Tra le sale del San Carlo

Viaggio tra storia e architettura di uno dei più prestigiosi teatri lirici d'Europa

    di Maria Regina De Luca

Eretto su disegni del Medrano dal marzo all’ottobre del 1737, fu inaugurato il 4 novembre, giorno onomastico del re, con l’Achille in Sciro di Domenico Sarro su libretto di Pietro Metastasio. Più volte rimaneggiato, o adattato a nuove esigenze dai migliori architetti del tempo (citiamo, tra gli altri, Antonio Niccolini e Ferdinando Fuga), ricostruito dal Niccolini dopo l’incendio del 1816, vanta una storia gloriosa sia come straordinario esempio di teatro lirico sia per avervi ospitato i maggiori artisti di ogni tempo.

Nel 1752  vi approda Gluck con La potenza di Tito, nel 1761 J.S.Bach, e poi Handel, Haydn, Mozart, Cimarosa, Paisiello, Verdi scrive per il San Carlo il suo unico Quartetto. Dopo l’Unità, la loggia della facciata aggiunta dal Niccolini nel 1812, fu destinata nel 1861 a un Circolo dal nome emblematico: il Circolo dell’Unione voluto quale esempio alla città dsai nobili perché, nella reciproca frequentazione, cadessero le ostilità tra i nostalgici dell’antico Regno di Napoli e i sostenitori dell’unità. Parlare della sua architettura e dei suoi arredi ci porterebbe troppo lontano dagli intenti di queste note. Basti dire che l’acustica del San Carlo, vantata come la migliore di tutti i teatri d’Europa, non fu frutto del caso, ma dagli attenti studi di architetti che bilanciarono ogni loro intervento senza mai dimenticarne la fondamentale importanza. Citiamo l’armoniosa sala a ferro di cavallo divenuta modello del teatro italiano, con 184 palchi e lo splendido palco reale che sembrano nati da un momento di grazia creativa degli artisti tale è la varietà e la fantasia che rende ognuna delle decorazioni diversa dalle altre, ma in perfetta sintonia tra loro e con la tela del soffitto, ideata dal Niccolini e dipinta da Giuseppe Cammarano: il Parnaso, in tutta la sua ricchezza di significati.

In alto al centro dell’arco del palcoscenico uno strano orologio segna ore e minuti, e le sue sfere d’oro sono indicate dal dito sollevato di un vecchio: il Tempo, che fa scorrere le ore mentre la Sirena delle arti tenta di fermarlo perché l’arte è senza tempo.

Primo teatro lirico d’Italia a riaprire dopo la guerra, il San Carlo ha visto sul suo palcoscenico alternarsi Martucci, Toscanini, Gavazzeni, Straviskij, Abbado, Muti e le più grandi orchestre d’Europa, i tre celebri tenori, cantanti come la Caballè, la Callas, la Tebaldi, la Dal Monte, entrate nel mito. La descrizione che ne fa Stendhal nel suo Viaggio in Italia è tuttora valida e tuttora il San Carlo resta il più antico teatro lirico d’Europa che ancora svolge il suo ruolo.

Forse, tra i vari edifici rappresentativi della storia di Napoli, il San Carlo è quello più amato dai suoi cittadini, intere generazioni dei quali si sono trovati a frequentarne le sale fin da bambini con le famiglie. Ancora oggi emoziona il più antico e bellissimo ridotto prospiciente i giardini della reggia, tale è la perfetta armonia delle proporzioni e degli arredi. Anch’esso contagiato dal male oscuro del Palazzo Reale, il San Carlo è per ora, per quanto?, incerottato. Il visitatore straniero non sa nemmeno che cosa si nasconda dietro quelle bende; il passante napoletano prova, ogni volta, una stretta al cuore





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