Un bugiardo da non condannare
Il regista Alfredo Arias rilegge il capolavoro di Goldoni
di Teresa Mori
Torna il Napoli Teatro Festival e porta con sé, come sempre, tanta innovazione ma anche continua attenzione alla tradizione. Quest'anno è la volta di Goldoni, fra i tanti classici riletti. Andato in scena a Castel Sant'Elmo, "Il bugiardo", nella cornice della suggestivissima "Piazza d'armi", dal 12 al 15 giugno. Commedia ispirata alla “Verdad sospechosa” dello spagnolo Juan Ruiz de Alarcón, rappresentata per la prima volta a Mantova nel 1750 e stampata a Firenze nel 1753. Attraverso questo testo Carlo Goldoni, in maniera sorprendentemente moderna, cerca di trasmettere un insegnamento che è rintracciabile nella vita di tutti i giorni, fa capire come in realtà le bugie sono solo uno strumento che alla fine si ritorce contro. Riesce a moralizzare tramite una commedia che sembra tutto fuorché un romanzo di formazione, grazie al sostegno del dialetto veneziano e attraverso la risata. I dialoghi rapidi e semplici non danno tempo di pensare ma riescono con molta semplicità a far intendere il messaggio di base della storia.
Nella versione del Napoli Teatro Festival, la rima goldoniana è sapientemente sfoggiata dal napoletano Geppy Gleijeses che affronta con indiscussa classe il personaggio di Lelio, spregiudicato e inguaribile menzognere. L'attore nostrano è affiancato in scena dalla sua compagna, anche nella vita, Marianella Bargilli nella parte dell'ingenua quanto patetica Rosaura e da Andrea Giordana, ilare Pantalone abbastanza inusuale ma sicuramente efficace nel disegno registico.
La regia è affidata ad Alfredo Arias, uno fra i più importanti registi internazionali, argentino naturalizzato francese, autore di spettacoli effervescenti animati da un'ironia ora tenera ora folle uscente dal grande successo napoletano di "Circo equestre Sgueglia" che dà la sua versione del bugiardo goldoniano: «La nostra prima reazione sarebbe quella di punire colui che mente, ed è vero che il testo di Goldoni finisce con il pentimento e la condanna del personaggio di Lelio, colui che durante tutto lo spettacolo non ha fatto che trasformare le situazioni scontate con delle "meravigliose invenzioni". Penso che questo giudizio moralistico non sia che una facciata di convenienza e che, dietro questa, ci sia la gioia di celebrare coloro che osano proporre una visione romanzesca della vita, anche al prezzo di qualche sofferenza, ma meglio una vita gioiosamente sregolata dalla menzogna che l’insopportabile monotonia del quotidiano. Questa rappresentazione de Il Bugiardo ci propone di celebrare in Lelio un favoloso scrittore inventore, non di un'opera letteraria, ma di una commedia».