Un angolo di storia e cultura
Basilica di San Giovanni Maggiore Pignatelli, la nuova stagione concertistica
di Maria Regina De Luca
Non si può, in occasione dell’inaugurazione (il 26 settembre scorso) degli eventi che la Basilica di San Giovanni Maggiore Pignatelli presenta ogni anno, con puntuale cadenza, tacere della storia della basilica, che contribuisce a fare di un piccolo angolo di Napoli una fonte di storia e di cultura.
Come molti sanno e ricordano, dopo circa quarant’anni di chiusura per il crollo della volta nel 1970, le forze attive della cittadinanza si adoperarono per la riapertura della Basilica. L’Ordine degli Ingegneri della Provincia di Napoli offrì la sua collaborazione affinché questo splendido edificio tornasse a vivere, evitando che il degrado invadesse del tutto quest’angolo della città così denso di significati.
Sul Largo San Giovanni Maggiore si affacciano infatti tre capolavori architettonici: la Basilica, la Cappella Pappacoda, il Palazzo Giusso. Ognuno di essi è la testimonianza plurisecolare di vicende che hanno arricchito la conoscenza, la civiltà, lo spirito etico della Napoli antica e di quelle che ne hanno insanguinato la storia.
La Basilica, alla quale spetta il primato per età, fu eretta su un tempio pagano e destinata a luogo di culto in seguito all’editto di Costantino del 313. La sua architettura paleocristiana venne rimaneggiata più volte, secondo le tendenze artistiche e architettoniche dei diversi secoli e da ogni ricostruzione, come in quelle dopo i terremoti del 1635, del 1732, del 1805, del 1870, emersero testimonianze della storia dell’arte e dei grandi architetti e scultori del tempo quali Enrico Alvino, Giovanni di Nola, il Sanmartino, Domenico Antonio Vaccaro, al quale dobbiamo lo splendido altare che ha ai lati due colonne romane del VI secolo con capitelli corinzi. Tutto quanto è dentro e fuori da queste mura esprime la volontà di non morire, ed è proprio a quest’appello che l’Ordine degli Ingegneri della Provincia di Napoli ha risposto, contribuendo a restituire alla Basilica la sua secolare funzione di culto, insieme a quella di centro di studi e di convegni dell’Ordine e di conservazione e di diffusione della conoscenza in tutte le sue espressioni, dall’arte alla musica alla letteratura.. Uscendo dalla Basilica, diamo uno sguardo a quanto ci circonda.
A destra è la Cappella Pappacoda, eretta nel 1415 dal consigliere di re Ladislao I d’Angiò-Durazzo: Artusio Pappacoda, Patrizio Napolitano e Grande del Regno, e dedicata a San Giovanni Evangelista. Quanto se ne può scorgere, dopo i rimaneggiamenti settecenteschi e la secolare incuria, è lo splendido portale ogivale gotico in marmo bianco e piperno.
A sinistra Palazzo Giusso, sede storica dell’Istituto Universitario Orientale. Nel XVI secolo vi era qui una casa aristocratica con agrumeto e vista del mare, che allora giungeva fino al Rettifilo. Vi abitò Gonzalo Fernandez de Cordòba, primo vicerè di Napoli. Nel 1546 venne venduta, vi fu edificato un nuovo palazzo dall’architetto Giovanni da Nola acquistato nel 1645 dal Cardinale Filomarino, arcivescovo di Napoli, ucciso insieme al fratello nei moti della repubblica napoletana del 1799.
Nel 1828 il palazzo viene ceduto al banchiere Luigi Giusso che ne fece sede della sua banca. Nel 1831 venne dato in affitto al Regio Istituto Orientale, che l’acquistò pochi anni dopo. La storia dell’Orientale parte anch’essa da lontano, dal settecentesco Collegio dei Cinesi fondato dal missionario Matteo Ripa per formare i giovani cinesi alla diffusione del cattolicesimo nel paese d’origine. Tra i giovani napoletani che lo frequentarono da esterni vi fu Sant’Alfonso de’ Liguori. Dopo l’unità, nel 1868, il Collegio dei cinesi diventa Real Collegio Asiatico e, nel 1888, Istituto Orientale, affollato nel secolo successivo di studenti aspiranti ad una sistemazione nelle amministrazioni coloniali. Venendo meno tale sbocco con la perdita delle colonie, lo studio delle lingue orientali fu affiancato da quello delle lingue occidentali .
Al palazzo Giusso apparteneva il secolare e splendido cedro del Libano, abbattuto nel 2013 e sostituito alla men peggio dopo pochi giorni, in seguito all’insurrezione compatta degli abitanti dalla zona che considerarono l’abbattimento dell’albero un attentato a una parte della storia del luogo, poiché l’antico cedro del Libano era considerato il quarto monumento del Largo San Giovanni Maggiore Pignatelli.
Se c’inoltriamo lungo la strada a sinistra, anche solo fino al Largo Banchi Nuovi e a Palazzo Penne, veniamo addirittura travolti da una storia che, forse, non ha pari nel mondo. L’iniziativa dell’Ordine degl’Ingegneri della Provincia di Napoli, con la sua intensa attività scientifica e culturale, è stata definita il "quinto monumento" su questo Largo già straripante di cultura e di un passato irripetibile. Dalla sua riapertura, nel 2012, la Basilica è infatti luce ed esempio di impegno etico, civile e sociale che, seguito da altri uomini di buona volontà, potrebbe contribuire a salvare Napoli dalla deriva della barbarie e dell’inciviltà. Si deve all’impegno e alla ferma volontà dell’Ingegnere Luigi Vinci, presidente del Consiglio dell’Ordine degli Ingegneri della Campania, la grande risonanza che l’attività della Basilica ha acquistato in questi anni, divenendo punto ci riferimento e di aggregazione di quanti hanno a cuore il miglioramento del presente e la salvezza del futuro di Napoli. Dalla Basilica di San Giovanni Maggiore, l’Ordine si fa portavoce di un passato denso di conoscenza e di storia che non teme confronti, nel nome della Napoli gentile di Gianbattista Vico e dei secoli d’oro della sua storia che l’inserirono tra le grandi capitali europee.
Il 26 settembre, inaugurando la nuova stagione d’incontri musicali, i brani di autori celebri composti centinaia d’anni fa e ancora vividamente splendidi, emozionanti, attuali, hanno tradotto in musica la nostra speranza di futuro. Il concerto inaugurale ha avuto per tema l’Autunno, e su tale stagione si è orientata la scelta dei brani di musica classica del Maestro Rosario Ruggero, delle canzoni dei Maestri Antimo Pedata e Raffaele Mancini, le letture poetiche dell’Ingegnere Antonio Giorgio.