Hola Diego, il mito rivive a teatro

Successo al Sannazaro dello spettacolo d'epica sportiva con Antonello Cossia

    di Armando De Sio

Il mito è parte integrante della Storia dell’Uomo. Tutti noi abbiamo bisogno, da sempre, dalle origini della nostra specie di raccontare storie, di sublimarle e di farle diventare istruttive o di raccontarle per il mero piacere di farlo. Questo e molto altro troviamo nello spettacolo “Hola Diego”, andato in scena al Teatro Sannazaro il 19 maggio scorso - nell'ambito della terza edizione e della manifestazione Montedidio racconta -, da un’idea di Max De Francesco e Davide Martino, prodotto da Iuppiter, Martino Consulting e Altro Sguardo, testo di Marcello Altamura e Gianmaria Roberti, con Antonello Cossia, dj set di Giorgio Bracci e al sax Antonio Graziano.

Lo spettacolo si apre con un riferimento alla mitologia classica e alla saga della guerra di Troia: sull’isola di Lemno giace abbandonato ormai da quasi dieci anni l’eroe Filottete, amico di Ercole e implacabile arciere, a causa di una ferita putrescente. Neottolemo però, figlio di Achille e spinto dal multiforme ingegno di Odisseo, va a riprendere l’eroe abbandonato, perché secondo il vaticinio dell’indovino Calcante, la guerra non può esser vinta senza l’intervento del fidato compagno di Ercole. Ci spostiamo quindi dal tempo degli dei e degli eroi al tempo degli uomini, e riviviamo la parabola di un novello Filottete, ma forse sarebbe meglio dire un novello Ercole, perché figlio del divino Zeus.

Dai campetti di Villa Fiorito, alle Cebollitas, dal Boca alla delusione del mondiale ’78 e ’82, dal Barcellona e al maledetto vizio della cocaina, passando per il Mondiale ’86 e le parole profetiche del semidio bambino che si avverano e che si trasformano in magia e bellezza durante la partita contro l’Inghilterra. E poi Napoli, la città che per Diego è mamma, amante, amica e padrona, croce e delizia, trionfi e cadute, scudetti, coppe e sogni realizzati. Poi il mondiale del ’90, “l’inestinguibil odio” della classe dirigente del pallone italiana e “l’indomato amor” dei napoletani, che si dividono nella notte della semifinale, a Napoli, Italia-Argentina, forse, un brutto scherzo del Destino. Gli ultimi sprazzi di Bellezza e di Grandezza nel mondiale americano del ’94, salvato dalla sua presenza, per poi essere messo da parte dalla Fifa stessa quando i dirigenti si rendono conto che quel Diego può davvero rivincerlo da solo il mondiale come nell’86. E qui ritorna Filottete, ripreso dagli Achei nel momento del bisogno.

Commovente il finale dello spettacolo dove si immagina un Diego che saluta un giovane bambino. I punti di forza di questa messinscena sono sicuramente nel testo che tocca le alte vette dell’epos, nell’esposizione chiara, puntuale e passionale di Antonello Cossia e nelle musiche del dj Giorgio Bracci, che coinvolgono lo spettatore in un viaggio anche emotivo ai tempi di Diego. Bravissimo al sax Antonio Graziano, anche se spezza un po’ il ritmo della narrazione, unico piccolissimo neo, di uno spettacolo che riesce davvero a trasmettere l’emozioni, le gioie, le paure e le cadute del più grande eroe classico contemporaneo fatto di carne, ossa, muscoli, estro e magia: Diego Armando Maradona, el pibe de oro!





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