Estate al Madre
Fino al 22 settembre, in mostra l'Afghanistan di Francis Alÿs
di Livia Iannotta
C’era il classico gioco di strada, diffuso in Europa e poi abbandonato, che consisteva nel far rotolare un cerchio per il maggior tempo possibile, senza farlo cadere, con l’aiuto di un pezzetto di legno. Nel video dal titolo “Reel-Unreel”, realizzato da Francis Alÿs, uno dei più importanti artisti contemporanei, il cerchio è rimpiazzato dalle bobine cinematografiche. Due bambini le arrotolano e le srotolano, in una corsa vorticosa dall’alto della città di Kabul al centro storico. Intorno, le voci di una Babele di polvere, bazar e macerie. Sono quei 22 minuti di suoni e immagini il fulcro della mostra omonima che occupa, fino al 22 settembre prossimo, le stanze del Madre di Napoli.
Il museo di arte contemporanea di via Settembrini inaugura così la stagione estiva 2014: la più ampia personale dell’artista belga, co-prodotta con il Centre for Contemporary Art Ujazdowski Castle di Varsavia e presentata a Napoli in anteprima internazionale; unita a “Per_formare una collezione (Intermezzo)”, terza tappa di un work in progress per ampliare la collezione permanente del Madre.
Il primo appuntamento, “Reel-Unreel”, mette insieme i lavori realizzati da Alÿs, tra il 2010 e il 2014, in vari luoghi dell’Afghanistan. L’artista li chiama “Progetti afghani” e comprendono installazioni, pitture, video, disegni, fotografie, collage nati quasi per caso dalle sue esplorazioni tra intrecci di baracche e case di fortuna. Un diario di viaggio rimpolpato tramite appunti, suggestioni, pensieri, in esposizione al secondo piano del museo, cui l’artista affida il compito di ribaltare l’immagine di un Afghanistan “arrotolato” e “srotolato” dai media ad uso e consumo dell’Occidente, battendo un percorso alternativo.
«L’Afghanistan è un concentrato di tutte le contraddizioni possibili, una Las Vegas della guerra – commenta Andrea Viliani, direttore del Madre e curatore della mostra – Nel 2001 i talebani confiscarono e bruciarono migliaia di pellicole dell’Afghan Film Archive, segnale dell’odio profondo verso la cultura che ha caratterizzato il paese. Vennero però distrutte solo le copie positive. Non i negativi, tenuti nascosti. Oggi si sta tentando di ricostruire la storia del cinema afghano. La mostra e i video di Alÿs testimoniano quanto sia difficile raccontare l’essenza di un paese come questo». Sovvertimento di quel surrogato di Afghanistan, evidente anche in una serie di pitture in cui le barre prodotte elettronicamente per correggere colori e luminosità sugli schermi televisivi oscurano i bozzetti disegnati in precedenza da Alÿs.
Chiudono la mostra due opere non nate in terra afghana: “Paradox of praxis 1”, video in cui l'artista trascina per nove ore una scultura di ghiaccio per le strade di Città del Messico, fino a vederla sciogliersi del tutto, e “The Green Line” in cui Alÿs, durante una passeggiata di due giorni, marca i confini dello Stato di Israele lasciando dietro di sé una linea verde di gocce di pittura cadute da un foro nel barattolo. «A volte fare qualcosa di politico può diventare qualcosa di poetico. E a volte fare qualcosa di poetico può divenire qualcosa di politico» è, non a caso, il sottotitolo dell’opera.
Il secondo appuntamento, “Per_formare una collezione (Intermezzo)”, è invece il progetto che amplia la collezione permanente del Madre. «Un lavoro che giunge a metà del suo percorso – spiega Viliani – offrendo una collezione già matura grazie alla generosità di artisti, collezionisti, gallerie, ma con sintomi di ulteriori sviluppi». Le sale si arricchiscono così di nuovi contributi, che mettono in dialogo tra di loro artisti italiani e internazionali, con un occhio di riguardo all’avanguardia campana. Tra questi, Marisa Albanese, unica napoletana tra le “new entry”, che si inserisce in collezione con un opera dedicata proprio al Madre, dal titolo “Via Settembrini”.