Premier da sogno

Il Manchester City batte il Liverpool e conquista il secondo titolo in tre anni

    di Alberto Medici

Si è conclusa ieri pomeriggio la Premier League probabilmente più bella di sempre, con gli ultimi 90’ che, pur non avendo cambiato i verdetti in cima alla classifica (e nemmeno in zona retrocessione), hanno consegnato agli archivi una stagione veramente da ricordare.

Partiamo ovviamente dalla squadra campione. Partiamo quindi da quel Manchester City, allenato dall’ingegner Pellegrini (il cui arrivo in estate aveva fatto storcere il naso a molti), che vince il secondo titolo negli ultimi tre anni. Merito ovviamente dei vari Dzeko, Aguero, Nasri, Silva, Navas e via discorrendo, ma – parere personale – questo titolo è passato soprattutto per la spina dorsale della squadra: Kompany – Yaya Tourè. Se è vero che il belga è il capitano, la bandiera e l’anima dei Citizens, è altrettanto vero che l’ivoriano è un centometrista coi piedi di velluto, un maratoneta con la visione di gioco di un architetto, un centrocampista di contenimento capace di segnare 20 goal in campionato. Se a questo duo ci si aggiunge una squadra ricca di campioni, con un’ottima difesa e un attacco letale, a conti fatti si può tranquillamente dire che il titolo sia stato più che meritato.

Più che meritato sì, anche se, a tre giornate dalla fine era il Liverpool, di Brendan Rodgers ad avere le mani sulla Premier League. Una squadra partita in sordina, senza gli onori delle cronache o la fiducia dei bookmakers, ma che ha saputo crescere di giornata in giornata, raccogliendo successi e creando un gruppo fantastico (con giocatori anche onestamente qualitativamente inferiori al City), capace di “partenze a razzo” dove nei primi minuti venivano messe a ferro e fuoco le difese avversarie. La magica (e purtroppo incompiuta) stagione dei Reds è passata sicuramente per la solidità difensiva di Skrtel, la regia illuminata dell’eterno e grandioso capitano Gerrard, della classe ritrovata della ex matricola interista Coutinho e soprattutto di quel tridente da spettacolo: Suarez – Sterling – Sturridge. Tre S, come spettacolo. Garanzia di goal, assist, giocate brillanti e qualità.

Riavvolgiamo il filo rosso e torniamo a quella giornata, la terz’ultima, in sostanza. Quella che ha spostato gli equilibri del campionato. 27 aprile 2014, ad Anfield Road si gioca Liverpool – Chelsea. Ai Reds, padroni del proprio destino, basterebbe un punto per restare davanti al City, perché in caso di arrivo a pari punti la differenza reti premierebbe gli “ingegneri” di Pellegrini. Invece, come in ogni campionato in cui vi partecipa, per la vittoria finale c’è da fare i conti anche con un altro signore: Josè Mourinho. Il portoghese sa che allena una squadra fisicamente inferiore, con qualità tecniche inferiori, anche mentalmente meno pimpante del Liverpool, e attende in casa l’Atletico Madrid per la semifinale di Champions League tre giorni dopo lo scontro diretto. Però può ancora vincere la Premier: se il Man City dovesse cadere e lui vincere lo scontro diretto a Liverpool, allora si che la corsa al titolo sarebbe riaperta. Josè allora decide di giocarsela “parcheggiando il pulmino” e aspettando nella propria metà campo per partire in contropiede con fulminee ripartenze.

E come previsto dallo stratega di Setubal, il Liverpool s’ingolfa, non andando in rete come sempre nel primo quarto d’ora e non trovando giocate che possano mettere in difficoltà la muraglia blues. E sul finire del primo tempo si consuma lo psico-dramma: Gerrard controlla male una palla orizzontale sulla metà campo e scivola, Demba Ba non ci pensa due volte, la “scippa” e corre verso la porta di Mignolet: 0-1. Quel che non doveva accadere è successo. Il Liverpool è sotto (perderà poi la partita 0-2) e l’errore che a posteriori sarà costato un campionato è stato proprio del suo uomo simbolo, quel Steven Gerrard che tanto ha desiderato vincere la prima Premier in carriera e che l’ha vista letteralmente (e fisicamente) scivolargli via dalle mani. Il calcio è tanto bello quanto crudele e le lacrime di Suarez (miglior giocatore dell’anno in Premier) sanciscono la resa dopo il pirotecnico 3-3 contro il Crystal Palace.

Ha vinto il City è vero, ma non temete: Stevie-G anche l’anno prossimo ci riproverà. Vincere un campionato in questo Liverpool probabilmente vale 3-4-5 vinti coi soldi degli sceicchi o degli oligarchi russi, anche se costa molta più sofferenza e a volte sembra di andare contro il destino.

Il capitano porta la fascia da capitano al braccio e il numero 8 sulla schiena, ma ruotate di 90° la vostra prospettiva. Cosa vedete? Il simbolo dell’infinito. Ecco, proprio quello che è Steven Gerrard.





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