Jihad, overdose mediatica

Video virali e propaganda, è sul web che l'Isis terrorizza l'Occidente

    di Maria Neve Iervolino

La fede islamica è sorretta da cinque pilastri, dogmi fondamentali a cui si deve attenere il bravo fedele come l’elemosina, le preghiere rituali, il pellegrinaggio alla Mecca. Cosa fa invece il bravo militante dell’Isis? Sconvolge i contenuti della sua fede per dare fondamento alle mire espansionistiche dello Stato Islamico a cui appartiene, in questo modo il pilastro della fede più importante finisce sulla bandiera nera dei jihadisti: la doppia professione di fede di rispetto e amore verso Dio e Maometto viene trasformata in un simbolo bellico.

Alcuni pensatori occidentali inseriscono tra i pilastri della fede islamica anche la jihad, la guerra santa, ma quella che hanno condotto fino ad ora i jihadisti dello Stato Islamico è soprattutto una guerra del terrore vinta attraverso media e social media. La guerra terroristica dell’Isis contro l’Occidente è molto diversa da quella condotta in patria contro quelli che dovrebbero essere fratelli sotto la comune fede islamica, e che invece vengono uccisi quotidianamente, colpevoli di lottare contro la dittatura e l’integralismo che sconvolge i caratteri del Corano.

Mentre in Nord Africa si combatte con violenza e armi, spesso di dubbia provenienza, contro l’Occidente i jihadisti si sono ispirati alla risonanza avuta dai video dei terroristi di Al-Queda nei primi anni duemila: uccidendo un inglese, un francese si infligge un colpo doloroso a tutti i cittadini europei. I video delle esecuzioni diventano virali e la paura ampliata grazie a social network come twitter, dove sono numerosi i sostenitori dello stato islamico, le rivendicazioni degli attentati e soprattutto le minacce.

Questi conflitti che in minima parte hanno fisicamente attraversato il confine europeo terrorizzano i cittadini grazie all’impatto che le minacce terroristiche hanno quotidianamente sulla loro vita tramite internet e televisione. Ciò, unito a quanto poco sa il cittadino medio delle culture diverse da quella a cui appartiene, lo spinge a guardare con diffidenza una pelle più scura, una diversa religione, restando in un clima di perenne tensione.

Questa è la vera vittoria dei gruppi terroristici che operano in Siria: imporre paura e caos tra le persone, che in una sorta di sudditanza psicologica si tengo aggiornati seguendo proprio i canali dei terroristi, finendo per diventare ostaggi insieme a quelli ripresi, ma legati soltanto dalla fibra ottica.

La sudditanza psicologica a cui sono potenzialmente sottoposti milioni di occidentali è ampliata dall’interesse, spesso più morboso che d’attualità, dei canali televisivi che rimandano numerose volte i video di minaccia o propaganda. Così il campo di guerra si allarga. Decapitarne uno, due, dodici per scatenare la paura in mille, duemila, ventimila persone, che con l’intento d’informarsi e poi con sguardo ossessivo rivedono i video delle decapitazioni fino a portarsi con terrore le mani alla gola. I nostri media reagiscono aumentando la paura, preda di questa violenza psicologica o del boom degli ascolti che portano questo genere di filmati.

Il cittadino per non lasciarsi catturare nell’ambito di questo conflitto può pensare autonomamente, non riconoscere in ogni richiamo alla preghiera musulmana un canto di guerra, in ogni volto dalla barba scura un nemico, e ricordare che mentre in occidente, muoiono dieci persone, in Nord Africa la guerra miete vittime ogni minuto, e loro non possono esorcizzare il terrore attaccando un nemico stereotipato, ma riconoscendo il volto di un fratello.

Il musulmano ha cinque pilastri della fede, il jihadista ne ha solo uno: la doppia professione di fede per la guerra, virale in occidente, violenta in Nord Africa. 





Back to Top