La magica luce della scuola di Posillipo
Successo della mostra alla Cappella Palatina del Maschio Angioino
di Amedeo Forastiere
Era il 1945 quando a Napoli, al Museo Civico Gaetano Filangieri, fu allestita l’ultima mostra sulla pittura della scuola di Posillipo. Sono passati settantaquattro anni durante i quali c’è stato un silenzio assoluto, quasi a offendere quella che è stata sicuramente una delle scuole di pittura napoletana più espressiva e prestigiosa. Non voglio esagerare nel dire che in tutti questi anni è stata trattata come se non fosse mai esistita. Nata dopo un lungo e fortunato episodio di pittura di paesaggi, andandosi a innestare nel percorso del Gran Tour culturale che intellettuali e artisti europei compirono in Italia a partire dall’Illuminismo e durata, con tutte le sue varianti e trasformazioni, fino alla fine del XIX secolo.
La scuola posillipina fu avviata dall’olandese Anton Smink van Pitlo: gli artisti napoletani aggiunsero una “o” in più, chiamandolo Anton Pitloo. Stabilitosi definitivamente nella città borbonica, l’artista olandese riconobbe una committenza ideale e un fecondo stimolo per la sua arte. A Napoli, infatti, Pitloo dipinse opere dove fornì una personalissima interpretazione del nascente gusto romantico, destinata a essere particolarmente apprezzata dalle nuove generazioni di pittori, quasi tutti allievi dell’artista olandese. Riconosciuta come una vera e propria scuola di pittura, “la Posillipo” combaciò con la stagione romantica ottocentesca, aprendo le porte al rinnovamento del paesaggio verista che a Napoli ebbe tra i suoi esiti più felici. Gli artisti che si affiancarono a Pitloo nella scuola di Posillipo furono tanti, ne cito alcuni: Giacinto Gigante, Salvatore Fergola, Gabriele Smargiassi. Tanti stranieri come Johan Christian Dahl, Joseph Ramond, Theodore Duclere. E tanti altri ancora si unirono. La storia della scuola di Posillipo è lunga, una strada fata di opere d’arte di notevole prestigio e di alto valore. Io che scrivo non riesco a capacitarmi come abbia potuto avere un così lungo periodo di abbandono, di buio. La domanda nasce spontanea: Poca cultura o poca stima per l’arte della nostra città? Mi fermo qui, chi mi segue sa bene che preferisco restare fuori dalle polemiche. La realtà di oggi è che, dopo tre quarti di secolo, grazie a persone che amano l’arte, quella vera della propria città, è stato possibile realizzare un evento storico.
L’idea nasce da una serie di proposte fatte all’assessore alla Cultura e al Turismo del Comune di Napoli, Nino Daniele, da Saverio Ammendola, figlio d’arte di Nello Ammendola, dell’Associazione Culturale “La Mediterranea”, da Luciano Molino (associazione culturale “La Fenice” e da Isabella Valente, professoressa di Storia dell’arte contemporanea dell’Università dì Napoli Federico II (dipartimento di studi umanistici). Nino Daniele ha voluto fortemente l’evento sulla scuola di Posillipo, scegliendo una delle location più prestigiose di Napoli: la Cappella Palatina del Maschio Angioino. L’assessore alla Cultura e Turismo, il 15 febbraio 2019, già concesse al trio Valente, Ammendola, Molino, lo spazio del PAN, per la mostra sul 900 che ha riscosso un grande successo di pubblico che da anni aspettava un evento del genere. Allestire un evento di così complessa importanza non è cosa semplice. Occorrono persone specializzate. I figli d’arte, che hanno sempre avuto a che fare con il mondo dei pittori, galleristi e collezionisti. Questi ultimi che, proprietari delle opere d’arte, le mettono a disposizione per realizzare una mostra di tali dimensioni, diversamente sarebbe molto più complicato. Il collezionista di solito è geloso dell’opera che è riuscita a fare sua. Ho conosciuto collezionisti che hanno delle opere che non fanno vedere neppure agli amici, qualcuno addirittura le tiene in cassaforte. Lo giuro.
Li chiamo con affetto “I tre moschettieri” Valente, Ammendola, Molino perché ci vuole tanto coraggio per organizzare un tale evento e ridare luce, dopo tanti anni di buio, all’arte più vera di cui Napoli va fiera. L’affetto che nutro verso gli intrepidi nasce dall’aria che si è creata al Maschio Angioino alla Capella Palatina, dove i numerosi visitatori (superate le settantamila presente, con oltre quattrocento cataloghi venduti) trovano un’accoglienza delicata ed elegante grazie alla scelta di ragazze belle e competenti. Prezioso il contributo di Fedele Procaccini, che ha curato la stesura del catalogo con medaglioni biografici degli artisti. Preziose Livia Pacera e Carlotta Laviano, laureate in Archeologia e Storia dell’arte, allieve di Isabella Valente che le trasmesso l’amore per la bellezza.
Il successo che ha registrato l’evento ha portato gli organizzatori e l’assessore Daniele a prolungare l’esposizione fino al 13 ottobre per consentire così ai giovani studenti di poter visitare la mostra. “I giovani sono assolutamente in sintonia con l’arte – ha detto la Valente - veramente interessati e vogliosi di sapere di arte. A me dispiace vedere le istituzioni scolastiche non accorgersi dell’interesse dei giovani. Noi potremo campare solo di beni culturali. Io intensificherei le ore di arte nelle scuole, anziché diminuirle”. Saverio Ammendola, (associazione “La Mediterranea) ha tenuto a dire: “Abbiamo diverse iniziative in cantiere: gli artisti che meritano una mostra sono tanti,. Dopo gli eventi sul 900 e sulla scuola di Posillipo, Napoli ha ritrovato l’amore per l’arte”
Noi napoletani spesso siamo portati a sottovalutarci, ci dobbiamo sostenere di più, perché abbiamo talento. Chiudo con sei versi presi in prestito da un altro grande artista napoletano. Non era un pittore, ma un grande poeta e commediografo, Raffaele Viviani, da “Campanilismo”: Talènto ne tenimmo, avimmo ingegno, nu pòco sulo ca ce sustenimmo, cunquistarrammo chillu pòsto degno ca, pè mullezza nòsta, nun tenimmo. Quanno na còsa è bbòna e è nata ccà, nu milone ‘e gènte l’ha da di. E vedarraie po’ Nàpule addò va, cu tutto ca è ‘o paese d’o ddurmi.