La grande muraglia

Crescent, sfregio di un megalomane

    di Mimmo Della Corte

Un pizzico di arroganza, una puntina di megalomania, un briciolo di supponenza, un grammo di alterigia, una manciata di sufficienza, una goccia di protervia.
Sono questi i tratti caratteriali principali dell’“homo politicus” – altrimenti detto, “animale politico”, che viaggia – ma soprattutto, pensa di farlo - a velocità doppia rispetto agli altri, vola almeno qualche metro al di sopra del livello della terra, non ha bisogno di confrontarsi con chicchessia, perché – a dispetto dei suoi interlocutori - ha sempre ragione e quindi, “non deve chiedere mai”.
Non una di queste doti fa difetto a Vincenzo De Luca, sindaco di Salerno dal 1993 al 2001 prima e dal 2006 ad oggi, da sempre uomo dell’apparato Pci, del quale ha praticamente seguito tutte le vicissitudini ed i cambiamenti da Pci a Pds, da Ds a Pd. Ai quali, però, aggiunge la smisurata ambizione di essere ricordato nella storia di Salerno e di lasciare dietro di sé un segno indelebile del proprio passaggio sulla faccia della terra con la realizzazione del “Crescent”, il nuovo complesso edilizio in costruzione nel porto di Salerno (nella foto). “Un’opera che vale la mia vita”, ha detto il sindaco, ma anche “un progetto mondiale” che “deve essere la nostra Piazza Plebiscito, il nostro Colosseo” e perché no, dal momento che la conformazione è abbastanza similare, anche “la nostra piazza San Pietro” o “il nostro Vaticano”?
Di cosa si tratti e dei danni che rischia di produrre per la città di Salerno, personalmente, non essendo un tecnico, non sono in grado di dirlo, ma lo spiega benissimo Gaetano Troisi nel libro “La Grande Muraglia nel porto di Salerno”, dal sottotitolo decisamente significativo di “come si sfregia una città”, edito da Controcorrente.
Una “luna crescente” (la sua traduzione dall’inglese), che rischia di essere devastante per gli assetti urbanistici della città e che – contrariamente all’eccesso autoesaltativo di De Luca – Vittorio Sgarbi ha bollato come “un’opera obbrobriosa, un palazzo di cemento che deturpa la prospettiva della città”.
Una bocciatura totale ed impietosa, che metaforicamente rade al suolo un edificio di 33 metri di altezza e 215 di lunghezza, destinato ad abitazioni private, esercizi commerciali e parcheggi, la cui forma semicircolare dà vita ad una piazza di 27mila metri quadrati, che si estende dal polo turistico alla spiaggia S. Teresa.
Ciò che colpisce di più del lavoro di Troisi è l’analisi della realtà attuale di Salerno, che scaturisce dall’incrocio fra quanto avvenuto nel passato recente, ma anche più lontano, e quello che si sta consumando nel presente, proiettando il tutto sul futuro della città già sede della medievale Scuola Medica Salernitana, prima e più importante istituzione medica d’Europa.
Una rilettura dello “status quo”, che pur scaturendo – del resto non avrebbe potuto essere diversamente – da convincimenti e posizioni personali dell’autore, riesce a venir fuori senza esserne condizionata e, quindi, trasfigurata in una sentenza senza appello, offrendo informazioni su fatti, misfatti ed eventi di cui i media, locali e non, spesso non si sono “accorti”, ma lasciando al lettore il giudizio finale.
Un libro, insomma, che vale la pena di leggere, e non solo per la scorrevolezza, la semplicità e, quindi, la facile comprensibilità del testo, soprattutto per avere un’idea di ciò che è stato fatto e si sta facendo a Salerno e di quale futuro attenda questa bellissima città. Della quale, per altro, conservo un ricordo stupendo, per averci lavorato ed abitato, tanti - purtroppo, davvero tanti - anni fa. E mi dispiacerebbe che qualcuno me lo distruggesse.





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