Diabolik, il nuovo colpo dei Manetti

L'antieroe mascherato è Luca Marinelli. Regia ricca di citazioni hitchcockiane

    di Mario Vittorio D'Aquino

Nessuno lo conosce eppure, a Clerville, tutti ne parlano con paura e sdegno. La nomea del personaggio misterioso e mascherato di nero che compie rapine perfette e sfugge puntualmente agli investigatori si diffonde e arriva persino nei "salotti che contano". E' chiaramente l'uomo più discusso: è Diabolik, anzi è il Diabolik, dei Manetti (Antonio e Marco) bros, costruito dalla sceneggiatura curata dagli stessi fratelli in collaborazione con Michelangelo La Neve e Mario Gomboli.

Dopo un anno di distanza - segnato dai colpi bassi della pandemia nei confronti del cinema e dello spettacolo - dall'ipotetico lancio del film è uscito nelle sale, il 16 dicembre, Diabolik. Ispiratisi al ladro per antonomasia che ha preso vita, nel 1962, dalle sorelle Giussani che ne hanno fatto diventare un cult dei fumetti all'italiana, l'intento dei Manetti è quello di ricreare una fantasiosa cittadina degli anni '60, Clerville, con scenografie che rimandano molto a quell'epoca, paralizzata dal terrore che incombe per via del malfattore sconosciuto eppure tanto famigerato. La pellicola, girata tra Courmayeur, Milano, Bologna e Trieste non tradisce le aspettative, rese altissime causa la forzata procrastinazione della data di uscita. L'antieroe - non per questo meno affascinante - ora è sul grande schermo ed è stato interpretato dall'unico attore in grado di potersi fondere perfettamente con un personaggio tanto epico quanto spietato: Luca Marinelli, lo stesso che troviamo in Lo chiamavano Jeeg Robot (2015) che gli valse un David di Donatello.

C'è solo un uomo deciso a non indietreggiare davanti all'aura di spregiudicatezza e cupidigia che si cela dietro l'uomo in maschera da cui fuoriescono solo gli occhi azzurri, freddi e glaciali. È l'inflessibile ispettore Ginko (Valerio Mastandrea) che con approcci ben poco ortodossi tenta da sempre di acciuffare il colpevole di innumerevoli delitti. Ma il momento buono per incastrarlo è sempre il prossimo. Ginko prevede che Diabolik stia progettando un colpo ai danni di una ricca ereditiera tornata vedova dal Sud Africa, una femme fatale che con il suo fascino ed erotismo sa come giocarsi le sue carte: Eva Kant, interpretata dalla bellissima Miriam Leone. L'attrice siciliana sfodera una prestazione all'altezza e, nonostante non sia sempre pulita nelle battute, riesce a colmare alcune défaillance con la sua presenza sensuale e ammaliatrice in camera. Eva Kant è insidiata dal ministro della Giustizia Caron (Alessandro Roja) disposto a fare carte false pur di averla a suo fianco. Ma lei è perdutamente stregata, nonostante le diffide di Ginko e Caron, dal Re del Terrore, in una perdizione totale.

Questo è lo scenario iniziale disegnato (è il caso di dirlo) dai Manetti bros che si sono divertiti nel colorare con schizzi di Giallo e Noir il loro prodotto 100% made in Italy. I registi non hanno fatto a meno di stilizzare Diabolik con le molteplici sliding doors tipiche "del loro maestro", così dissero in un'intervista, Alfred Hitchcock, il vero maestro del brivido. Le riprese non sono altro che esperimenti ben riusciti per coinvolgere lo spettatore nelle scene in cui è il dettaglio a farla da padrone, nonostante questo scateni un rallentamento nella prosecuzione del film che invece è adrenalinico nelle parti iniziali. Il cast poi si allarga con attori conosciuti e di successo come Claudia Gerini e Serena Rossi che dà vita alla moglie di Walter Dorian, identità fasulla di Diabolik, partecipando così ad un lungometraggio destinato a far parlare di sé ancora per molto.





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