Greetings from...Elena Fabris

Al Pan, dal 22 giugno al 4 luglio, in mostra scenari urbani distopici

    di Redazione

Far riflettere, utilizzando la chiave dell’ironia, sull’importanza della tutela dei beni artistici e ambientali. È questo il messaggio che l’artista Elena Fabris, sociologa, classe 1975, napoletana ma romana d’adozione, vuole trasmettere attraverso 25 opere e due istallazioni che saranno protagoniste dell’esposizione aperta al pubblico, dal 22 giugno al 4 luglio 2017, al PAN, Palazzo Arti Napoli, in collaborazione con l'Assessorato alla Cultura e Turismo del Comune di Napoli. Monumenti celebri che emergono in città allagate da un magma indefinito, multicolore. Questo il tema visivo che affonda in un mare che potrebbe essere sia il prodotto degli scarichi industriali più irresponsabili sia un liquido simbolico, un fiume d’incoscienza e disinteresse che copre, fa scomparire la bellezza e, nel quale, adulti e bambini sguazzano indifferenti, non curanti della catastrofe che li circonda. 

La mostra ha l’intento di sollecitare gli spettatori alla cura e al rispetto del bello, sia esso semplice regalo della natura che prodotto dell’ingegno umano e affronta un aspetto estremamente intimo dell’esistenza, mettendo l’accento sulla precarietà e sulle responsabilità nei confronti della vita sul pianeta. Nello spazio foyer del PAN, inoltre, l’esposizione prevede diverse opere pittoriche su tela a tecnica mista (olio, smalti industriali, tempere), organizzate in due sale: la prima relativa a diverse città, la seconda riservata esclusivamente a Napoli e nella quale è presente un’opera dedicata al sindaco De Magistris, un suo ritratto inserito tra le statue dei re di Napoli, appena restaurate sulla facciata di Palazzo Reale. L’esposizione parte dall’idea che l’arte possa e debba avere anche una funzione sociale, che sia un’occasione di riflessione, condivisione, di dialogo con lo spettatore, una sollecitazione positiva della coscienza collettiva. 

Dice della mostra Carlo Vanoni, critico e narratore d’arte: «Perché intitolare una mostra Greetings from…? Perché dipingere “monumenti celebri che emergono in città allagate da un magma indefinito?” Perché raffigurare gente che nuota non curante in un mare “che potrebbe essere sia il prodotto degli scarichi industriali più irresponsabili, che un liquido simbolico, oppure un fiume d’incoscienza e disinteresse che copre, e fa scomparire la bellezza?” Che cosa ci fanno “quelle persone che sguazzano indifferenti, non curanti della catastrofe che li circonda?” La risposta è che l’Italia, un tempo Colosseo e Ponte di Rialto, oggi è sempre più smartphone e selfie. L’Italia, un tempo Michelangelo e Caravaggio, oggi è sempre più Facebook, Twitter e Istagram. L’italia, un tempo lingua raffinata ed elegante, oggi è sempre più spread e tv on demand (…). Che fine fanno le nostre radici, e quindi la memoria -e dunque i ricordi- se un’alluvione li sommerge? Che cosa accade se nessuno più dipinge? A chi il compito di fermare un’immagine per sempre, se il supporto tecnologico su cui salviamo i nostri ricordi cambia? I lavori di Elena Fabris sono figli della società liquida di cui parlava Zygmut Bauman, dove l’unica “convinzione è che il cambiamento è l’unica cosa permanente e che l’incertezza è l‘unica certezza”. In questo mondo nuovo, liquido e galleggiante, il compito di un artista è quello di scrivere cartoline. Perché le opere d’arte altro non sono che cartoline spedite dagli artisti. Quindi, many greetings from Elena Fabris».

Nelle sale saranno fruibili i contributi critici dei Professori Paolo Balmas e Tullio de Franco, oltre che di Carlo Vanoni. 





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