Mann, viaggio lungo la rotta dei migranti
«Maresistere», la mostra di Rosaria Bosso in arte Roxy in the box
di Giordana Moltedo
Una luce soffusa accoglie il pubblico, in una stanza con un arredamento scarno e antiquato, composto da due comodini, un letto matrimoniale, un comò, una specchiera e un armadio. Lungo le pareti vi sono i volti, gli sguardi e i dettagli di coloro che, tra la fine dell’800 e l’inizio del ‘900, prepararono una valigia, al fine di intraprendere un viaggio lungo quel 41° Parallelo che segnava la rotta di chi emigrava da Napoli per approdare, con pochi effetti personali e tanta speranza, negli Stati Uniti, a New York. Con questa visione - già carica di suggestioni - il pubblico avrà modo di ammirare al MANN - Museo Archeologico Nazionale di Napoli, fino a lunedì 9 marzo, nell’ambito di “Thalassa, meraviglie sommerse del Mediterraneo”, la mostra “Maresistere” dell’artista partenopea Rosaria Bosso in arte Roxy in the box.
La mostra è il frutto di una ricerca che l’artista partenopea ha compiuto tra l’Archivio di Stato di Napoli, la Fondazione del Banco di Napoli e i database di Ellis Island. Grazie a tale ricerca, Roxy in the box è riuscita a ricostruire attraverso foto, visti per il viaggio, documenti prefetizzi e fiscali, le storie di 180 persone emigrate verso gli Stati Uniti. Ai volti e ai documenti che costeggiano le pareti si sovrappongono i rumori del mare provenienti dal comò, mentre dall’armadio sopraggiungono le voci e i volti degli attori Gianfranco Gallo e Fabiana Fazio che raccontano e interpretano le storie di chi è emigrato, con un monologo strutturato come se fosse una partitura della canzone classica napoletana. E così, attraverso queste due particolari installazioni, la stanza sembra non essere solo il punto di partenza di chi è emigrato verso gli Usa, ma anche di approdo verso il “Nuovo Mondo”. Ma la mostra, oltre ad essere incentrata sui luoghi, è soprattutto un dialogo tra il passato e il presente, che Roxy in the box ha portato anche fuori dagli spazi espositivi del MANN, per i vicoli della città. L’artista partenopea ha infatti affisso ai portoni dei palazzi nei quali vivevano le famiglia emigrate, degli stickers a forma di valigia e spedito delle lettere cartacee agli eredi e ai discendenti.
L’insieme di tali tappe, che hanno dato vita alla mostra, rivelano un modo originale di raccontare la grande migrazione europea tra la fine dell’800 e gli inizi del ‘900 e, soprattutto, di continuare a tenere viva la memoria tra generazioni, fondata sui volti e le storie di chi ha resistito alla traversata al fine di continuare ad esistere, e di chi oggi esiste perché nipote di chi ha resistito.