Il bivio del tifoso
Speranze e delusioni del supporter azzurro
di Roberto Bratti
Alle ore 23 e 01 di lunedì 1 settembre tiro un lungo respiro e dico: “Finalmente è finita!”. Penso al tempo che anche quest’estate ho sprecato seguendo il calciomercato. Penso a tutti i nomi di giocatori accostati al Napoli, alle ore passate davanti lo schermo a seguire gli aggiornamenti di fantomatiche trattative. Penso a quanto mi sono illuso. Penso a quanto ho sognato calciatori in grado di fare quel benedetto salto di qualità che è rimasto una chimera. Penso a Mascherano, a Gonalons, a Lucas Leiva, a Javi Garcia. E ancora a Sandro. Ripenso a quando, dopo un tuffo a mare, ancora bagnato, cercavo furiosamente sullo smartphone novità, certezze sulle tante voci che agitavano i miei sogni. Penso a Fellaini, a Kramer, a Janmaat, ad Arbeloa, a Vermaleen ed Agger. Penso alle ore buttate quando avrei potuto fare qualcosa di più costruttivo.
Ripenso alle dichiarazioni di luglio del presidente De Laurentiis che affermava, con la solita prosopopea, di voler vincere lo scudetto.
Poi guardo gli acquisti del Napoli: in porta, Andujar per Reina, con fiducia al giovane e promettente Rafael.
Sugli esterni nessun acquisto, ma la speranza di rivedere giocare dopo un anno di infortunio Zuniga. Al centro della difesa Fernandez è stato venduto (bene) allo Swansea. Al suo posto il giovane Koulibaly. A centrocampo via Behrami e Dzemaili, sostituiti da De Guzman (che è più un vice Hamsik) e il giovane (anche lui) David Lopez. Provenienza: Espanol, serie B spagnola. In attacco via Pandev e dentro Michu, reduce da un lungo infortunio che lo ha tenuto lontano un anno dal campo.
Dopo il buon campionato dello scorso anno, dopo i 78 punti in campionato e i 12 in Champions, dopo il record di gol fatti e di vittorie in trasferta, servivano giocatori in grado di fare la differenza, dei top in grado di accorciare il gap con Roma e Juve: un centrocampista di esperienza, un leader carismatico in grado di prendersi la squadra sulle spalle nei momenti di difficoltà. Un centrale affidabile che potesse dare ogni tanto respiro ad Albiol. Un esterno che potesse assicurare la doppia fase di spinta e difesa. Un attaccante affidabile che potesse sopperire ad un raffreddore di Higuain.
Tutte operazioni alla portata di una squadra che è uscita in malo modo dal preliminare di Champions, affrontato col redivivo Gargano titolare (uno dei pochi ad essersi salvato) e Britos adattato sulla fascia sinistra. Errori di gestione che hanno portato ad un mancato incasso di 30 milioni e ad un importante ridimensionamento.
L’unica certezza resta Rafa Benitez, probabilmente all’ultimo anno sulla panchina azzurra. Ed è proprio Rafa il nocciolo della questione: non ha rinnovato perché deluso dalla campagna acquisti e dalle promesse non mantenute dalle società? O non si è acquistato perché si è preferito non rischiare di prendere giocatori magari non graditi al tecnico del prossimo anno? Il classico cane che si morde la coda. A pagarne le conseguenze, una tifoseria delusa dall’ennesimo vorrei ma non posso.
Preso atto del ridimensionamento, il tifoso è a un bivio. La prima strada, quella razionale, porta al disamoramento. Mi rendo conto dei limiti di questa squadra e pur essendo grato a questa società per avermi portato stabilmente tra le prime 5 squadre in Italia, decido di seguire il campionato con distacco, conscio dei nostri limiti.
La seconda, più irrazionale, porta alla sofferenza. Sì, sono consapevole della superiorità di Juventus e Roma. Sono conscio anche che si è assottigliato il gap con Inter e Fiorentina, so che Milan e Lazio hanno fatto un buon mercato. So perfettamente che questo è il massimo per la nostra squadra ed è inutile illudersi più di tanto.
Ma nonostante ciò non mi abbatto e sosterrò sempre questa squadra. Tutti uniti. Appassionatamente. Spalla a spalla. Questo è il bivio del tifoso azzurro. Ed è in questo momento che mi piacerebbe essere razionale e calcolatore. Invece sono un tifoso che ama. E l’amore non ha ragione, solo cuore. E sofferenza.