Colpa tua, sua...nostra

Attenzione a dare le generalità di altre persone

    di Adelaide Caravaglios

Chi di noi non è mai stato tentato di fornire (o non lo ha fatto, come avvenuto nel caso di specie) – in luogo delle proprie – le generalità di un altro conducente (magari un parente … un amico; insomma una ‘testa di legno’ come si dice), una volta sorpreso a chiacchierare al cellulare mentre guida, sperando, così di farla franca ed evitare che gli venga sospesa la patente e decurtati i punti?

Non è così, però, che risolve il problema: anzi, rischia di aggravare la sua posizione ed essere addirittura condannato per falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico (come stabilisce l’art. 483 c.p.), reato per il quale è prevista la reclusione fino a due anni. Lo sa fin troppo bene quella donna che, sorpresa alla guida con il cellulare in mano, scrupolosamente sanzionata da un agente − il quale, in sede di verbale, precisava che il soggetto responsabile dell’infrazione era “donna” – forniva, nella dichiarazione che accompagnava lo stesso verbale le generalità del padre.

Sul punto, i giudici di legittimità (sentenza n. 12779/2017) hanno spiegato che «il delitto di cui all’art. 483 c.p. sussiste allorché la dichiarazione del privato sia trasfusa in un atto pubblico destinato a provare la verità dei fatti attestati, il che avviene quando la legge obblighi il privato a dichiarare il vero ricollegando specifici effetti al documento nel quale la dichiarazione è inserita dal pubblico ufficiale ricevente» e questo perché la dichiarazione sull’identità del conducente produce l’effetto di individuare il soggetto destinatario della sanzione amministrativa.

A nulla sono valse le censure della rea, la quale, in sede di ricorso, lamentava che i giudici di merito non le avevano riconosciuto come causa di non punibilità la particolare tenuità del fatto: per gli ermellini costituivano «risposta adeguata ad una richiesta difensiva» la gravità del fatto stesso, i precedenti penali dell’imputata e la sfrontatezza mostrata in sede di accertamento. Insomma niente da fare: le bugie hanno il naso lungo e le gambe corte e, in qualche caso, possono addirittura portarti in gattabuia.





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