Due cuori e un giudice

Ingannare il partner è reato di truffa sentimentale

    di Adelaide Caravaglios

Indurre in errore una persona circa i propri sentimenti; farle credere di voler costruire insieme una famiglia ed, al contempo, convincerla a farsi dare del denaro con l’“iniziale” e “perdurante” obiettivo di ingannarla e di non restituirle la somma prestata configura una vera e propria “truffa sentimentale”: è così che l’ha definita il Tribunale di Milano in un recente intervento, a seguito del quale sono state definite le caratteristiche di un simile crimine. Invero, il reato di truffa sentimentale si configurerebbe tutte quelle volte nelle quali un partner inganni dolosamente l’altro sulla veridicità dei propri sentimenti al solo scopo di conseguire un vantaggio patrimoniale.

Facile a dirsi, meno facile a scoprirsi! Eh sì, perché il problema, in tutte queste ipotesi, è quello di individuare, nella pratica, il momento nel quale può dirsi configurata una fattispecie del genere: spesse volte, infatti, non ci si riesce perché – spiega il giudice meneghino – non si possono conoscere tutte le componenti di una relazione di coppia, le sue variabili, le sue dinamiche. Ne consegue che alla fine risulta “normalmente impossibile provare che non sussistano altre cause di per sé sufficienti a giustificare l’atto dispositivo”.

Per aversi il reato di truffa sentimentale, in altre parole, bisognerebbe individuare tre fattori: 1) la portata fraudolenta della condotta; 2) il dolo iniziale e 3) un rapporto causale consequenziale che leghi l’errore con l’atto di disposizione patrimoniale. Insomma un vero e proprio campo minato per i giudici che finirebbero con l’ingerirsi, a gamba tesa, in una relazione sentimentale al solo scopo di indagare le reali volontà dei partner.

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