A Madrid si canta napoletano

Alla Settimana della lingua italiana nel mondo, concerto di Bennato nella capitale spagnola

    di Maria Regina De Luca

Col sottotitolo "Italiano della Musica, Musica dell’Italiano", l’Istituto Italiano di Cultura il 14 ottobre ha inaugurato a Madrid la XV Settimana della lingua italiana nel mondo col concerto di Eugenio Bennato e la sua band dal titolo: "Balla la Nuova Italia", al centro Conde Duque. Nella sala gremita dove, tra residenti, studenti e turisti gl’italiani figuravano il larga percentuale, quel misterioso afflato che comunica all’attore forza e sicurezza è scattato all’istante, levitando nella bolla emozionale che ha più volte cercato, nell’applauso-ovazione a scena aperta, il suo sfogo liberatorio. E’ impossibile anche accennare, in poche righe, alla carriera di Eugenio Bennato, cantautore, musicista, fondatore di nuovi linguaggi rivolti a salvare musiche e danze popolari, espressioni creative della tradizione, e diffonderle in altre culture senza tradirne le radici. Primario tra gl’impegni della fondazione Taranta Power è proprio la salvaguardia delle radici etnico-culturali e antropologiche dei rituali d’origine che Bennato indaga risalendo alle villanelle, allo strambotto, alla laude. La sua audacia compositiva sembra partirgli da dentro, dove rabbia e passione la covano fino a farla esplodere in una ricchezza espressiva di chi sa tutto dell’arte dei suoni. La serata madrilena, ricchissima delle splendide composizione ormai classiche di Bennato e, per gentilezza d’ospite verso l’Istituto Italiano di cultura, di due canzoni napoletane, è stata improntata dall’artista a una tematica pacifista, non priva di dolorose denunce alla nostra desolata attualità.

Se ‘"Napul'è" Pino Daniele ce la dipinge schiarendone appena i colori con qualche speranza d’azzurro, la conclusiva Tammurriata nera sembra non accettare compromessi col nostro presente, conducendoci in un mondo di ieri appena uscito da un conflitto greve di dolore, distruzione, miseria, morte. Pure, riportandoci a quel mondo, la canzone c’induce in considerazioni sulla dissonanza dei tempi, non certo a sfavore di quello remoto. Forse è vero quanto testimoniano le generazioni dei nostri nonni sulla possibile, seppure apparentemente implausibile speranza nel futuro che vi aleggiava, sui sentimenti che avevano terreni non tossici né devianti per fiorire e i valori che non erano sottoposti ai capricci del transeunte, ma basati su solide basi etiche e religiose. Tammurriata nera ha tutto questo come uno sfondo che stasera sembra esser messo in luce da quest’atmosfera di reciproca intesa. Ci vien fatto di chiederci perché quella madre quindicenne abbia deciso di tenersi il suo bambino, accettandone il marchio per la vita, e quante medaglie al valore civile e militare avrebbe meritato. Ci vien fatto di chiederci anche se sia possibile, oggi, capire l’alto significato che al gesto della madre-bambina vollero dare i suoi autori con la loro canzone,  Nicolardi col paragonare  la nascita di un bambino nero alla spigatura d’oro del grano, E.A.Mario modulando la tammurriata con una geniale soluzione di alta classe compositiva, dando alla cadenza della musica l’ironica indulgenza e la complice nonchalance di sottolineare un dubbio, di dare paterni consigli assolutori, di avvolgere madre e bambino nel suono cullante e ondoso di una ninna-nanna. Non a caso, Tammurriata nera è oggi ancor più attuale di quanto non lo fosse nel suo anno di nascita, il 1944. Splendida per versi e per musica, Tammurriata nera è un inno alla forza risanatrice della vita e un appello alla pace, senza distinzioni di latitudini e di etnie: Su questa canzone senza tempo né spazio, il coinvolgimento del pubblico ha rotto gli argini inondando la sala di battimani e di evviva. Forzando la barriera umana, mi sono accostata al protagonista per sussurrargli all’orecchio, sperando che mi rispondesse di sì. "Napoli non è una carta sporca", ma per sentirmi rispondere:"Lo è, tocca a noi far di tutto per ripulirla". Grande, Eugenio. Bennato. Non vogliamo darti il peso di essere tutti noi; speriamo solo di essere, noi tutti, te.





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