L'estate del nostro scontento

L'illusoria spensieratezza tra restrizioni e timori di una crisi sociale

    di Giordana Moltedo

«Ora l’inverno del nostro scontento è reso estate gloriosa da questo sole di York e tutte le nuvole che incombevano minacciose sulla nostra casa sono sepolte nel petto profondo dell’oceano». Bastano queste poche righe tratte dal Riccardo III di William Shakespeare per sintetizzare questa strana, e a tratti folle, estate italiana. Un’estate nella quale il desiderio di esorcizzazione il pericolo ha pervaso la stragrande maggioranza degli italiani, facendo emergere un sentimento finalizzato ad allontanare quell’«inverno del nostro scontento», che ha visto l’Italia chiudersi in casa con i maglioni di lana e uscire, al termine del lockdown, con le magliette a maniche corte. Così quella che doveva essere l’estate della nostra contentezza, sembrava essere iniziata nel modo più goliardico e spensierato di questo mondo a colpi di «Non c’è ne Covvidi», frase pronunciata dalla ormai famosa signora Angela da Mondello, scovata da quella fucina di talent scout del trash quali sono i programmi di Barbara D’Urso. Quella frase divenuta un vero è proprio tormentone, forse, inconsapevolmente, è stato come una sorta  di autolavaggio del cervello per una buona parte della popolazione che, di colpo, ha sbiadito  definitivamente i ricordi dei mesi di clausura e fatto vaporizzare anche le mascherine che, almeno fino a luglio, tenevamo comodamente appese all’avambraccio tanto da sembrare come un capitano di  una squadra di calcio. 

Nel crescendo della nostra estate, in particolare nella fase agostana, la voglia di spensieratezza si era fatta così forte che - tra mare e montagna, ombrelloni ed escursioni, aperitivi e balli sfrenati - il desiderio di tornare alla normalità stava quasi per avverarsi. Eppure la vera normalità ormai era ed è un’altra, ovvero quella che ci accompagna quotidianamente da marzo in poi. E così, in maniera rovinosa, siamo ritornati con i piedi per terra un po’ come il Barcellona di Messi dopo gli otto gol subiti dal Bayern Monaco. Ma a tornare con i piedi per terra è stata anche la classe governativa che  dopo aver passato un’estate arroccata sui banchi monoposto - ma non come nel film L’attimo fuggente per omaggiare il professor Keating al grido di «Capitano, mio capitano!», ma semplicemente per capire come mettere nome con l’apertura delle scuole - è scesa per chiudere le discoteche e introdurre delle misure più restrittive riguardo ai tamponi e l’uso delle mascherine. Ma in quella che è la grande gazzarra della politica italiana, anche l’opposizione è riuscita a rendere unica quest’estate italiana, con un “leader” che andava «sputacchiando» per le piazze italiane rigorosamente senza mascherina e con tanto di assembramenti che caratterizzavano i suoi comizi. 

E se sullo sfumare di questa folle e strana estate italiana, qualcuno aveva scambiato il Covid per una «prostatite», i tramonti di fine estate hanno fatto riaffiorare definitivamente dall’«oceano» tutte le nostre paure, tutte le nostre incertezze non sul futuro, ma peggio ancora sul presente. Così siamo stati costretti a uscire da quel mondo idilliaco e naturalistico nel quale c’eravamo rinchiusi. Un mondo che tanto richiamava il regno di marvelliana memoria del Wakanda, diventato orfano in questa triste e assurda estate anche del suo re, l’attore Chadwick Boseman morto a 43 anni per un tumore al colon. Siamo così ripiombati nel grigiore delle nostre città ormai orfane di turisti, di studenti universitari e di un’identità ormai persa con il lockdown. 

Ora sul sole di York si addensano le nuvole d’autunno, che sembrano celare lo scoppio di una crisi sociale che potrebbe esplodere da un momento dall’altro. E così, nel sipario che cala, quella che doveva essere l’estate della nostra apparente contentezza, alla fine si è trasformata nell’estate del nostro scontento.  





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