La Grande Madre

    di Rosamaria Lentini

Nel segno della vergine rivivono i miti di Dike e di Demetra, simboli di equilibrio e procreazione

Nei Phenomena, Arato racconta che da Zeus e Temi nacquero le Ore, le Signore della maturità e del tempo giusto: Eunomia era la Disciplina, Dike la Giustizia, Irene la Pace.

Nell’età dell’oro Dike, nonostante fosse immortale, viveva in mezzo agli uomini custode del buon vivere civile, ma quando il mondo iniziò ad essere imbrattato da violenze e sopraffazioni salì in cielo e riparò nella costellazione della Vergine.

Il riferimento all’età dell’oro parla di una “stirpe aurea” che viveva senza alcun affanno, ignara del dolore, dello sforzo, della malattia, della vecchiaia; viveva un’esistenza che scorreva nell’abbondanza e nel benessere e che terminava con una morte del tutto simile ad un sereno sonno. Da questi rapidi accenni è facile dedurre l’appartenenza di Dike alla Grande Madre e a quel primo e lungo periodo della nostra storia, antecedente alla nascita della coscienza, al furto della scintilla da parte di Prometeo o alla mela colta dall’albero della conoscenza, quando l’uomo viveva nel grembo della Madre Terra.

Questo lontano passato si ritrova nell’iconografia del Segno, perché una fanciulla alata, che nella mano destra regge una spiga di grano, dà molte spiegazioni sulla sua origine: con la femminilità rimanda alla Grande Madre, quindi alla porzione più antica della nostra storia e con la spiga si collega a quella che comunemente viene definita la “rivoluzione del neolitico”, quindi ad un’epoca relativamente vicina se paragonata alla precedente.

Per millenni la terra fu tutto per l’uomo, perché lo faceva nascere, lo ospitava, lo nutriva e alla sua morte lo accoglieva dentro di sé, per poi restituirlo a nuova vita, esattamente come accadeva alla vegetazione. L’identificazione fra la terra e la donna era stata inevitabile, perché ad entrambe spettava la prosecuzione della vita e, quindi, le raffigurazioni che ci sono arrivate hanno tutte sembianze femminili e, in più, fino a quando non fu individuato il contributo dell’uomo alla riproduzione della specie, terra e donna in assoluta autonomia creavano e conservavano la vita: entrambe erano partenogeniche e questo è, infatti, l’originario significato del termine “vergine”. Circa 11.000 anni fa - la rivoluzione del neolitico - l’uomo scoprì la possibilità di lavorare la terra. Con l’agricoltura non fu più la terra a creare le possibilità della vita, perché l’uomo con il suo lavoro e la sua partecipazione alla procreazione fu il garante del futuro; alla terra rimase il compito di fornire la “materia prima”, le rimase, ossia, solo il potenziale connesso alla nutrizione. Il collegamento agricoltura e costellazione avvenne molto dopo, probabilmente fra il 6540 e il 4380, quando il solstizio coincise con la levata iliaca della costellazione in concomitanza del raccolto di orzo, leguminose e soprattutto del grano. Solo a quest’ultimo, però, spettò l’onore di salire in cielo e insieme alla Grande Madre dare nome ad una costellazione e diventare in seguito un Segno dello Zodiaco. In genere alla Vergine sono associate due Grandi Madri, Dike e Demetra, collegabili a due aspetti salienti del Segno e sintetizzabili nell’equilibrio e nella semplicità di cui è garante Dike e nella terra che dona il suo nutrimento, sotto l’egida di Demetra.

In effetti, in questo Segno, ci sono tracce di antico e di nuovo; è vero, infatti, che l’uomo con la lavorazione della terra passa dall’essere ricettivo a diventare protagonista, però è anche vero che il suo legame con la terra risente ancora di un passato lungo e significativo e i due miti ne sono un chiaro segnale. È un passato che non si è mai estinto, perché la Vergine è stata cristianizzata e due importanti feste dedicate alla Madonna - l’8 settembre, giorno della natività, e il 12 dello stesso mese, quando si festeggia il Santissimo Nome di Maria - cadono esattamente sotto il suo Segno e non pochi, inoltre, sono i simboli riferiti alla Madonna e attinti dal mondo antico. La Madonna, come le antiche Grandi Madri, è partenogenica e, inoltre, è stata tanto spesso raffigurata con in braccio il Bambino, così come Iside con Horus, Atena con l’ulivo, lIshtar con la stella, Era e Persefone con la melagrana, Demetra con la spiga di grano… È questa La Madonna del Granato, venerata a Capaccio Vecchio, in provincia di Salerno. Ha in braccio il Bambin Gesù e regge nella mano destra una melagrana, impugnata quasi come uno scettro. La melagrana, frutto sacro a Dioniso e punto centrale del mito di Demetra e Persefone, è un antico simbolo connesso alla fecondità e alla morte.





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