Prima o poi ritorneremo alla gioia dei baci

Aids, peste, colera: la paura del contagio e la voglia di vivere

    di Amedeo Forastiere

Il nostro paese non è la prima volta che si trova a combattere un mostro, dalla forza di mille Polifemo, per quanto microscopico. Già nel 1348 ci fu la peste nera. Chi non ricorda quella a Milano nel 1630 raccontata da Manzoni nei Promessi sposi? Sono passati tanti anni, la scienza, la medicina e la ricerca hanno fatto passai da giganti, portandoci alla convinzione che possiamo fronteggiare qualsiasi peste o virus. Purtroppo non è così, e il coronavirus o Covid 19 (Co-Corona. Vi-Virus. D-Diseae; in inglese malattia) Lo sta dimostrando. Anche questa volta la natura ci ha sfidato. All’inizio, come spesso accade, è stata sottovalutata la sua forza. Qualcuno addirittura lo ha definito normale influenza. Non è di questo però che voglio parlare, ma dei cambiamenti che inevitabilmente porterà alla nostra di vita.  

Quale sarà il nostro comportamento quando finalmente verrà sconfitto il mostro? In questo momento ricordo quando nel 1983, scoppiò l’Aids. Il mondo fu terrorizzato, in particolar modo dopo la morte di Freddie Mercury. Artista di particolare talento amato in tutto il mondo. All’inizio si parlò di contagio solo tra le persone omosessuali, poi come sempre accade, fu scoperto che chiunque poteva essere contagiato con un semplice e tradizionale rapporto d’amore. Panico, che portò cambiamenti in tutte le persone non solo giovani. Il profilattico divenne la barriera per evitare il contagio. I giovani, quelli che sono diventati adulti in quel periodo, presero le giuste precauzioni. L’amore, l’alchimia tra due soggetti che nel momento culmine del piacere si fondono e diventano una sola persona, divenne "protetto". L’Aids ha portato alla morte tante persone, ed è giusto prendere le precauzioni, ci mancherebbe, anche se adesso la medicina ha trovato cure che portano alla guarigione. I giovani si sono abituati, è diventato una cosa normale; un documento da portare sempre nel portafogli, una salvifica "mascherina" per il pene. 

La nostra città già nel passato è stata colpita da brutte epidemie. La peste del 1656, furono tanti i morti, non avendo più spazio al cimitero, fu allestita uno provvisorio, alle Fontanelle, poi riutilizzato per il colera del 1836. Da bambino sentivo ancora raccontare dalle vecchiette, che dopo il colera, la gente si evitava, la paura del contagio, anche se era stato sconfitto, rimase per molto tempo, cambiando il rapporto umano. La pesta del 2020; così preferisco chiamarla. Non è solo un problema italiano, ma è stata dichiarata: Pandemia, dal greco Pan-demos, tutto il popolo. Epidemia con tendenza a diffondersi rapidamente. Epidemia globale.

Personalmente credo che, almeno da noi, si riuscirà a sconfiggerlo in tempi abbastanza brevi. Al Cotugno stanno sperimentando un farmaco già esistente, usato per altre patologie, e che sta dando buoni risultati. Intanto stiamo chiusi in casa; sequestrati dal virus. In molti hanno riscoperto la famiglia, parlare e giocare con i figli, collaborare al menage della casa. Qualcuno dice che tra nove mesi nasceranno tanti bambini: bene, i bambini sono abbondanza.

Il mio pensiero però è: quando tutto finirà, come sarà il rapporto con gli altri? Quando incontreremo un caro e vecchio amico lo saluteremo ancora coma una prima? Lo abbracceremo strofinandogli con affetto la mano dietro la schiena? Lo baceremo sulle guance? I giovani innamorati si terranno stretti mano nella mano? Questo nessuno potrà dirlo, di certo qualcosa cambierà nelle nostre abitudini, nei rapporti intimi. Mi auguro che il bacio, almeno quello, tra due innamorati resterà sempre, quello che cantava alla sua bella amata Rossana, Cyrano de Bergerac: Un apostrofo roseo messo tra le parole t'amo.





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