LIBRI Cattedrale

Raymond Carver e la straordinaria banalità di un giorno qualunque

    di Flora Fiume

Il quotidiano così come lo abbiamo sempre conosciuto non esiste più. È irrimediabilmente perduto tra i numeri del bollettino quotidiano sul Covid della protezione civile, le disposizioni di legge che si rincorrono, litigano, si contraddicono e il caos della didattica online. Le cose da fare sono sempre le stesse. Affacciarsi alla finestra. Vedere le persone che stanno geometricamente distanziate in fila fuori al supermercato. Quelle che si trascinano il cane costretto all’ennesima passeggiata. Seguire con lo sguardo qualche sparuta automobile. Oppure gironzolare per casa soffermandosi sugli aspetti insignificanti della vita di tutti i giorni. Quella banalità del quotidiano che tanto inutile non deve essere, tutto sommato, se ha determinato la fortuna letteraria di Raymond Carver, scrittore americano contemporaneo. Una delle sue raccolte di racconti più famose si intitola “Cattedrale”: dodici storie di piccoli gesti quotidiani, momenti di vita apparentemente anonimi. Non ci sono realtà patinate, o grandi colpi di scena. Si tratta per lo più di vicende che restituiscono ambientazioni della provincia americana nei suoi tratti più trascurabili. “C’era questo cieco, un vecchio amico di mia moglie, che doveva arrivare per passare la notte da noi. Gli era appena morta la moglie”, è questo l’incipit di Cattedrale, il racconto che da’ il nome all’intera raccolta. C’è qualcosa in questo racconto che ha delle assonanze con il nostro oggi di adesso. È una storia raccontata in prima persona con un tono cinico che esce fuori sin dalle prime parole. Robert, così si chiama l’ospite, viene spesso definito con distacco, se non addirittura disprezzo, come “il cieco”. Il narratore ha parole di fastidio nei suoi confronti. E non è tanto per una qualche forma di gelosia per il rapporto tra l’uomo e sua moglie. Sebbene egli annoti con dovizia di particolari tutte le attenzioni che lei gli rivolge e la grande complicità tra i due. Quello che viene fuori è piuttosto una difficoltà a gestire il diverso. Poi però la moglie si addormenta e i due uomini restano insieme, praticamente da soli, davanti alla tv ad ascoltare un documentario che parla delle cattedrali del mondo. Robert, il cieco, non ne ha mai vista una, così chiede al narratore una mano per poterla visualizzare. Ma proprio nel vero senso della parola. E così con una penna e la mano del cieco appoggiata sulla sua, l’io narrante inizia a disegnare i tratti di una cattedrale, lasciando un solco su un foglio di carta pesante. Poi fa come il cieco. Chiude gli occhi e tocca con la punta delle dita le incisioni sul foglio. “Tenevo gli occhi ancora chiusi. Ero a casa mia. Lo sapevo. Ma avevo come la sensazione di non stare dentro a niente”.





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