Vacanze napoletane

Ad agosto c'è chi fugge dalla calura cittadina, ma anche chi resta...

    di Amedeo Forastiere

Anche questa estate è passata. Che sole, che sole cucente. / E chi vò fà niente? / E chi po’ fa ninete? Così scriveva Libero Bovio nella sua canzone Esta’…una mangiata di anni fa’. Il problema del caldo nella nostra città è antico. Puntualmente, ogni anno, lo affrontiamo con stupore, come se la temperatura che aumenta fosse un fenomeno che non ci appartiene. A noi piace l’aria fresca, la primavera, l’odore della Malvarosa, con il caldo dell’Esta’ abbiamo un rapporto di odio e amore. Effettivamente quello del 2017 è stato un caldo sfacciatamente esagerato. Gli esperti di meteorologia hanno chiarito che ci dobbiamo "rassegnare": le prossime estate saranno sempre così.  

Tanti poeti e musicisti hanno cantato l’estate con versi e canzoni. Molti sono stati i famosi tormentoni che hanno accompagnato le estati dell’adolescenza passata. Un rituale che con il passare degli anni si è quasi perso. Si aspettava la canzone da ballare, cantare per tutto il tempo della vacanza al mare, fino alla fine di settembre. Di solito era un motivetto molto ritmato, con arrangiamento vivace e un ritornello facile. Si ballava sui lidi balneari nello spazio del bar, dove c’era il juke-box. Era un appuntamento che aspettavano tutti i ragazzi yéyé.

Nascevano anche gli amori, perché non tutti i brani erano ritmati. C’era sempre qualche lento ballato stretto stretto da respirare l’odore del mare sulla pelle, il sapore dell’acqua salata sulle labbra quando si riusciva a rubare un furtivo bacio alla giovane fanciulla. Alcuni amori nati con i lenti della calda estate, non si spegnevano alle prime piogge d’autunno, restavano per sempre…

Fino a pochi anni fa, quando non c’era la maledetta crisi economica e non avevamo la moneta unica europea, le vacanze duravano due mesi. Le famiglie partivano poco dopo la chiusura delle scuole. E mentre i mariti, dopo il breve periodo di ferie, ritornavamo a faticare, le mogli con i piccirilli restavano ad abbrustolirsi al mare. Personalmente preferivo il mese di luglio per il mio periodo di ferie, da trascorrere a Ischia, dove la mia famiglia di solito vacanzava. Luglio era sempre il mese più caldo, ma non c’era mai il pienone sulle spiagge, per cui la mia vacanza era veramente rilassante. Ad agosto preferivo lavorare, il giornale non chiudeva per le ferie.

Ricordo che Napoli si svuotava, dalle strade, con un colpo di bacchetta magica, spariva il traffico, donando alla città quel fascino di una bella donna che finalmente si rilassa, godendosi la poesia del silenzio… Silenzio cantatore, mi cadeva tra braccia senza parlare! Mi spostavo da una parte all’altra della città in tempi rapidissimi senza spingere troppo il piede su l’acceleratore…era un incanto... Ricordo che nel mio palazzo, nella zona collinare della città, la settimana del ferragosto era quella più desertificata: partivano tutti. Restavamo solo io e il portiere, anche sua moglie partiva, per trasferirsi dai parenti al paesello nell’avellinese. Il problema era l’approvvigionamento dei viveri, nella mia zona chiudevano tutti. Altri tempi, poi tutto cambia, non sempre in meglio.

Adesso la città nel mese di agosto non si svuota, anzi, ogni anno si riempie sempre più di gente, quest’anno poi c’è stata un’affluenza di turisti come non si registrava da anni. Girovagando per il centro città ho avuto la sensazione che non fosse agosto, ma un mese qualsiasi dell’anno. Tutti i negozi aperti, tanta gente che passeggiava, e addirittura il traffico, leggermente ridotto rispetto ai mesi non estivi, ma vivo. E la bella Neapolis non si rilassa più, accusando i segni di stanchezza per il troppo stress; traffico e chiasso anche ad agosto? Nun se’ po’ ffà! Ho notato, tra le tante persone che giravano per la città, non solo turisti, ma anche molti napoletani. Ognuno s’inventa una scusa per giustificare la permanenza in città, e la mancata vacanza mare.

Non abitando più a Napoli, ogni volta che ci torno, non trascuro mai la promenade per via Toledo, con l’inevitabile sosta al civico 275, da Pintauro, l’antica e storica pasticceria, conosciuta in tutto il mondo per le sue sfogliatelle. Era il 1818, quando Pasquale Pintauro pensò di trasformare la sua osteria in una pasticceria, avendo avuto, per vie tuttora sconosciute, la ricetta della "santa rosa", un dolce nato in un convento sulla costiera amalfitana. Lo modificò e invento la sfogliatella, riccia e frolla. Preferisco la riccia, è come una bella guagliona capricciosa e friccicarella, mi abbandono al suo sapore unico e a quel profumo che la rende misteriosa.

Uscendo a testa bassa dalla pasticceria, tutto immerso nella croccandezza della sfogliatella riccia, prestando attenzione a non farmi cadere lo zucchero sulla camicia, stregato come Ulisse con la dea Circe, vado a sbattere non sugli scogli come l’eroico navigatore, ma contro un passante. L’urto è violento, la mia riccia lascia cadere lo zucchero sulla camicia blu del passante. Che figura! Lo guardo per scusarmi e scopro che il passante investito è un vecchio amico che non vedevo da anni, Eduardo. Sorpresa reciproca di esserci incontrati dopo tanti anni, in una circostanza cosi strana, ci viene da ridere come se stessimo vivendo una comica. Cerco di riparare il danno pulendo la camicia imbrattata di zucchero con un fazzolettino di carta, per farmi perdonare gli offro una sfogliatella, sceglie la frolla senza zucchero. Passeggiamo insieme per via Toledo. Non ero sorpreso solo dall'incontro, ma di vedere Eduardo ad agosto in città. Quando ci frequentavamo il mio amico verso metà giugno spariva, partiva per le vacanze e tornava a metà settembre, abbronzatissimo da confondersi con un vù cumbrà?

Bianco, senza una minima ombra di abbronzatura. Probabilmente sbaglio (perché certe domande non si fanno quando la risposta e così evidente).

Eduardo, come mai in città, non sei andato in vacanze?

Con lo sguardo basso, a voler nascondere la realtà, dopo un attimo di silenzio mi risponde: Non sono andato in vacanza perché è un periodo che ho un rapporto conflittuale con la moneta unica europea, non ci salutiamo nemmeno!

Capisco e non gli domando altro.

La risposta del mio amico Eduardo sul rapporto conflittuale con la moneta unica europea, tradotta in termini estremamente semplici è: nun tengo na’ lira!

Alla prossima ragazzi





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