Netflix, luci e tenebre di un colosso

Film e serie di grande qualita', ma attenti al vizio della 'propaganda'.

    di Mario Vittorio D'Aquino

La piattaforma Netflix è una delle più viste dagli appassionati di film e serie tv. Fondata da Scotts Valley in California nel 1997, originariamente vendeva DVD su prenotazione. Ora è facilmente ottenibile sui vari stores di Android e Apple e dal 2013 l’applicazione offre un servizio streaming online a pagamento mensile dove l’utente può sbizzarrirsi nella scelta di pellicole e serie tv persino targate Netflix Production. Come scelta di prim’ordine possiamo trovare l’avvincente e pluripremiata serie di Breaking Bad che vede come protagonista un professore di chimica che, frustrato dai suoi malanni, inizia a cucinare metanfetamina sfruttando la sua bravura con gli elementi chimici. Oppure film come Il Traditore con Pierfrancesco Favino che interpreta Tommaso “Masino” Buscetta.

Ma il culmine Netflix lo ha toccato con Narcos (la storia di Escobar e dei cartelli colombiani della droga) o con I due Papi (in cui c’è Anthony Hopkins) e The Irishman (con Robert De Niro e Al Pacino) che hanno avuto molte nomination all’Oscar e sono film prodotti proprio dal colosso americano. Questa popolarità ha portato l’azienda ad essere al centro dell’attenzione nel bene e nel male, dentro e fuori il campo cinematografico. In un mondo in cui tutto è digitale, dove si va all’ estrema ricerca della comodità e del relax (chilling in gergo anglofono giovanile), Netflix è la soluzione oziosa e pratica per chi vuole godersi sul divano dello spettacolo che non può trovare sulla tv che ormai offre programmi scialbi e demenziali.

Di contro, con l’irruente ingresso nelle case della società della California si è visto che le persone hanno iniziato a non frequentare più con interesse il cinema, quel famoso posto magico non solo per l’atmosfera calorosa e per il profumo inconfondibile dei pop corn ma anche perché per generazioni è stato luogo di appuntamenti romantici. Il cinema ha una storia ormai secolare ed è stato sfruttato, prima dell’avvento delle televisioni, anche come mass media e come mezzo di propaganda. Ad oggi con l’incessante progresso che avanza, gli strumenti di proselitismo si sono evoluti e dal multisala si è passati al freddo e solitario monoposto occupato da uno spettatore che si gode lo spettacolo dalla sua tv o da uno squallido schermo dello smartphone o del tablet accoccolato sul divano o sul letto.

Il progresso, da ormai decenni, assieme con la globalizzazione ha scatenato uno scriteriato fenomeno che ha inondato anche la cinematografia: il politicamente corretto. Si è diffuso soprattutto con la proibizione di trasmettere la visione di determinati contenuti ritenuti inadatti o non conformi al pensiero unico (simbolica è la vicenda di Via Col Vento) e la piattaforma protagonista dell’articolo segue in toto il suddetto fenomeno, creando non poco sdegno da parte dei cinefili.

Ma quali sono questi contenuti? E a cosa stiamo assistendo? I contenuti proposti da Netflix e da altre piattaforme come Prime Video o le rivisitazioni dei classici Disney stanno volgendo sempre più verso la sensibilizzazione dello spettatore attraverso la costruzione di personaggi con aspetti caratteriali particolari (orientamento sessuale, carnagione ecc.) che vengono rappresentati sistematicamente in chiave positiva interpretando sempre più spesso ruoli da protagonista, a costo persino di distorcere la verosimiglianza degli eventi. La famosa serie La Casa di Carta di origine spagnola che vede una banda criminale rubare alla zecca di Stato di Madrid è, possiamo dire, l’emblema di ciò che si discute.

Questa fiction, durante le sue quattro stagioni spalmate in otto episodi ciascuna, è innanzitutto apologetica. Impossibile non accorgersi delle continue sfumature all’inneggiamento al comunismo anche decontestualizzando la storia narrante in sé (in più di una scena Berlino, un personaggio importante della serie, canta “Bella Ciao”) e non è difficile scorgere qualche pugno chiuso. Ma non finisce qui. Tokyo, personaggio femminile, l’impulsiva del gruppo, più volte si vede protagonista di atteggiamenti volti al femminismo radicale (che ha poco a che vedere con quello delle suffragette) deridendo spesso i compagni uomini che sono al comando o facendo di testa sua mettendo continuamente in pericolo la banda. L’opinione pubblica la considera un’eroina e, addirittura, un esempio.

Lo stesso femminismo radicale, detto anche nazy femminismo, inseritosi nel modus cogitandi comune ha provocato danni giuridici ed economici all’attore Johnny Depp reo, a parere della moglie, di essere un violento. In realtà le minacce fisiche e psicologiche le ha subite lui essendosi, persino in tribunale, riuscito a difendere e più volte sono circolate foto in cui lui aveva vistosi lividi in faccia. Per Netflix non basta, negli USA e in Australia non sono disponibili suoi film sulla piattaforma. L’emancipazione forzata non è visibile solo ne La Casa di Carta ma in altre serie ambientate nel passato in cui le donne sono protagoniste di eventi inverosimili se volessimo realmente contestualizzare i tempi in cui sono avvenuti. Queste storpiature si allargano anche, come detto, per quanto riguarda l’aspetto puramente fisico.

Omero ne L’Iliade ci mostra l’eroe Achille con capelli d’oro e fluenti, di carnagione bianca. Non per Netflix che agli utenti ha rifilato una serie in cui il figlio di Tete è pelato e di colore. Errore narrativo che non sfugge ad un occhio ben attento, ma che invece destabilizza l’inesperto o chi non conosce i fatti. Di revisionismo storico e della distorsione degli eventi la cinematografia ne è piena: da La vita è bella in cui si vedono gli americani al posto dei russi a salvare i deportati dal campo di concentramento, al film Novecento pieno di imbottiture romanzate atte al solo scopo di colpire lo spettatore e persuaderlo. Ultimo ma non per importanza è l’esempio della rivisitazione dal cartone al film de Lilli e il Vagabondo visibile gratuitamente su Disney+. Nel film osserviamo alcune dinamiche anomale nella famiglia che ospita la cagnolina: la moglie Tesoro ha improvvisamente cambiato colore della pelle esternando così una conseguenza assurda se pensiamo che il film è ambientato nel 1909, in cui erano pressoché inesistenti le coppie “miste”. La stessa sorte è toccata a zia Sara. Inoltre anche l’autorità del marito, Gianni Caro, non è pervenuta e nel film è quasi uno zerbino della moglie, un dettaglio fortemente inverosimile tenendo a mente il periodo storico.

 





Back to Top