Storia di una quarantena del 700
Invito alla lettura del «Viaggio intorno alla camera» di Xavier De Maistre
di Flora Fiume
Stare chiusi in casa a tempo indeterminato non è affatto divertente. Chi non è claustrofobico finisce per diventarlo; chi già lo è, vede il suo peggior incubo divenuto legge. C’è solo una soluzione: inventarsi luoghi e momenti di evasione. Tipo come si fa leggendo un buon libro. Per chi può, si intende, visto che di questi tempi anche i libri sono lussi difficili da reperire, non rientrando tra i beni di prima necessità. Anche se tutto sommato non è tanto sbagliato considerare i libri come lussi e preziosi tesori. Prendiamo per esempio “Viaggio intorno alla mia camera” di Xavier De Maistre: come si fa a non considerarlo un vero e proprio gioiellino?
Si tratta di un piccolo libro scritto alla fine del 1700 allorquando il suo autore, un capitano dell’esercito francese in servizio a Torino, fu condannato a 42 giorni di reclusione domestica (una quarantena, dunque), dopo un duello con un suo compagno d’armi. Il miglior modo che egli ebbe di trascorrere il suo tempo fu quello di scrivere (e insegnarci) come si può viaggiare anche semplicemente restando nella propria stanza. Il libro è suddiviso in 42 capitoli, uno per ogni giorno di reclusione domestica, non senza momenti di sconforto. Come nel tredicesimo capitolo (quindi durante il suo tredicesimo giorno di quarantena) in cui l’autore sembra arrendersi “i miei sforzi sono vani: convien differire la partita, e soggiornar qui mio malgrado; è una stazione militare”.
Il libro è un intero monologo in cui De Maistre racconta storie e aneddoti muovendosi con la poltrona nel perimetro della sua stanza: trenta passi di mobili, oggetti, fantasia, riflessioni. Anche metafisiche. Come quando racconta al lettore quello che definisce come il suo “sistema dell’anima e della bestia” che tanto influenza le sue idee e le sue azioni, e senza il quale non ci sarebbe stato probabilmente nemmeno il suo stesso manoscritto. L’uomo, secondo De Maistre, è composto di un’anima e di una bestia. Si tratta di due esseri ben distinti, eppure così strettamente connessi l’uno all’altro, che si rende necessario un’anima particolarmente elevata perché si possa distinguere dalla bestia. E la grandezza di un uomo di genio è quella di sapere allevare bene anche la sua bestia, così che possa andare da sola, mentre l’anima, liberata dal suo spiacevole contatto, possa innalzarsi fino al cielo.
Proprio come quando durante la lettura di un libro nasce improvvisa un’idea gradevole, un pensiero a cui l’anima si attacca, sebbene gli occhi continuino a seguire parole e linee scritte. E in questi casi accade che si arrivi alla fine della pagina senza averla compresa, senza ricordarsi quello che si è letto. E com’è bello essere così padroni dei propri passi e delle proprie idee, con la propria anima così aperta ad ogni sorta di pensieri e gusti e sentimenti, da ricevere avidamente tutto quello che a lei si presenta! Ed è questa la vera libertà, quella del “graziosissimo paese dell’immaginazione”, quella che nessuno ci può togliere, perché nessuno può impedirci di percorrere il vasto spazio sempre aperto dinanzi a noi.
Possono vietarci di percorrere una città, un piccolo punto, ma l’immensità, l’eternità restano sempre a nostra disposizione. E non è forse il quotidiano quello che ci tiene in ceppi? Non è forse il giogo degli affari la vera schiavitù, quella che ci costringe a non poter fare un passo, senza che ne venga misurata la convenienza e il dovere?