Simona Bencini, una vita al massimo

La cantautrice dei Dirotta su Cuba tra palco, famiglia e All Together Now

    di Vanna Morra

Avete mai ascoltato “Good things” dei Dirotta Su Cuba? Vi avviso, ha un groove che crea dipendenza e si va letteralmente in loop. La canzone è il primo brano in inglese della band più esclusiva d’Italia, visto che da trent’anni questi eterni ragazzi fiorentini riescono sempre a stare al passo con i tempi senza mai stravolgere il loro genere che resta unico e inconfondibile. Simona se la suona, se la canta e se l’è scritta pure “Good Things” insieme a Stefano De Donato, l’altro Dirotta storico.

E proprio come ripete incalzante il ritornello, per lei, questo 2019, arrivato solo a metà, è già pieno di “cose buone” non solo per quanto riguarda la musica. La Bencini da qualche settimana è tra i protagonisti del muro dei 100 giudici di “All Together Now”, il giovedì su canale 5, muro capitanato da J-Ax del programma condotto da Michelle Hunziker. Nella nostra lunga telefonata mi ha raccontato tanto sia dei Dirotta sia dello show televisivo, qualche retroscena e qualche piccola confidenza. Quando si parla con lei, non è la prima volta, si perde la cognizione del tempo, una chiacchierata con Simona ha la stessa naturalezza di una chiacchierata al bar con un’amica davanti a un aperitivo da godersi senza stress.

Ciao Simo, che bello vederti in questo programma fighissimo. Dopo averci dato un po’ di anteprime su FB, senza mai dire troppo, eccoti a Canale 5 sul muro dei 100 giudici di "All together now".

Sì, non potevamo dire molto, la produzione ha gestito la comunicazione in modo tale che si arrivasse alla prima puntata belli carichi e parecchio incuriositi, quindi pubblicamente non potevamo parlarne. Ti piace?

Molto e trovo che sia adatto alle tue corde. Com’è nata la tua partecipazione?

Ho ricevuto questa richiesta da parte della Endemol che lo produce e anche lì non sono riuscita ad avere subito informazioni perché loro stavano ancora lavorando allo sviluppo del programma. Ci hanno mandato il format originale e quelli già andati in onda in altri Paesi per avere un’idea. Quindi tutto quello che aveva in mente Roberto Cenci, il regista, nell’adattamento italiano l’avremmo scoperto direttamente vivendolo durante le registrazioni. La cosa che mi è subito piaciuta è quando mi hanno raccontato di questo muro di cento giudici. Abituati ai talent in cui ci sono i quattro giudici, che sono quasi più protagonisti dei concorrenti, pensavo “Ma com’è possibile? Come si fa?”

Con i ritmi più serrati rispetto ai talent, All together now, ha più le dinamiche di uno show…

In realtà è proprio quello il fatto, non c’entra nulla con un talent, è proprio un’altra cosa. È un contest musicale, una gara dove il giudice non deve farsi, diciamo, pippe mentali sul percorso che deve far fare poi al concorrente o meno. Non ci sono di mezzo case discografiche e quindi è tutto spogliato della pesantezza di dover scoprire un nuovo artista. Il concorrente arriva e si esibisce, il giudice ha un impatto vero di sorpresa e quindi va di cuore e di emozione, se ti piace ti alzi, se non ti piace non ti alzi e la cosa finisce lì. Le strategie ci saranno solo nell’ultima puntata e il vincitore avrà dei soldi, punto. I giudici hanno un ruolo importante, sì, ma molto più leggero.

Anche se in versione leggera, come ti senti nel ruolo di giudice? Su FB, ironicamente, pubblichi “I consigli della Bencini”, i tuoi interventi post esibizioni.

(Ride) Sì, poi uno la volta in senso ironico. Ovviamente lì faccio il mio, nel senso che ognuno fa quello che è, io essendo i Dirotta Su Cuba con la mia esperienza musicale quando sono interpellata per dire la mia lo faccio dando un giudizio più tecnico e più motivato, in questo cerco di essere seria. Ci sono tanti giudici all’interno del muro che, invece, hanno un approccio più comico rispecchiando il proprio personaggio. Questo lo trovo molto carino, la prima cosa che ci ha detto Roberto Cenci è stata "non vi do nessuna indicazione, siete liberi di fare ciò volete ed essere ciò che rappresentate".

A vedervi è una festa, come si vive nel muro durante la registrazione?

Ah è stato divertentissimo! Quello che ho detto prima era dal punto di vista tecnico e del giudizio ma l’esperienza in sé di stare dentro un muro di cento persone, tutte diverse, con carriere e passati altrettanto diversi, persone pazze scatenate, è stata bellissima. Eravamo molto in sintonia, questo lo voglio dire perché è stato un mese di registrazione davvero bello, dove sono nate nuove amicizie e ne abbiamo rafforzate altre. Tipo con Silvia Mezzanotte e Daniela, Mietta. Con Dani era da un po’ che non ci frequentavamo e stavamo insieme così. La maggior parte del muro poi soggiornava in hotel, non essendo di Roma, quindi si passava insieme anche tutto il tempo libero, facevamo ‘ste mega tavolate che sfociavano sempre in canti e balli. Tutti insieme abbiamo visto anche la prima puntata, guarda, bello, bello, bello.

Quanto adoro il tuo entusiasmo! Quante ore si registrava?

Si stava dentro dalle 14:00 alle 22:30 con un paio di pause. Un lavoro enorme anche per i tecnici audio, immagina 100 microfoni aperti dove si commentava contemporaneamente fino al loro segnale. Da qui, poi, scegliere i commenti più carini per dare a tutti la possibilità di avere visibilità, essere ripresi e far ascoltare la propria opinione.

Ho avuto l’impressione che il livello artistico dei concorrenti sia anche più alto di quello dei talent, ho sentito voci pazzesche.

Tieni conto che i concorrenti non sono stati tanti come quelli dei talent, lì fanno pure le selezioni durante il programma e ci può stare che il livello sia anche più basso. Qui, invece, il casting è stato fatto dagli autori quindi hanno scelto quelli che potevano fare più spettacolo, quello con la voce particolare o quello col timbro che non ti aspetti, tipo il ragazzino di vent’anni con la voce più bassa di Barry White. Ce ne sono stati alcuni incredibili dal punto di vista della timbrica. Poi ovvio c’è stato pure il concorrente che non ne ha messo dentro una di nota ma quello fa gioco alla trasmissione, in linea di massima sono state fatte scelte molto forti.

Intanto ti dividi tra muro e palco. Con i Dirotta Su Cuba siete già in tour o forse è più corretto dire che non avete mai smesso di essere in tour.

Mai! Da quando ci siamo riuniti non abbiamo mai smesso di suonare dal vivo perché è veramente la dimensione che più ci rappresenta, quella che lascia tracce più vere e profonde di noi. Perché ok il disco, ma lo sai meglio di noi che i dischi non si vendono più, quindi la gente ha bisogno di vederti, di toccarti, di sentirti. Scatta così il passaparola in modo capillare, attraverso le persone, che fa sì che manteniamo alta la richiesta dei live.

Le vostre date, infatti, sono sempre sold out

Sì e devo dire sempre di più. Il messaggio del passaparola è che i Dirotta dal vivo sono forti, questo è importantissimo visto che non abbiamo più a supportarci i mezzi che avevamo negli anni ’90, quando i dischi si vendevano e le radio ci passavano tantissimo. Oggi abbiamo il live e la cosa fondamentale è che siamo rimasti negli anni gli unici a fare questo genere.

Il famoso genere alla Dirotta…

Che è solo dei Dirotta. Chi vuol sentire musica suonata davvero, con musicisti con i contro coglioni, passami il termine, sa che da noi inevitabilmente questa cosa l’avrà. Oggi nell’era dei dj set dove tutto passa da una chiavetta e un computer per noi è un plus notevole e ci sta tornando indietro in senso positivo. Di tanto in tanto poi tiriamo fuori qualche singolo, per sempre presenti con cose nuove. Stiamo lavorando a quello nuovo che uscirà entro fine giugno.

Anche questo sarà in inglese? A gennaio scorso è uscito “Good things” che è una goduria, primo brano dei Dirotta non in italiano.

Sì anche il prossimo in inglese. “Good things” ci piace tanto e ha anche un bel messaggio. In questo mondo dove tutto scorre veloce, nella vita vanno fatte “cose buone” ma necessitano di tempo e impegno. Solo così si possono raggiungere successo e serenità nella vita. È carina, vero?

Tantissimo, quando attacco ad ascoltarla non la smetto più. Credo che l’inglese abbia addirittura valorizzato il vostro stile.

Noi cerchiamo di muoverci dentro il genere facendo dei piccoli cambiamenti. L’inglese ora rappresenta un cambiamento, proprio per una tendenza mondiale, anche gli arrangiamenti, seppure sempre estremamente ricchi e curati, sono più semplici rispetto al passato. Nel prossimo singolo torneranno anche i fiati, un nostro marchio di fabbrica che negli anni avevamo lasciato per una questione di gusto del momento. Chiuderemo poi la fine dell’anno con un EP.

Come mai solo ora questa voglia della lingua inglese?

Ci siamo voluti levare uno sfizio. Pensa che, anche se cantiamo da sempre in italiano, l’inglese in qualche modo ha sempre fatto parte della nostra scrittura. Facendo un genere che non è culturalmente italiano, per stare su ritmiche molto sincopate con bit elevati, spesso mettevamo gli ingombri della melodia in finto inglese, detto inglese maccheronico, poi ci mettevamo sopra il testo in italiano. Questo poi si è rivelato il segreto del nostro successo, perché il funcky italiano non c’era ed è stata una cosa importante non fermarsi all’inglese. Dopo tanti anni ci è venuta voglia di confrontarci con mercati più ampi e ci siamo detti: "Siamo indipendenti, non abbiamo più pressioni dalle case discografiche, ma facciamo il cavolo che ci pare. Vogliamo farlo in inglese? E facciamolo!" E devo dire che “Good Things” ci è venuto molto molto bene.

Anche il video è carino, sembra di girare insieme a voi per le strade di Londra.

Londra è stato un nostro punto di riferimento con tutto l’acid jazz che andava di moda negli anni ’90. Quindi, cantando in inglese, ci è sembrato naturale ritornare lì per ripercorrere le nostre radici. È stato anche divertente.

Una curiosità su Rossano, c’è poi non c’è… Fa parte ancora dei Dirotta o no?

Diciamo che Rossano non c’è nel lavoro quotidiano e del live, ma fa la supervisione di tutto. Gli arriva il lavoro al 70% fatto e con la lucidità e l’obiettività che noi non potremmo avere stando sempre sul pezzo. Ci dice “ragà ma che state a fa’?” Oppure “ragà, è una figata!” Lui arriva da un’esperienza e una conoscenza profonda dei Dirotta, di me e di Stefano, e quindi nel bene e nel male ha sempre il consiglio perfetto. Rossano è fondamentale anche in questa veste, pensa che è successo, a volte, che la sua opinione ci abbia fatto ritornare sui nostri passi e rivedere tutto, perché comunque Rossano ha scritto le canzoni più belle dei Dirotta Su Cuba. Se una cosa gli piace funziona, tipo “Good Things” che è impazzito, gli è piaciuta tantissimo anche la mia timbrica diversa che ho adottato per cantare in inglese.

Quindi sono tranquilla che per la fine dell’anno il nuovo disco ci sarà, vivo sempre nel terrore di restare di nuovo senza i Dirotta.

Arriverà, arriverà, promesso che arriverà. Se non è per la fine dell’anno sarà per l’inizio del prossimo. Proprio perché siamo indipendenti e abbiamo un modo di lavorare un po’ più easy, abbiamo anche altri impegni e le famiglie, non è come gli anni ’90 in cui eravamo belli, con il successo e sempre in sala prove. La tecnologia in questo, oggi, ci aiuta perché ci permette di lavorare a distanza, per poi vederci nel momento in cui dobbiamo trovare la chiusa del pezzo.

Abbiamo chiacchierato tanto ma c’è qualcosa che non ti ho chiesto e vorresti dirci?

Ah sì, che “Good Things” è uscito anche in vinile, sta ritornando in voga e abbiamo voluto recuperare anche noi questo formato così bello. È un’operazione fatta per premiare i nostri fan più affezionati, è in tiratura limitata prodotta da questa etichetta altrettanto appassionata dei Dirotta Su Cuba che si chiama Cimbarecord. Un vinile rosso e uno bianco con tante foto e autografi e ovviamente con un side b in cui abbiamo inserito la nostra versione live di “I wish” di Stevie Wonder.

Il prossimo singolo come si chiama?

Lo vuoi sapere? Dai te lo dico tanto è questione di poco, si chiama “Nothing is impossible”, Niente è impossibile. Anche questo un testo leggero ma nello stesso tempo impegnato che dice cose importanti.

Dacci qualche data da mettere in agenda e poi ci salutiamo.

Ti dico quelle che ricordo a memoria. Il 27 giugno saremo a Rho, in provincia di Milano, per la notte rosa. Il 18 luglio al Lido Gandoli in provincia di Taranto, il 25 luglio a Lainate saremo in concerto con Antonio Farò Quintet, 3 agosto ad Assisi al Cambio Festival e il 23 agosto a Sciacca in Sicilia.





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