio inimitabili. Con l’Unità torna il degrado, ma le famiglie aristocratiche continuano a tenere aperte le loro ville, sostenendo la fama del luogo di villeggiatura e l’economia locale, ma siamo ormai alla fine della splendida vita d’arte e di storia del Miglio d’Oro e delle sue dimore in una delle quali, Villa Marulli, oggi del tutto cadente, visse a lungo Luca Giordano.

Sono 32 le ville vesuviane che hanno sede in San Giorgio, da villa Caracciolo di Fiorino a villa Pignatelli di Montecalvo a villa Vannucchi e a villa Bruno. Risalgono a Ferdinando IV le seterie della zona, che fornirono sete a tutte le corti d’Europa e che qui dettero vita ad aziende tessili che hanno prodotto stoffe raffinate fino agli anni Settanta del Novecento per venir poi, ovviamente, avviate verso la deriva dagli interessi politici del potere. Sono legati a San Giorgio Bernardo Tanucci, consigliere del Regno che ne avrebbe cambiato le sorti se vi fosse rimasto, Carlo Filangieri e vi sono nati Alighiero Noschese e Massimo Troisi, al quale è dedicata la bella piazza centrale del paese e il circolo culturale che ha sede a Villa Bruno, una delle ville vesuviane restaurate, insieme a villa Campolieto e a pochissime altre, dall’impegno eroico di Pietro Lezzi. Il Circiolomassimo può esser considerato il vessillo di quanti rendono l’antico paese, ‘cremato’ più volte dalla lava, un piccolo faro di luce del quale ci è piaciuto parlare nel declinare di questa stagione estiva, anche troppo ricca di offerte di larghissima diffusione, di vasta eco e spesso di scarsa sostanza.

Qui, a San Giorgio, il visitatore non subisce l’attacco concorrenziale di centinaia di proposte, ma può contare su una virtù che caratterizza il cartellone vesuviano: il decoro e la scelta accurata delle offerte e una location che non teme confronti.

Ultima nota: a San Giorgio vi è un orto dove i bambini imparano, con mamme e maestre, a conoscere il mistero e i segreti dell’agricoltura. Non per niente la Facoltà d’Agraria più importante d’Italia, nello smagliante perimetro di una Reggia e di un parco regale la cui storia merita qualche volume, è qui, a due passi. Ma pochi lo sanno e, purtroppo, a pochissimi interessa saperlo. Anche per questo ci è piaciuto parlarne, al nostro ritorno da Venezia.





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