Il dovere di ricordare

27 gennaio: giornata della memoria. Ma l'intolleranza verso il diverso è sempre la stessa

    di Maria Neve Iervolino

Prima di tutto vennero a prendere gli zingari, e fui contento, perché rubacchiavano. Poi vennero a prendere gli ebrei, e stetti zitto, perché mi stavano antipatici. Poi vennero a prendere gli omosessuali, e fui sollevato, perché mi erano fastidiosi. Poi vennero a prendere i comunisti, e io non dissi niente, perché non ero comunista.

Sarebbe riduttivo dire che gli ebrei sono stati perseguitati e uccisi a causa della loro religione, gli ebrei sono stati perseguitati e uccisi perché ai nazisti serviva un nemico comune, adatto a diventare simbolo e capro espiatorio del malcontento della popolazione tedesca che in quegli anni stava attraversando una complessa situazione economica e politica. Era necessario un nemico da sacrificare, abbastanza diverso da essere identificabile, abbastanza simile da accendere la rabbia, abbastanza innocuo da non essere in grado di difendersi. Presso quell’altare nazionale vennero sistematicamente immolati ebrei, omosessuali, zingari, disabili. Non in quanto esseri umani, ma in quanto nemici: erano agli occhi degli ariani puri e onesti, malvagi intrinsecamente, per etnia o per cultura.

A chi sostiene l'inutilità della commemorazione del 27 gennaio è bene rispondere che effettivamente è inutile pensare a quanto è accaduto nel recente passato solo un giorno all'anno, è inutile quando ci si sofferma sulle atrocità con spirito quasi voyeuristico e non si cerca di capire in quale contesto sono avvenute. C’è la necessità di ricordare, per non avere più paura di chi è diverso, ma di chi quella diversità la crea puntando il dito contro. Tra l’Europa degli anni '20 e quella degli anni 0 le contingenze storiche sono molto diverse ma l’uomo è sempre lo stesso, e fino a quando ci saranno ancora adulti, e peggio ancora ragazzi, che si professano nazisti, che non provano vergogna nell’essere riconosciuti come razzisti, e che sostengono di avere diritto di vita o di morte su un altro essere umano in nome di un diritto d’appartenenza, non potremo dire che quanto è avvenuto ad Auschwitz sia passato. Ricordare sarà anzi un dovere, perché un giorno vennero a prendere me, e non c’era rimasto nessuno a protestare





Back to Top