L'abissina napoletana
L'incontro casuale con un amico d'infanzia riapre un vecchio cassetto proibito di storie
di Amedeo Forastiere
Una mattina d’inizio estate decido di prendere un bel caffè seduto tranquillo a Piazza dei Martiri, così mi fermo al Gran caffè La Caffettiera, armato del mio quotidiano preferito, come diceva un vecchio slogan: Il Mattino in piazza e il caffè in tazza. Sfoglio rapidamente le pagine della politica (stancante, noiosa, minestra riscaldata). Cerco in cronaca qualche notizia che mi possa interessare. Seduto comodo, riparato dal sole sotto il grande ombrellone, mi godo la tranquilla piazza dei Martiri chiusa al traffico.
A un certo punto mi sento chiamare, una voce forte, decisa, mi giro prima che la persona ripeta il mio nome altre due volte facendo girare tutti i clienti seduti alla Caffettiera. Scopro la persona che mi chiama, è un vecchio amico d’infanzia, Pierino. Abitavamo nello stesso palazzo. Le giornate d’estate quando non si andava a scuola le passavano sempre insieme. Il mio amico abitava in una casa all’ultimo piano, piccola ma con un terrazzo enorme, che oltre al panorama del nostro golfo, un quadro dell’ottocento napoletano, c’era tanto spazio dove potevamo organizzare tutti i giochi che volevamo senza che la madre ci sgridasse perché mettevamo confusione, la fantasia non ci mancava.
La sorpresa di rivederci dopo tanti anni, ci porta subito a parlare della nostra infanzia. Così riaffiorano tanti ricordi. Uno dei primi è stato il cassetto segreto del padre, l’ultimo in alto del vecchio comò. Cos’aveva di segreto quel cassetto? C’erano tante fotografie che il padre, appassionato di foto, aveva fatto in Africa, Addis Abeba, durante la guerra.
Il cassetto era considerato proibito perché conteneva foto di giovani ragazze somale tutte con il seno scoperto - in quei luoghi era normale - ma il padre di Pierino, pensando che le foto potessero disturbare il sonno dei figli, gli proibiva di aprire quel cassetto. Come si sa, mai proibire ai bambini qualcosa: s’invoglia a trasgredire.
Quando la madre di Pierino usciva per la spesa, la prima cosa che facevamo io lui e il fratello era aprire il cassetto proibito. L’ultimo in alto del comò dell’Ottocento, tutto in massello e pesantissimo. Con la sedia non ci si arrivava, allora il fratello di Pierino, Salvatore, escogitò una soluzione. Apriva i cassetti a forma di scala, e saliva piano piano, proprio come si fa con una scala delicata. Il rischio era forte, se il comò massiccio fosse crollato, il fratello di Pierino sarebbe stato schiacciato.
Eppure la voglia di vedere quelle foto, unita al pensiero della trasgressione non ci faceva considerare il rischio…che c’era. Ognuno di noi aveva la sua fidanzata: le ragazze somale sono sempre state le più belle del continente nero, i tratti somatici sono molto simili ai nostri.
Dopo averle guardate bene, e viaggiato con la fantasia, il fratello di Pierino, Salvatore, detto il precisino, rimetteva tutto come lo aveva trovato, in forma geometrica. Il padre non ha mai scoperto niente, per fortuna, perché se li avesse sgamati, i due fratelli sarebbero stati frustati a sangue.
Pierino prendeva sempre la stessa foto di una giovane ragazza abissina. Ricordo che era molto bella, il viso delicato, i capelli riccissimi, il piccolo seno rigido come una statua di Canova. Il mio amico parla proprio di quella foto, della bella abissina, mi confessa a distanza di anni che n’era proprio innamorato, poi mi racconta una storia che io non conoscevo.
Erano gli anni Sessanta, il boom edilizio, i palazzoni tutti in cemento armato spuntavano tra le vecchie case sgarrupate incantando i ragazzi come in una fiaba. Belli, alti, balconi ampi che nemmeno nei sogni si riusciva a immaginare. Pierino mi racconta che di fronte casa sua avevano costruito un palazzone di otto piani, mentre l’altezza massima dei vecchi edifici non superava i quattro. Dal terrazzo di Pierino, il palazzone nuovo quasi si toccava. Nel raccontare il passato, noto che vi si abbandona con nostalgia e un sottile velo di malinconia. Lo incito a continuare.
Un giorno Pierino nota una ragazza sul balcone al quarto piano del palazzone nuovo, giovanissima, della sua stessa età. La cosa che lo colpì subito furono i capelli riccissimi della giovane dirimpettaia, uguali a quelli della bella abissina sulla foto del cassetto proibito, la sua fidanzata. Ormai non parlo più, mentre continuo a prendere il mio caffè che nel frattempo s’è fatto freddo, cambiando sapore, diventando come diceva Totò, na’ vera ciofeca. Seguo con attenzione il racconto, mi appassiona.
Pierino entra nei dettagli, non lo interrompo, voglio capì questa storia che non conoscevo, non me ne aveva mai parlato quando frequentavo il suo terrazzo. L'unica sottile differenza tra la ragazza del balcone di fronte (Pierino ricorda ancora il nome, Franca) e la bella abissina della foto proibita, era il biancore della prima, ma lui non ne faceva un problema. In poche parole Pierino riesce a gesti a comunicare con la bella abissina napoletana, improvvisando il linguaggio dei segni.
Il racconto continua così: Presi un appuntamento nella piazza del nostro quartiere vicino alla chiesa. Ero emozionato, realizzavo il sogno che avevo vissuto tutte le volte che ammiravo la foto del cassetto proibito. Sì, hai capito bene, la bella abissina, solo che la ragazza dell’appuntamento era più bianca del latte, ma i capelli erano uguali, e questo bastava per avere la sensazione che fosse lei. Una sorte di magia, come se si fosse materializzata d’improvviso, e nella fretta della trasformazione aveva perso il colore originale passando dal nero al bianco.
Sai, sono passati tanti anni, comunque ci fidanzammo. Tu ricorderai ero di una timidezza da far schifo. Riuscimmo a vederci poche volte, camminavamo mano nella mano come i personaggi inventati dal disegnatore di Raymond Peynet, Valentino e Valentina. Io non parlavo mai. Un giorno venne fuori la mia scuola mi diede in biglietto, c’era scritto che mi lasciava perché non sentiva di amarmi, e lei non sapeva fingere.
Tanti ricordi ti vengono incontro insieme a un amico d’infanzia, il periodo più bello della vita di una persona. Da allora Pierino ed io, siamo diventati adulti, uomini, mariti e padre. Mi mostra fiero una foto della sua famiglia, tre figli, due maschi e una femmina, lui abbracciato con una donna, bella, snella, con i capelli biondi, lisci e lunghi. Sua moglie.
Il ricordo della bella somala con i capelli ricci, l’amore colorato ma anche l’abissina napoletana dalla pelle bianco latte, Pierino li ha cancellati con una bella bionda dai capelli lunghi e lisci.
Alla prossima ragazzi.