C'era una volta la stampa

Povero Gutenberg

    di Silvio Fabris

Consonanti e vocali a danzare e fondersi in soggetti, predicati, verbi, complementi, e poi punti e virgole ed accenti a scandire tempi e pause. Dal buon Gutenberg nascono i “caratteri” da stampa elevati all’immortale con un invenzione semplice eppur geniale. Blocchetti di piombo che uniti da mani agili ed esperte ad altri blocchetti scuri ed inanimati squarciavano l’oscurità e creavano il mito. I caratteri di stampa, quei simpatici affarini che, apparentemente insulsi, hanno conferito dignità alle leggende medievali così come ai racconti mitologici, agli ideali e alle utopie, sposando il piacere di scrivere a quello di leggere che finiva nello sfogliar pagine fruscianti di profumo d’inchiostro.

Visione romantica. Spazzata via da tastiere elettroniche, dove alle porte della fantasia si sostituiscono porte seriali, dove gli impulsi creativi si confondono con gli impulsi elettrici, in un trionfo di realtà virtuali e mega bytes. Cerchiamo di ricordarci del buon Gutenberg, un geniale artefice di quel mondo di carta che c’era una volta, e forse non c’è più.





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