Afghanistan, l'influenza dell'eroina

Antonio Maria Costa parla della minaccia Afghana sulla produzione di oppio

    di Mario Paciolla

“Una minaccia globale”. Non utilizza mezzi termini Antonio Maria Costa, direttore esecutivo dell’Ufficio delle Nazioni Unite per descrivere i circoli di produzione dell’oppio in Afghanistan. Secondo un rapporto d’inchiesta, l’Afghanistan in guerra produce la quasi totalità dell’oppio consumato nel mondo, circa il 90%. Ogni anno, 900 tonnellate d’oppio e 375 tonnellate d’eroina escono clandestinamente dal paese. Il mercato, che approvvigiona circa 15 milioni di tossicomani, è estimato sui 65 miliardi di dollari. E’ la portata mondiale del disastro che ha spinto Costa a pubblicare questo secondo rapporto nel settembre scorso, il quale dettagliava con minuzia i meccanismi della produzione locale. Le cifre danno le vertigini: 100 000 persone muoiono ogni anno a causa dell’oppio afghano. Nella Federazione Russa, il numero di tossicomani si è moltiplicato per dieci negli ultimi dieci anni. In questo paese si consumano dalle 75 alle 80 tonnellate di eroina all’anno. L’economia della droga approfitta del caos che affligge il paese da anni col favore di attori interni al paese, ma anche e soprattutto al di fuori delle frontiere. I protagonisti sono molteplici e non si salva nessuno: coltivatori locali ufficiali, americani corrotti ed insorti talebani, i quali hanno guadagnato dai 450 ai 600 milioni di dollari negli ultimi quattro anni con la coltivazione del papavero. Cosa ancora più preoccupante, dichiara il rapporto, è che tali cifre riguardano solo le somme riguardanti le colture, ai quali devono essere aggiunti i profitti derivanti dall’importazione dei prodotti chimici, dalle tariffe doganali prelevati dai convogli di droga, il denaro necessario alla protezione dei laboratori clandestini che aggiungerebbero un’altra somma tra i 200 ed i 400 milioni di dollari all’anno.





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